Roma: la cappella Herrera di Annibale Carracci rivive a Palazzo Barberini
Un pezzo di Roma andato perduto è riportato in vita dalla mostra che ripercorre la storia della cappella Herrera. Protagonisti assoluti? Gli affreschi di Annibale Carracci. A narrare questa vicenda in prima persona è Mariasole Garacci
Ricordo un pomeriggio di novembre a Roma, molti anni fa, in cui, percorrendo Corso Rinascimento da Sant’Andrea della Valle, mi imbattei in una turbolenta manifestazione davanti alla sede del Senato a Palazzo Madama. Lancio di uova, scontri tra studenti e polizia, la strada per un momento invasa da una concitata folla in movimento, un megafono gracchiante, la sirena di un’auto blu, clacson. Per non trovarmi intrappolata in quel marasma, mi infilai nella prima porta che si apriva alla mia sinistra, sulla facciata di un vecchio edificio dalle linee semplicissime e quasi anonime. Silenzio, pace, penombra. Era la chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore, con il suo interno chiaro, sobrio, gelido. Percorrendola diagonalmente da un capo all’altro, attraverso tre navate di eguale altezza sostenute da volte a crociera, vidi aprirsi, come la coda di un pavone bianco, dietro l’altare maggiore, una elegante volta cassettonata (o era solo un’illusione?) e, a sinistra, addentrarsi nella penombra una bellissima cappella cinquecentesca con soffitto a cassettoni ottagonali e pareti ripartite da lesene scanalate e rigogliosi capitelli. Raggiunta così l’uscita della chiesa sul lato opposto a quello da dove ero entrata, con mia commossa meraviglia si spalancò davanti a me in un solo colpo d’occhio, magnifico, gigantesco, barocco, l’invaso longitudinale di Piazza Navona.
Questa è Roma. La compresenza di velocità e visioni diverse, sorprendenti, inaspettate.
LA STORIA DELLA CAPPELLA HERRERA
E quello che ho ricordato è quanto resta di una chiesa quattrocentesca già dedicata a San Giacomo degli Spagnoli, progettata forse da Bernardo Rossellino, ampliata da Alessandro VI Borgia e risistemata da Antonio da Sangallo il Giovane per diventare, con Santa Maria in Monserrato, una delle chiese della nazione iberica a Roma. Nei primi anni del Seicento, il grande Annibale Carracci ricevette la commissione per l’intero ciclo qui dedicato al santo francescano Diego di Alcalá nella cappella Herrera, ed eseguì alcuni degli affreschi finché una grave e misteriosa malattia (che lo condusse alla morte nel 1609) lo costrinse ad affidarne il completamento a Francesco Albani e a un piccolo gruppo di altri suoi celebri collaboratori, tra i quali Domenichino, Giovanni Lanfranco e Sisto Badalocchio. Annibale, con il probabile intervento degli aiuti, riuscì a dipingere anche la pala d’altare, ora in una cappella della Chiesa di Santa Maria in Monserrato.
Nel Settecento, l’edificio su Piazza Navona iniziò a versare in condizioni di degrado sempre più desolanti, fino all’occupazione e al saccheggio da parte delle truppe napoleoniche entrate in città nel febbraio del 1798. Tra alterne vicende, nel 1819 fu disposto il trasferimento altrove dei monumenti e dei materiali degni di essere salvati, mentre la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli venne chiusa e trasformata in un deposito di legna, per essere riaperta da una congregazione di suore francesi nel 1879. Gli affreschi della cappella Herrera vennero staccati usando una tecnica innovativa, e si trovano oggi divisi tra il Museo del Prado a Madrid e l’Accademia Reale Catalana di Belle Arti di Sant Jordi di Barcellona (tranne tre frammenti andati perduti chissà dove, forse nel collezionismo privato).
E anche questa è Roma. Un’incredibile stratificazione di epoche che sfida lo spazio/tempo spostandosi, letteralmente, sul magma della città, del mondo e della storia.
LA MOSTRA SU ANNIBALE CARRACCI E LA CAPPELLA HERRERA
La mostra Annibale Carracci. Gli affreschi della cappella Herrera, aperta fino al 5 febbraio 2023 a Palazzo Barberini e curata del vicedirettore del Museo del Prado Andrés Úbeda de los Cobos, oltre che ricostruire le avventurose vicende di un ciclo di affreschi bellissimo e di importante rilievo, racconta anche questa magica caratteristica di Roma, permettendo al visitatore di entrare in uno spazio perduto: nella Sala Marmi del palazzo, infatti, è stata allestita una struttura nelle uguali proporzioni della cappella Herrera, all’interno della quale sono stati inseriti gli affreschi secondo la sequenza originaria del ciclo.
Il catalogo è curato da Andrés Úbeda de los Cobos e contiene saggi di Daniele Benati (docente di storia dell’arte moderna all’Università di Bologna) di Patrizia Cavazzini (Research Fellow alla British School at Rome e Advisor all’American Academy), di Ignacio Fernández (conservatore-restauratore incaricato per l’intervento sugli affreschi della cappella Herrera della collezione del Museo del Prado), di Paz Marquès (restauratrice-conservatrice specialista in pittura murale del Dipartimento di Restauro e conservazione preventiva del Museu Nacional d’Art de Catalunya), di Mireia Mestre (responsabile del Dipartimento di Restauro e conservazione preventiva del Museu Nacional d’Art de Catalunya), di Ilaria Miarelli Mariani (professoressa di museologia all’Università degli Studi Gabriele d’Annunzio di Chieti), di Maria Cristina Terzaghi (professoressa di storia dell’arte moderna all’Università Roma Tre) e di Aidan Weston-Lewis (chief curator alle National Galleries of Scotland).
Mariasole Garacci
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