Depero, mito presente. La mostra al Museo Riso di Palermo
Ultimi giorni per visitare la mostra su Fortunato Depero allestita al Museo d’arte contemporanea della Regione siciliana. Un progetto realizzato insieme al Mart di Rovereto, che celebra l’arte eclettica e rivoluzionaria di un genio del Novecento
“Il FUTURISMO è un grande movimento antifilosofico e anticulturale d’arte intuiti istinti pugni calci e schiaffi svecchiatori, creato il 20 febbraio 1909 da un gruppo di poeti e artisti italiani geniali. Fra le tante definizioni io prediligo quella data dai teosofi: ‘I futuristi sono i mistici dell’azione’ (…). Armati di coraggio temerario e innamorati d’ogni pericolo, essi arricchirono l’arte e la sensibilità artistica col succo e colle vibrazioni di una vita impavidamente OSATA – VISSUTA – GODUTA. CREARE VIVENDO”.
Stampate a piena pagina e incorniciate da una grafica rigorosa e iper moderna, queste righe di Marinetti, scintille di passione intellettuale, anarchia letteraria ed esaltazione antidogmatica, sono inserite da Fortunato Depero (Fondo, 1892‒ Rovereto, 1960) nell’ouverture del suo celebre Depero Futurista, comunemente noto come “libro imbullonato”, per via dei due grossi bulloni d’acciaio con cui il volume è stato rilegato: tra i primi libri d’artista, vero e proprio oggetto da sfogliare, intriso di spirito avanguardista, venne pubblicato da Depero nel 1927 per documentare il suo lavoro, riassumere il senso di quella straordinaria cornice storica che fu il movimento futurista e per promuovere il proprio “marchio” autoriale anche a New York, dove si sarebbe trasferito nel 1928.
Una delle 1000 copie di questo capolavoro dell’editoria, della grafica e dell’arte del Novecento è custodita dalla Biblioteca centrale della Regione siciliana, nel fondo storico-artistico del Barone Sgadari di Lo Monaco, affettuosamente detto “Bebbuzzo”: a inviarlo al nobile intellettuale palermitano, influente critico musicale e animatore di uno tra i più eccellenti salotti culturali dell’epoca, era stato lo stesso Depero, dietro iniziativa del futurista Pippo Rizzo, che in una missiva, complimentandosi per la pubblicazione, gli chiedeva di spedirlo in contrassegno per la cifra di 100 lire.
Non poteva, il prezioso cimelio, non essere incluso tra le decine di dipinti, documenti, grafiche e sculture, che la mostra Depero Mito Presente ha accolto tra le sale del Museo Riso di Palermo, recentemente passato sotto la direzione di Maddalena De Luca, dirigente regionale e storica dell’arte. Un corpus di 70 opere, selezionato dalle collezioni del Mart, main partner del progetto.
LA MOSTRA SU DEPERO A PALERMO
E proprio tra quelle 234 pagine, frutto di un raffinato sperimentalismo, così come tra le parole di quel breve testo marinettiano, si scorgono l’essenza e le radici della ricerca di Depero, l’unicità del personaggio, l’energia irriverente ed eclettica del suo personalissimo approccio al lavoro. Creare vivendo, per l’appunto. Osando, godendo, superando gli schemi, tra ironia e provocazione, sovvertendo le norme e celebrando il culto laico dell’azione, contro la conservazione ottusa del presente e la molle contemplazione del passato che insidiavano, con la loro retorica ammuffita, l’ardimentosa sfida del futuro. La seconda ondata del Futurismo, di cui egli fu esponente di punta, attualizzò ed espanse questo slancio originario, superando il linguaggio pittorico e scultoreo in favore di un’acrobatica immersione nella nuova industria del consumo, della comunicazione, della moda, della pubblicità, accanto alle innovazioni costanti nel campo della musica, della danza, del teatro.
Costruita con una buona sintesi e una valida selezione di lavori, valorizzata da un elegante allestimento, articolata fra due sale principali e una piccola sezione sui rapporti tra Depero e il Sud Italia (con le esperienze in Sicilia e in Calabria), la mostra è parte di un ampio progetto espositivo condotto dal Mart, con la cura di Nicoletta Boschiero, responsabile della Casa d’Arte Futurista Depero, unico e audace progetto museale fondato (nel 1957) da un futurista, restaurata nel 2009 e oggi seconda sede del museo roveretano. Al Comune di Rovereto l’artista aveva lasciato in dono anche il proprio archivio personale, comprensivo di circa 3000 oggetti: l’enorme patrimonio, nel tempo, ha ricevuto cura e risorse adeguate, in senso conservativo e ampliativo, grazie all’acquisizione di decine di opere e di nuovi archivi, ai restauri e alle ricostruzioni di costumi, mobili, oggetti, scenografie.
Un impegno che tra il 2021 e il 2022 ha trovato un avvincente palcoscenico nell’esposizione Depero new Depero, al Mart, e nelle due mostre collaterali: Depero Automatico Acrobatico, al Palazzo della Ragione di Mantova, e poi quella organizzata dal Riso di Palermo. Una mostra ben fatta, figlia di una collaborazione prestigiosa, che lascia sperare in una stagione migliore per il museo regionale d’arte contemporanea della Sicilia, negli ultimi dieci anni – dopo un felice avvio orientato a progettualità di livello internazionale – sacrificato da una gestione confusa, approssimativa, tra povertà di contenuti, qualità discontinua e assenza di visione.
DEPERO A NEW YORK FRA TEATRO E PUBBLICITÀ
Manifesti pubblicitari, maquette e copertine progettate per importanti magazine (Vanity Fair, Vogue, Sparks…) sono al centro della sezione dedicata all’esperienza newyorchese, in cui entusiasmo, alienazione, percezione dell’effimero e infinita seduzione si mischiavano nello sguardo e nella sensibilità di un Depero capace di fondere con la medesima genialità arti visive, arti applicate e arti sceniche, nel segno di una costruzione estetica totalizzante e ambiziosa.
Qui, tra le molte imprese portate a termine, tenne una personale alla Guarino Gallery, realizzò arredi e murales per prestigiosi ristoranti (Zucca ed Enrico & Paglieri), e studiò scene e costumi per balletti e spettacoli del Roxy Theatre, tra cui The New Babel, del quale è presente in mostra un bellissimo bozzetto a tempera su cartoncino, accostato al gemello Grattacieli e Tunnel: due mirabili rappresentazioni di corpi e orizzonti metropolitani, fra intrecci metallici, grovigli di ponti e di strade, incastri di corpi di cemento, nella notte dei cunicoli sotterranei e nell’alba di soli rotanti, simili a congegni meccanici o allucinazioni astratte. Come un gigantesco luna park, una rutilante macchina dello spettacolo o un immenso carosello pubblicitario, New York ‒ con le sue luci, i grattacieli, gli oscuri labirinti della subway, le vetrine sfavillanti, il lifestyle accelerato, i cantieri, i rumori e i materiali industriali di un’urbanità esplosiva ‒ fu per Depero un’occasione di produttività massiccia e di continua stimolazione sensoriale. Un viaggio creativo raccontato con maestria nei suoi scritti e qui esemplificato da alcuni tra i moltissimi lavori realizzati nel corso di quei due anni, affinando e imponendo il suo stile di matrice futurista, fatto di cromie accese, di geometrismi severi, di uomini-burattini e di tratti grafici tanto rigidi quanto sghembi, dinamici, fusi con uno studio tipografico innovativo, così determinante per l’architettura dell’immagine.
DIAVOLI E MARIONETTE SECONDO DEPERO
Dominano il grande salone affrescato del museo i focus sui Balli plastici, primo tentativo per Depero di sostituire l’azione tradizionale dell’attore con quella di marionette animate, e sul Cabaret del diavolo, ideato per l’Hotel Élite et des étrangers, a Roma. I primi, con debutto nel 1918 al Teatro dei Piccoli di Podrecca, nelle ex scuderie del romano Palazzo Odescalchi, si suddividevano in cinque azioni mimico-musicali (Pagliacci, L’uomo dei baffi, I Selvaggi, L’orso azzurro, Ombre): esplosive illustrazioni di stampo infantile, esaltate da colori piatti e forme lineari, affidate a piccoli simulacri semoventi, queste rappresentazioni fondevano utopie meccaniche e teorie sul teatro magico, con una fascinazione forte per il tema del doppio, dell’artificiale, del fantastico, del perturbante, in una chiave ludica e onirica. Sogni tridimensionali, giocattoli postumani, luoghi immaginari ritagliati come collage policromi in legno. Esposta qui una bella ricostruzione del 1980, in forma di teatrino con marionette in scena.
Il Cabaret del diavolo, inaugurato nel 1922 da Marinetti, fu un progetto commissionato a Depero da Gino Gori, proprietario dei sotterranei dell’Hotel di via Basilicata. Con l’aiuto di una squadra di valenti artigiani, Depero disegnò e realizzò decori, arredi e tarsie in panno, portando avanti i suoi studi sugli allestimenti e sulla metamorfosi di spazi abitabili, in cui veniva meno la linea di separazione tra ornamento e racconto, tra corpi e rappresentazioni, tra azione drammaturgica e vita reale. Un nucleo di ricostruzioni, realizzate tra il 1992 e il 1993 dall’Istituto statale d’Arte Policarpo Petrocchi di Pistoia, e acquisite successivamente dal Mart, comprende sette sedie colorate, una panca e uno sgabello. Oggetti allestiti oggi al Museo Riso, insieme a diversi bozzetti, dipinti, grafiche, e allo splendido arazzo del 1922 dal titolo Diavoletti neri e bianchi. Danza di diavoli, la cui potenza pittorica, con gesto sapiente e intelligenza visionaria, si fa pratica artigianale, poesia oggettuale, teatro bidimensionale.
Esplosivo Depero, mito presente e riferimento contemporaneo, a un secolo da quella stagione di ricerca libera e coraggiosa, che parla ancora oggi una lingua coniugata al futuro.
Helga Marsala
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