Giovanni Fattori a Palazzo Fava. A Bologna è macchiaioli-mania

Giovanni Fattori è l’esponente più noto del gruppo dei macchiaioli e il Palazzo Fava di Bologna gli dedica una mostra che riserva sorprese grandi e piccole

La scintilla è scoccata in occasione del recente ritrovamento della grandiosa tela di proprietà della Corte Costituzionale custodita nel Palazzo della Consulta, precedentemente nota solo grazie a una descrizione ottocentesca, racconta Elisabetta Matteucci, una delle curatrici della mostra dedicata a Giovanni Fattori (Livorno, 1825 – Firenze, 1908). L’eccezionale prestito del dipinto intitolato L’appello dopo la battaglia del 1866. L’accampamento (1877), che si può ammirare nelle fastose sale di Palazzo Fava a Bologna, ha quindi convinto gli organizzatori ad agglutinare attorno a esso una selezione di opere provenienti da numerose collezioni private, molte delle quali raramente viste dal pubblico.

Giovanni Fattori, L'appello dopo la battaglia del 1866, 1877 ca., Roma, Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta

Giovanni Fattori, L’appello dopo la battaglia del 1866, 1877 ca., Roma, Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta

LA MOSTRA SU FATTORI A BOLOGNA

Presentando il progetto, Matteucci sottolinea i punti di tangenza fra l’esponente dei macchiaioli e Bologna, che in verità all’epoca rimase piuttosto refrattaria alle innovazioni dei toscani: è del 1871 la partecipazione di Fattori a una rassegna locale che non ebbe esiti positivi, mentre durante l’Esposizione Nazionale di Belle Arti tenutasi nella stessa città nel 1888 l’artista riuscì a ottenere un significativo successo, ricevendo un premio per le sue acqueforti; poco dopo fu insignito del titolo di Accademico d’Onore dell’Accademia bolognese. “Giustificato” l’odierno ritorno di Fattori a Bologna, serviva anche un titolo d’effetto: “l’umanità tradotta in pittura vorrebbe essere il fil rouge dell’esposizione, ma il filo sembra sottile e fragile. La sezione più esplicita in tal senso è quella che riunisce i ritratti e che tuttavia comprende opere di qualità non sempre convincente, come ad esempio il Ritratto di Emma Peruccetti del 1868. Non ne risulta certo sminuita la portata dell’artista e dei suoi i dipinti aventi per protagonisti da un lato le grandi battaglie risorgimentali, con le relative truppe che vi presero parte, e dall’altro lato la natura, intesa come paesaggio e come rapporto dell’uomo con l’ambiente e con gli animali.

Veduta della mostra Fattori. L’umanità tradotta in pittura, Bologna, 2023

Veduta della mostra Fattori. L’umanità tradotta in pittura, Bologna, 2023

LE OPERE DI FATTORI A PALAZZO FAVA

Ecco allora che nel percorso di Palazzo Fava brillano delle autentiche punte di diamante, oltre al grande dipinto già citato della Consulta. Piccole e preziose, appunto come diamanti, sono le opere dipinte su tavolette prese dalle scatole di sigari: Soldati francesi del ’59 o Accampamento di bersaglieri sono ad esempio le prime prove “a macchie” del pittore, che si era appena emancipato dallo stile accademico grazie all’incoraggiamento del romano Nino Costa. E poi i paesaggi “grandangolari”, sempre in piccolo formato, dipinti a Castiglioncello durante un soggiorno che rappresentò anche un momento di elaborazione del lutto per la perdita della moglie. Questi oli, caratterizzati da campiture assai sintetiche e da azzurri intensi che contrastano con le cromie terrose, sembrano già insinuarsi nel primo Novecento. Altrettanto significativi i dipinti in cui la ricerca sulla luce si fa esatta e domina gli scenari naturali dove fanno la loro comparsa figurine umane quasi sempre ritratte di spalle. A congedare i visitatori, le grandi ‒ e probabilmente amate ‒ bestie maremmane: cavalli e buoi, silenziosi e mansueti collaboratori di contadini e butteri, paiono proprio “creature mitiche, potenti e pacifiche”, come recita il titolo dell’ultima sezione di una mostra che riesce a restituire il profilo di Fattori a 360 gradi.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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