La pittura lombarda dell’Ottocento in mostra a Novara

Da romantica a scapigliata, passando per storica, popolare, atmosferica: la pittura lombarda dell’Ottocento “sfila” nelle sue veloci mutazioni in una mostra che prende Milano come soggetto e spunto. E che va in scena al Castello di Novara

Due fili corrono paralleli (e si intrecciano) nel percorso della bella mostra Milano. Da Romantica a Scapigliata, al Castello di Novara. All’interesse in sé delle opere e alla scoperta delle varie rappresentazioni di Milano nella pittura lombarda dell’Ottocento si accompagna un excursus attraverso i cambiamenti nello spirito del tempo lungo il Diciannovesimo secolo.
Il fascino ‒ riscoperto e rivalutato ‒ della pittura ottocentesca risiede in effetti nel veloce susseguirsi di mutamenti storico-culturali-filosofici di un secolo proiettato verso un cambio di paradigma, che in arte porterà alla nascita del contemporaneo e delle avanguardie.

Gerolamo Induno, La fidanzata del garibaldino, 1871, olio su tela, 65 x 85 cm, Collezione privata

Gerolamo Induno, La fidanzata del garibaldino, 1871, olio su tela, 65 x 85 cm, Collezione privata

LA MOSTRA SULL’OTTOCENTO LOMBARDO

Si inizia con un Hayez del 1853, l’Imelda de Lambertazzi (tema ricorrente anche in precedenza nell’autore veneziano), che subito fa concretamente percepire l’affermazione della mentalità romantica e la sostituzione dei soggetti tradizionali da parte di una vera e propria pittura di storia.
Ci si abbandona poi al piacere estetico nella sala che raccoglie una rassegna di vedute milanesi, di autori come Migliara e Canella, che immergono l’ideale romantico nella concretezza della fisionomia della città. E lo stesso accade nella sezione successiva, dove prevale il ritratto e si compone un campionario dei migliori esponenti della pittura lombarda dell’epoca – torna Francesco Hayez affiancato da nomi come Arienti e Molteni, quest’ultimo colto nel passaggio decisivo alla pittura di genere e al soggetto popolare (in seguito proletario) con la sua Mendicante.

Angelo Inganni, Veduta di Piazza del Duomo con il Coperto dei Figini, 1839, olio su tela, 176 x 138 cm, Collezione privata

Angelo Inganni, Veduta di Piazza del Duomo con il Coperto dei Figini, 1839, olio su tela, 176 x 138 cm, Collezione privata

LA PITTURA LOMBARDA AL CASTELLO DI NOVARA

È quella che meno parla all’occhio odierno, ma che è significativa come snodo e come documento, la sala sulle Cinque Giornate, dove la pittura di storia si fa testimonianza diretta e impegno, mentre nella sezione successiva si passa alla fioritura della pittura di genere già anticipata in precedenza, parte fondante e niente affatto minore dell’estetica ottocentesca – da ricordare, in questa sezione, gli spaccati pittoreschi ma allo stesso tempo paradossalmente “veristi” dei fratelli Induno.
Inizia qui la rincorsa al rinnovamento estetico definitivo, con nuove interazioni tra disegno e colore: Morelli, Faruffini, Carcano rimescolano le carte e i canoni e cercano immediatezza ed esattezza nella restituzione del mondo, se non ancora della realtà in senso pieno.
Una rincorsa che sfocia nell’ultima maestosa sala della mostra, dove esplode l’irriverenza degli Scapigliati. Cremona, Ranzoni, Grandi, Conconi si concedono una pittura atmosferica che continua a sorprendere anche l’occhio contemporaneo ed è uno dei più convincenti prodromi alle rivoluzioni definitive che scaturiranno a fine secolo.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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