Gli Uffizi si assicurano un’opera di Francesco Hayez del 1828. Viaggerà per tutta la Toscana

Il viaggio del dipinto di Hayez che raffigura un discusso protagonista dei moti risorgimentali, anche grande collezionista, si concluderà a Palazzo Pitti

Il 2023 comincia per gli Uffizi di Firenze con una nuova, importante acquisizione. È in mostra, a partire dal 1 gennaio, il Ritratto del Colonnello Arese Lucini in carcere, dipinto di Francesco Hayez che ritrae il conte e militare napoleonico, poi coinvolto nei moti risorgimentali Francesco Teodoro Arese Lucini. Dopo la prima tappa nel museo fiorentino, l’opera viaggerà per tutta la Toscana dove sarà esposta in molti comuni della regione, fino ad approvare alla sua sede definitiva: la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti.

IL RITRATTO DEL COLONNELLO ARESE LUCINI IN CARCERE

Data 1828, l’opera fu commissionata dallo stesso conte, dopo i tre anni di carcere nella fortezza dello Spielberg (lo stesso che ispirò Le mie prigioni di Silvio Pellico, per aver partecipato ai moti di Milano nel 1821. La storia dell’opera ha il sapore della mossa politica e non a caso fu scelto il massimo esponente della pittura risorgimentale, Francesco Hayez per realizzarlo. Condonato dalla pena di morte, per aver rivelato in sede processuale i segreti della congiura antiaustriaca di Fedele Confalonieri, Arese Lucini cercava attraverso la committenza della tela di riscattare la propria identità attraverso la propria immagine di sofferenza e patriottismo. Non a caso, con un gesto pittorico rivoluzionario, Hayez ritraeva l’uomo in panni nobiliari, ma con le catene ai piedi, con una scelta artistica inedita fino ad ora.

Ritratto del Conte Arese in carcere, Francesco Hayez

Ritratto del Conte Arese in carcere, Francesco Hayez

ARESE LUCINI, IL COLLEZIONISTA

Il conte Arese Lucini era conosciuto per essere un grande mecenate a Milano. Non è un caso dunque che abbia affidato ad Hayez la consegna delle proprie volontà politiche. “E che il suo impegno di mecenate, seguito ad una definitiva messa da parte dopo una lunga e limpida militanza nel napoleonico regno d’Italia, fu prima bruscamente interrotto, tra la fine del 1821 ed il 1827, il periodo del processo e dello Spielberg, per poi riprendere con intensità nel 1828, l’anno del ritratto hayeziano e della commissione a Palagi del nuovo palazzo, terminato nel 1832, dove però la sua importante collezione d’arte moderna non potè essere esposta all’ammirazione dei contemporanei che nello spazio breve di tre soli anni. Nel 1835 infatti, alla morte dell’Arese, già minato dal duro periodo di prigionia, la dimora, con tutti gli arredi e le suppellettili, esclusa la prestigiosa raccolta di quadri, stampe e libri affidata alla generosa tutela degli eredi, venne messa, come prescritto nel testamento, al pubblico incanto. La splendida parabola del collezionismo si potrebbe dunque porre, come in un prosaico epitaffio, tra due cifre: quella realizzata nel 1810 quando l’antica e prestigiosa quadreria di famiglia fu venduta, tramite Bossi, ad Eugenio de Beauharnais per lire italiane 61.401,48  e la stima di lire 322.918,28 con cui, nel 1835, venne valutato il palazzo e la ricostituita raccolta di Francesco Teodorocome ricorda Franco Mazzocca nella pubblicazione Arte Lombarda (1987).

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Redazione

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