Sette Case d’Arte futuriste da scoprire in Italia. La guida
Dimore, sì, ma anche luoghi di produzione, le Case d’Arte futuriste esprimevano al meglio le caratteristiche di un movimento complesso. Da Rovereto a Roma a Palermo, ecco quali sono e chi le ideò
L’11 marzo 1915 gli “astrattisti futuristi” Balla e Depero firmano La ricostruzione futurista dell’universo, il manifesto che sancisce la piena attuazione del fare di ogni campo della vita un’opera d’arte. Il concetto stesso di avanguardia si estende, andando oltre la cornice dell’opera d’arte tradizionale. La “ricostruzione” abbraccia e ingloba tutto, ed è logico quindi che lo stesso abitare degli artisti debba essere futuristicamente reinterpretato.
“Non riesco a comprendere come persone del cosiddetto mondo intellettuale possano ancora vivere in appartamenti arredati nell’antigienico stile rococò o tra le antipatiche dorature di stili Louis […] è l’ambiente che plasma l’uomo”, sentenziava Balla nel 1920.
Le cosiddette Case d’Arte Futuriste, oltre che dimora dell’artista e della sua famiglia, sono scoppiettanti laboratori, vivaci atelier, frequentati da giovani personalità artistiche, instancabili e aperte alle novità. È qui che avviene la tanto agognata fusione arte-vita. Vi portiamo alla scoperta di alcune di queste abitazioni rivoluzionarie.
Giovanna Batolo
CASA D’ARTE BRAGAGLIA
In ordine cronologico è la Casa d’Arte Bragaglia in via Condotti a Roma la prima a essere inaugurata, il 4 ottobre 1918, da Anton Giulio Bragaglia con una mostra dedicata a Giacomo Balla. La Casa d’Arte Bragaglia si distinse per le sue iniziative culturali, in particolare con il lavoro sperimentale del Teatro degli indipendenti, ospitato nei sotterranei, che mette in scena una serie importantissima di spettacoli fra cui La veglia dei lestofanti, ossia L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht.
Per quanto riguarda la presenza di oggetti, invece, si limitò agli arredi interni dei locali, disegnati da Giuseppina Bragaglia in stile futurista.
CASA D’ARTE BALLA
Ovviamente anche Giacomo Balla si dedicò alla progettazione e alla realizzazione d’arredi nel suo studio-abitazione, situato in via Porpora prima, poi, dal 1929, in via Oslavia a Roma. L’abitazione può essere considerata essa stessa un’opera d’arte totale, quasi il manifesto della nuova svolta decorativa del Futurismo, tanto che Roma futurista pubblica l’invito Visitate la casa futurista di Balla ogni domenica dalle 15 alle 19. Era Balla in persona a ricevere gli ospiti, agghindato con l’eccentrico vestiario futurista, facendoli accomodare nelle sale dai forti colori contenenti mobili e suppellettili da lui stesso creati.
Il poeta parolibero Francesco Cangiullo ricorderà nel suo volume Le serate futuriste: “La casa di Balla tutta iridescente e scintillante di colori, dai vetri fracassati dal sole da tutte le parti […] Il suo studio ingombro di quadri geniali di costruzioni dinamiche, di svariate architetture diaboliche, fantastico di ogni magia. […] Tutto un campionario di colori fantastici in quella casa”. Sicuramente Balla, nonostante si destreggiasse in diversi campi, prediligeva la moda e il mobilio come mezzo per la sua personale ‘Ricostruzione dell’universo’.
CASA D’ARTE FUTURISTA DEPERO
La Casa d’Arte di Fortunato Depero, organizzatasi stabilmente a Rovereto nel 1919, tra tutte quelle sorte nell’Italia futurista, fu senza dubbio la più incline a una produzione di tipo seriale. Elemento importante per il successo della sua officina fu l’abilità promozionale dell’artista, che si impegnò personalmente nella diffusione di dépliant, cartoline, inserzioni a stampa, etc., riuscendo a ottenere una certa mole di ordinazioni e acquisti.
L’artista, infatti, voleva sopperire al vuoto e al ritardo della produzione italiana dell’epoca nel campo dell’artigianato artistico e trasformare la Casa d’Arte nel luogo privilegiato per la promozione individuale dell’artista in parallelo a quanto affermato nel manifesto del 1915, che metteva in guardia dal possibile isolamento dell’artista nel suo atelier.
Il 29 gennaio del 1921, al Palazzo Cova di Milano, viene inaugurata una mostra dedicata a Depero e alla sua Casa d’Arte; l’artista stesso, occupandosi dell’introduzione al catalogo, afferma: “Scopo di questa mia industria d’arte […] è di iniziare una necessaria e urgente creazione di un ambiente interno corrispondente ad una moda contemporanea, atto a ricevere poi tutta l’arte avanguardistica che oggi è nel suo pieno sviluppo”.
CASA D’ARTE ITALIANA
Ancora a Roma, tra il 1918 e il 1921, è attiva la Casa d’Arte italiana voluta da Enrico Prampolini e dal critico Mario Recchi, un luogo dove divulgare ed esporre l’arte d’avanguardia. L’artista (Prampolini) disegnò personalmente tutto l’arredo della Casa d’Arte, con un occhio alle esperienze futuriste e l’altro a quelle del Costruttivismo. Gran parte del programma era pensato infatti per la vendita e la progettazione di arredi, ma rimase irrealizzato a causa della mancanza di domanda che portò alla chiusura dell’iniziativa.
IL LABORATORIO DI THAYAHT
A Firenze, agli inizi degli Anni Dieci del secolo scorso, è attivo il laboratorio di Thayaht, inventore della ‘tuta a linee rette’, estremamente lineare e funzionale, progettata con un rigore geometrico che ricorda le sperimentazioni costruttiviste quasi coeve. Con il fratello, Ruggero Michahelles, redigerà nel 1932 il Manifesto per la trasformazione dell’abbigliamento.
CASA D’ARTE TATO
A Bologna troviamo la Casa d’Arte Tato detta anche Casa dei futuristi, perché frequentata da artisti di ogni scuola. Anche se Tato sperimentò i diversi ambiti dell’arte applicata, finì col dedicarsi in maniera più costante alla creazione di arazzi e pannelli decorativi di ambienti sia privati che pubblici. Nonostante l’estro dell’artista, che si coglie bene da una fotografia raffigurante un angolo della sua Casa d’Arte, l’attività durò appena un anno, chiudendo i battenti nel 1924.
CASA D’ARTE PIPPO RIZZO ‒ ARTI DECORATIVE FUTURISTE
A Palermo, in particolare, saranno l’intraprendenza e la capacità organizzativa di Pippo Rizzo ad aggiornare l’ambiente isolano mediante l’apertura, nel 1925, della Casa d’Arte Pippo Rizzo ‒ Arti decorative futuriste, in via Vincenzo di Pavia 51. La produzione della Casa d’Arte, nei suoi anni di attività, dal 1925 al 1930, fu molto vasta e variegata; oltre che nei manufatti sopracitati, Pippo Rizzo si distinse nella creazione di ‘salottini futuristi’, camere da letto, vetrine d’esposizione, pannelli decorativi, disegni, locandine pubblicitarie, réclame luminose, nonché nella febbrile fabbricazione di prodotti originali quali ceramiche, lampade, arazzi, ombrellini, copriletto, soprammobili in legno laccato, portasigarette in argento, etc.
Tra gli allievi, oltre a Renato Guttuso, figuravano Lia Pasqualino Noto e altri giovani che Rizzo faceva lavorare all’ingrandimento dei suoi bozzetti o al completamento di parti delle sue opere, nel desiderio di coinvolgerli nell’opera e di infondere loro sicurezza col riconoscimento delle loro qualità. Racconta Guttuso: “Ricordo che la casa era animata da grandi fermenti d’intelligenza ma anche di affettuosa accoglienza. Ricordo tutto, la dolcezza di Maria, [moglie di Rizzo N.d.A.] i colori del tappeto, i mobili futuristi, i tanti disegni e i quadri del Maestro. […] In quella casa si viveva un’atmosfera molto stimolante; vi leggevo riviste rare che altrove non circolavano; ma soprattutto mi sentivo capito. Fu lui a darmi il primo sostegno e l’incoraggiamento più concreto”.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati