La grande mostra su Felice Casorati a Parma
Può la pittura essere musicale? La risposta risuona forte e chiara visitando la mostra su Felice Casorati allestita nella villa del musicologo Luigi Magnani, a Mamiano di Traversetolo. Tante le opere chiave grazie alle quali si può comprendere l’evoluzione dell’artista piemontese
“La passione per la musica nacque in me improvvisa e senza nessuna giustificazione. Mi misi a studiarla con perdizione, esaurendo in pochi anni le poche risorse fisiche di cui il mio gracile organismo disponeva”: al cagionevole sedicenne i medici proibirono lo studio della musica, e durante la convalescenza in campagna il padre di Felice Casorati (Novara, 1883 – Torino, 1963) regalò al giovane una grande scatola di colori. “Il demone della pittura mi prese e non mi lasciò più”, confessò l’artista durante una conferenza tenuta nel 1943 all’Università di Pisa.
La citazione è funzionale a introdurre la mostra monografica dedicata al pittore, che porta come sottotitolo Il concerto della pittura. Sì, perché quella di Casorati può a ben diritto essere definita come una “pittura musicale”, la cui poetica si basa su tre concetti che appartengono allo stesso tempo all’essenza della musica e alla matematica: numerus, mensura, pondus.
Ora una notevole selezione di dipinti dell’artista piemontese è ospitata nelle sale di quella che fu la dimora di un raffinato musicologo, compositore e collezionista che “sapeva cogliere, all’interno delle opere d’arte, occulte melodie e dissonanze tonali, armonie ineffabili e ricercati contrappunti”, scrive il direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca Stefano Roffi. Compresi nel percorso spiccano alcuni dipinti che presentano legami espliciti sul connubio tra pittura e musica che si intende approfondire. Concerto, ad esempio, esposto alla Biennale di Venezia del 1924, “è un rondò, costruito sulla variazione in cinque diverse pose di un’idea principale che è un unico nudo, un’unica modella”, commenta Giorgia Bertolino, curatrice della mostra insieme a Roffi e a Daniela Ferrari. O ancora Beethoven, con lo spartito in bella vista, e ancora l’intenso ritratto dell’amico compositore, pianista e direttore d’orchestra Alfredo Casella.
LA MOSTRA SU CASORATI A MAMIANO DI TRAVERSETOLO
L’antologica traccia inoltre una linea cronologica nel lavoro di Casorati, dai primi esiti e dall’esordio alla Biennale di Venezia nel 1907, fino alle prove come scenografo per la Scala tra la fine degli Anni Quaranta e i primissimi Cinquanta. Se il ritratto della sorella Elvira, con cui nel 1907 esordì alla Biennale di Venezia, è ancora strettamente legato alla ritrattistica ottocentesca – ma allo stesso tempo è incredibilmente nuovo, e basta osservarlo per accorgersene –, la cifra di Casorati comincia già a prendere forma nelle opere successive, per manifestarsi chiaramente nella grande tela Le signorine proveniente da Ca’ Pesaro, a Venezia. Con gli Anni Venti e con l’adesione al “ritorno all’ordine” l’artista creò opere dall’atmosfera sospesa ed enigmatica e condusse una profonda riflessione sul mestiere della pittura, tanto da introdurre nei quadri continui rimandi all’atelier, alle rare sculture, ai gessi classici che gli servivano per lo studio. Efficace, in tal senso, l’accostamento della testa della sorella in terra cruda e la Fanciulla nuda del 1921, dove compare la medesima opera plastica. Sono echi, citazioni che servono a Casorati per mettere in evidenza la forma compositiva.
LA PITTURA DI FELICE CASORATI
Tra i capolavori assoluti in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca c’è anche Silvana Cenni – non un vero ritratto, peraltro, perché il nome è di fantasia, quasi a voler creare un personaggio da “romanzo” –, non a caso da tempo accostato a Piero della Francesca, tanto quanto la presenza dell’uovo come soggetto, che gli consente di confrontarsi con la forma perfetta e fragile, trovando un equilibrio tra la precarietà e la solidità formale. E poi si incontrano conversazioni platoniche, nature morte, nudi di adolescenti magrissimi che riconducono ai temi della malattia e della convalescenza, figure ineffabili e impenetrabili, sempre solenni e silenziose. “Amo e amavo il silenzio, la pausa che preparano e assecondano il ritmo, amo e amavo la musica e detesto e detestavo il rumore”, dichiarò Casorati in un’intervista e silenzio, pausa, ritmo e musica sono perfettamente percepibili in ogni angolo di una mostra da visitare senza far rumore.
Marta Santacatterina
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