I Macchiaioli e la pittura en plein air in mostra a Monza
Alla Villa Reale di Monza una mostra per scoprire le origini e gli sviluppi del movimento ottocentesco dei Macchiaioli. Pittura, fotografia e non soltanto
L’idea di allestire una mostra che racconti la nascita della pittura en plein air, negli ambienti della Villa Reale di Monza, è suggestiva e non casuale: “È significativo che, mentre i Macchiaioli approfondivano la propria indagine, si faceva l’Italia e contestualmente i Savoia prendevano possesso della Villa Reale“, commentano il sindaco Paolo Pilotto e Arianna Bettin, assessore alla cultura. Al visitatore tali connessioni non sono evidenti, così come poco evidente è l’ingresso alla mostra, per chi arriva dall’asse viario che conduce all’ingresso della Villa. Una volta entrati, però, la rassegna offre un’accurata lezione di storia dell’arte: grazie ai pannelli che illustrano sezioni espositive e opere, è possibile comprendere l’importanza del movimento dei Macchiaioli per la nascita della pittura moderna italiana e collocarne l’esperienza artistica nel quadro europeo di metà Ottocento.
IL PAESAGGIO: DALLA SCUOLA DI BARBIZON ALLA RIVOLUZIONE MACCHIAIOLA
Il percorso espositivo inizia dai legami del movimento con la Scuola di Barbizon, un cenacolo che introdusse importanti novità nella pittura di paesaggio, oggetto di studio per i giovani artisti (Corot, Breton, Rousseau) insofferenti alle norme dell’Accademia e terreno di ricerche d’avanguardia, soprattutto in Francia. Grazie agli artisti italiani frequentatori dei circoli d’oltralpe, le sperimentazioni sul tema del paesaggio raggiunsero presto l’Italia e, a Firenze, si diffusero a partire dal Caffè Michelangiolo e dalla Scuola di Staggia. Proseguendo nella visita, si arriva al cuore della rivoluzione macchiaiola: fu nel 1856, con Telemaco Signorini (Firenze, 1835-1901), che nacque la “macchia”. Essa fu, per i pittori del movimento, uno strumento per ritrarre la realtà, per riprodurre gli effetti di luce e i contrasti tonali di un soggetto ritratto dal vero, un mezzo adeguato alla restituzione delle impressioni del vero nel dipinto. È inevitabile chiedersi, a questo punto dell’esposizione, quali furono i legami tra Macchiaioli e fotografia, sempre più diffusa a metà Ottocento tra pittori di macchia e impressionisti. E le risposte arrivano osservando le opere di Lega, Signorini e Giovanni Fattori (Livorno, 1825 ‒Firenze, 1908), esposte e spiegate in mostra.
L’EREDITÀ DEI MACCHIAIOLI
Il percorso si conclude con la sezione dedicata agli eredi della lezione macchiaiola delineando, senza volutamente approfondirlo, il contributo pittorico delle generazioni successive di artisti. Potrebbe essere un’idea per un seguito di una mostra che, riuscendo a ben tessere e chiarire i legami tra lontane esperienze artistiche, vale certamente una visita.
Letizia Pellegatta
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati