Le ballerine di terracotta di Rodin a Milano
Le sale del Museo MUDEC si trasformano in un palcoscenico di teatro. Le luci si abbassano, e la musica classica risuona attorno. A danzare, una serie di statuette plasmate dalla mano di Rodin
Verso la fine del XIX Secolo, lo scultore francese Auguste Rodin (Parigi, 1840 – Meudon, 1917) – considerato l’erede contemporaneo di Michelangelo – scoprì il fascino della danza. Una folgorazione destinata a influenzare buona parte della sua produzione degli ultimi anni. “L’artista deve essere pronto a lasciarsi consumare dal fuoco della propria creazione” – così affermava, forse davanti a una delle sue amate ballerine, divenute sue modelle e muse ispiratrici. Il corpo in movimento, volteggiante nell’aria a ritmo di musica, era una fonte inesauribile, da cogliere e riplasmare in forme di gesso o terracotta. Come un “calco su cui si imprimono le passioni”.
La mostra proposta dal MUDEC di Milano – in collaborazione con il Musée Rodin di Parigi – offre una prospettiva innovativa sul legame tra Rodin e la danza, ampliando l’orizzonte verso il contemporaneo e le performance tradizionali note a inizio Novecento.
Auguste Rodin e la danza
Loïe Fuller, Isadora Duncan, Alda Moreno. E ancora il carismatico russo Nijinsky. Tutte ballerine – e un giovane ballerino – che impressero i loro movimenti nella mente di Rodin, probabilmente seduto tra il pubblico di molti loro spettacoli. Ci sono più testimonianze che ricordano l’artista francese presente ai balletti parigini dell’epoca. Tanto di danza classica, quanto di coreografie più avanguardiste. Un esempio è il Preludio al pomeriggio di un fauno – proposto nel 1912 al Théâtre du Châtelet – che piacque a Rodin, a tal punto da prenderne le difese davanti alle critiche dei conservatori, tra cui l’allora direttore di Le Figaro. Il maestro lo esaltò come fosse un inno alla bellezza, eseguito attraverso i movimenti leggiadri degli interpreti: un’esemplare rappresentazione plastica del corpo umano nello spazio del palco. Tra i ballerini dello spettacolo, il citato Nijinsky; il quale accettò successivamente di posare per lui, divenendo soggetto di una serie di bozzetti. E non fu il solo.
Rodin, ormai anziano, accolse nel suo studio diverse ballerine celebri all’epoca, sviluppando una predilezione per quelle acrobatiche. Le loro contorsioni sinuose – estreme fino all’inumano – erano un idillio per la sua sensibilità scultorea. Le quattordici statuette di terracotta in mostra al MUDEC, ad esempio, sono ispirate ai movimenti della danzatrice-acrobata Alda Moreno, la cui personalità è fusa negli accenni plastici alle sue pose.
Come era vero per tutta la sua produzione più tarda, anche le sculture delle ballerine di Rodin erano piuttosto “radicali” per i suoi contemporanei. Nel loro non-finito miravano a restituire l’idea del fluire della vita nel corpo. Così le commentava: “Per esprimere il movimento in tutto il suo carattere e verità, è importante che questo sia insieme il risultato di movimenti consecutivi che hanno preceduto il momento sul quale ci si concentra”. Sintomo di piena consapevolezza del gesto che imprimeva nella materia.
La mostra di Auguste Rodin al Mudec di Milano
Sviluppata a partire da un corpus di 14 statuette di terracotta raffiguranti ballerine – quasi tutte in prestito dal Musée Rodin – l’esposizione ricostruisce l’incontro tra l’artista e il mondo della danza. La prospettiva curatoriale, però, è ulteriormente estesa. Prende spunto dalla produzione scultorea di Rodin, per analizzare il tema attraverso media e culture differenti. Alle figure di gesso e terracotta autografe, si accostano prima di tutto fotografie: derivazioni creative realizzate negli anni dal Museo parigino, in cui le ballerine in carne e ossa posano in dialogo con analoghe sculture.
In una sezione successiva, si guarda invece all’Oriente. Le performance tradizionali – tra cui quelle giapponesi e cambogiane – non furono estranee a Rodin, che prese certo parte ai popolari spettacoli cittadini dell’epoca. Tanto da esserne ispirato, e da rendere i figuranti suoi soggetti sperimentali. Si veda ad esempio la Maschera di Hanako (1907), in mostra accanto a stampe di scenografie dei balletti etnici, e a manufatti provenienti dai Paesi esotici d’origine dei danzatori.
Le ballerine di terracotta di Auguste Rodin
All’ingresso – proprio nel mezzo della sala in penombra – una teca di vetro si fa palcoscenico di un balletto. Le interpreti sono una serie di terrecotte (Movimenti di danza), che paiono esibirsi in pose acrobatiche in sequenza. Quasi fossero mosse premeditate di una ben precisa successione. La figurante rappresentata è con buona probabilità Alda Moreno: la ballerina-acrobata già menzionata. La sola, snodata a sufficienza, da rendere verosimili alcune delle pose più estreme.
Il Pensatore e l’Età del Bronzo di Auguste Rodin al MUDEC
La mostra milanese è inoltre l’occasione per vedere da vicino due versioni dei celebri capolavori di Rodin. Si tratta dapprima dell’Età del Bronzo: il giovane soldato riprodotto così realisticamente, da provocare all’artista l’accusa di averne fatto “il calco” e non la scultura. In esso si apprezza a pieno l’influenza di Michelangelo, dal cui Prigione trae diretta derivazione.
La seconda grande opera in mostra è un esemplare del Pensatore – un paradigmatico Dante Alighieri colto nel pieno delle riflessioni. L’immagine di quest’uomo meditante, con lo sguardo apparentemente perso nel vuoto, assurge a metafora universale dell’essere umano moderno.
Emma Sedini
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