Chi gestirà la (ex) rete dei musei bolognesi di Genus Bononiae? Intanto Palazzo Pepoli va al Comune
La conferma dell’accordo tra Fondazione Carisbo e amministrazione di Bologna per la concessione di Palazzo Pepoli apre scenari preoccupanti sul destino del Museo della Storia della città. Mentre ancora si attende l’esito dell’avviso che sancisce l’esternalizzazione dell’innovativo circuito museale nato 20 anni fa
“Non può passare in secondo piano la probabile rivoluzione in atto all’interno di Genus Bononiae”, scrivevamo qualche settimana fa, indagando sul futuro del Museo Morandi a Bologna. La ricerca di una sede permanente atta a ospitare la collezione donata al Comune dalla sorella del pittore, Maria Teresa Raimondi – in origine conservata in Palazzo d’Accursio e dal 2012 spostata in via “temporanea” al MamBo – sembrava infatti aver condotto la giunta di Matteo Lepore su Palazzo Pepoli, già sede del Museo della Storia della città, in forza al circuito museale istituito da Fondazione Carisbo, evidentemente giunto al suo epilogo a vent’anni dall’intuizione di Fabio Roversi Monaco (che fino a tre anni fa ha mantenuto la presidenza di Genus Bononiae). Ipotesi oggi confermata dalle dichiarazioni ufficiali del sindaco, oltre che dall’accordo di comodato d’uso ratificato dalla scrittura privata tra Fondazione Carisbo, Genus Bononiae e Comune.
C’è l’accordo per il Museo Morandi a Palazzo Pepoli
Il Museo Morandi inaugurerà a Palazzo Pepoli entro la fine dell’ottobre 2026, sotto la gestione del Comune, che al momento ottiene in concessione lo storico edificio di via Castiglione per dodici mesi “a decorrere dalla presa in carico del complesso museale entro il 15 maggio 2024, salvo eventuale proroga o rinnovo per ulteriori anni 12, ma essendo espressamente escluso un rinnovo in modo tacito alla scadenza“. “Entro maggio ci consegneranno l’edificio vuoto e senza dotazione di personale: non ci sarà un affitto, ma il Comune si farà carico delle utenze”, spiega il primo cittadino, sottolineando come a Palazzo Pepoli confluirà gran parte delle opere di Morandi attualmente ospitate dal Mambo, fatti salvi alcuni lavori che saranno allestiti a Palazzo d’Accursio, in forma di “Studio Morandi”, probabilmente con l’intenzione di arginare le polemiche del Comitato per il ripristino del Museo Morandi a Palazzo d’Accursio. I beni mobili “costituenti l’intero apparato museale” del Museo della Storia della città – dai pannelli multimediali ai reperti archeologici, a dipinti del Guercino, dei Carracci e di Giacomo Balla – invece saranno depositati “in luogo idoneo, concesso a titolo gratuito“, precisa il testo della scrittura privata, che lascia spazio a diversi interrogativi (e polemiche). Si attende, però, la conferma definitiva dalla delibera in votazione il prossimo 8 aprile in Consiglio comunale.
La storia dell’illustrazione dov’era il Museo della Storia della città
I piani di Lepore, però, sono già ben definiti, tant’è che, già nel 2025, il Comune aprirà i 35mila metri quadri di Palazzo Pepoli, gestiti attraverso Bologna Welcome, alla Children’s Book Fair (in procinto di inaugurare l’edizione 2024). Sul lungo periodo, infatti, il progetto di allestimento museale dovrebbe destinare un piano del palazzo alle opere del pittore, dedicando altri ambienti al mondo dell’immaginazione: “Credo che sia giusto mettere in contatto la storia di Giorgio Morandi con la storia dell’illustrazione” sostiene Lepore “E credo che, anche da un punto di vista scientifico, sia la scelta giusta mettere insieme Giorgio Morandi col mondo della creatività e del fermento artistico ed editoriale, il che significa fare di Palazzo Pepoli non solo il museo ma un luogo dove continuare a produrre e fare”. Questa prima parte del “racconto” dovrebbe inaugurare già il prossimo anno, in attesa del trasferimento delle opere del pittore di Grizzana.
La fine di Genus Bononiae. Quale futuro?
Un progetto ambizioso, che però non liquida la falla aperta nel sistema culturale bolognese dalla dismissione di Genus Bononiae. Fondazione Carisbo ha infatti annunciato da qualche mese l’intenzione di esternalizzare le altre quattro sedi del circuito: per Palazzo Fava, San Colombano, Santa Maria della Vita e San Giorgio in Poggiale è stato dunque pubblicato l’avviso per manifestazione d’interesse che dovrà affidarne la gestione, chiuso il 20 marzo scorso. “Nei primi anni Duemila” spiega la nota che introduce l’avviso “la Fondazione Carisbo ha promosso il restauro e la riapertura al pubblico di alcuni edifici storici, attraverso il progetto ‘Genus Bononiae’. A distanza di venti anni circa dall’avvio del progetto, la Fondazione intende avvalersi di un soggetto privato specializzato e verificare l’interesse, da parte degli operatori specializzati, alla gestione e alla valorizzazione dei quattro siti museali e dei servizi complementari, mediante la presentazione di progetti di valorizzazione e di gestione integrata e sinergica“. Per Fondazione Carisbo si tratterebbe di una scelta obbligata (anticipata dalla chiusura della Biblioteca di San Giorgio in Poggiale di via Sauro, nel 2023: gestito da Genus Bononiae, lo spazio custodiva dal 2009 l’ampio patrimonio librario della Fondazione, oltre ad alcune opere d’arte contemporanea), legata a dissesti finanziari: il circuito, che in passato fruttava 12 milioni l’anno, oggi ne fattura 3. Dunque “un’operazione indifferibile”, per utilizzare le parole della presidente della Fondazione, Patrizia Pasini.
Le sedi di Genus Bononiae
Carisbo assicura che nulla cambierà dell’identità del progetto, ma in molti leggono l’operazione come una ritirata che causerà un inevitabile impoverimento della scena culturale bolognese, che tanto poggia su fondazioni e soggetti privati. Di sicuro, se dovesse configurarsi l’assegnazione delle quattro sedi a soggetti diversi, verrebbe meno la regia che finora ha diretto un progetto culturale innovativo perché capace di tenere insieme strutture con vocazioni diverse. Nello specifico, Palazzo Fava è stato adibito in questi anni all’allestimento di mostre (fino al 30 giugno 2024 si visita L’Ottocento), dopo il restauro degli affreschi di Annibale, Agostino e Ludovico Carracci; San Colombano espone gli strumenti musicali della Collezione Tagliavini, ospitando anche una stagione concertistica; la chiesa di Santa Maria della Vita custodisce il gruppo con il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca; San Giorgio in Poggiale, come detto già chiusa al pubblico, potrebbe tornare a essere sede della Biblioteca d’Arte e di Storia della Fondazione. Tra i requisiti degli affidatari, la Fondazione ha richiesto un fatturato di 15 milioni maturato nell’ultimo quinquennio e una comprovata esperienza nella gestione di strutture espositive, e mette a disposizione un budget di 5 milioni di euro da distribuire nell’arco dei quattro anni di gestione. Tra gli interessati figurerebbero Artemisia, Mondo mostre, Skira, Civita mostre e Silvana, la Fondazione manterrebbe, però, il controllo sui contenuti; e i dipendenti di Genus Bononiae, stando al bando, dovrebbero essere assorbiti dai nuovi gestori. Si attende l’esito delle candidature entro il mese di aprile.
Livia Montagnoli
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