Il Museo Morandi di Bologna traslocherà a Palazzo Pepoli? Il risiko dei musei in città
A Bologna, il Museo Morandi ha trovato alloggio temporaneo al MAMbo nel 2012. Da allora si discute sul suo futuro, che potrebbe coincidere con l’acquisizione di Palazzo Pepoli da parte del Comune. Un’operazione legata al riassetto del circuito Genus Bononiae, costretto ad affidare in gestione i suoi spazi
Bologna potrebbe presto (tornare ad) avere un museo dedicato a Giorgio Morandi. Un progetto di cui si parla da tempo, anni, sin da quando, nel 2012, la Collezione Morandi, in origine conservata a Palazzo D’Accursio, fu trasferita al MAMbo a seguito dei danni provocati nell’edificio dal sisma che colpì l’Emilia Romagna. Da allora, il Comune di Bologna – proprietario della Collezione grazie alla donazione di cui ha beneficiato dalla sorella del pittore, Maria Teresa Morandi – ha lavorato per trovare una collocazione alternativa, e definitiva, al Museo Morandi, nonostante il contenzioso (ancora) aperto con il Comitato per il ripristino del Museo Morandi a Palazzo D’Accursio.
La collezione contesa. Il destino del Museo Morandi
Nel 2017, il Comitato presieduto da Elisabetta Brunelli intentò causa civile contro il Comune, responsabile, secondo i querelanti (cui ora si sono uniti anche gli eredi di Maria Teresa Morandi), di aver disatteso la volontà della donatrice, che nel 1991 vincolò il lascito alla realizzazione di un museo in Palazzo D’Accursio. Nel ’93, il museo fu effettivamente inaugurato per esporre un corpus di 120 dipinti di Giorgio Morandi, oltre a due piccole sculture realizzate dall’artista in tenera età, agli arredi del suo studio, alla biblioteca, e alla sua collezione di opere d’arte antica. Ma dopo il trasloco obbligato del 2012 l’ipotesi di un ritorno a Palazzo d’Accursio non è mai stata presa seriamente in considerazione, mentre il processo si trascina da un grado di giudizio all’altro. Nel frattempo, il 2020 è stato l’anno della Palazzina Magnani, villa settecentesca acquistata dal Comune per poco meno di 2 milioni di euro, che “vorremmo diventasse la sede del nuovo museo Morandi”, dichiarava all’epoca il sindaco Matteo Lepore. L’immobile di via Azzo Gardino, circondato da un giardino affacciato sul Parco del Cavaticcio e in disuso da oltre quindici anni, aspetta ancora la ristrutturazione necessaria a ripristinarne la funzionalità. Ed ecco, allora, profilarsi l’ipotesi Palazzo Pepoli, che apre un capitolo ulteriore nell’intricata vicenda, non riguardando più solo il destino della Collezione Morandi – ancora stabilmente allocata nella sede “temporanea” del MAMbo – ma quello del sistema museale che fa capo al circuito Genus Bononiae.
Palazzo Pepoli e il futuro del circuito museale Genus Bononiae
Procedendo con ordine, voci non ufficiali vorrebbero il Comune fortemente interessato all’acquisizione di Palazzo Pepoli, sede del Museo della Città in capo al percorso culturale diffuso Genus Bononiae, nato nel 2003 grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna per valorizzare alcuni palazzi storici e luoghi iconici di Bologna. La prima notizia è che Matteo Lepore non smentisce i rumors, e anzi conferma una trattativa in corso, senza però specificare l’eventuale futura destinazione d’uso dell’edificio (proprio dirimpetto agli uffici comunali), né tantomeno menzionare il Museo Morandi. “L’amministrazione utilizza il museo per sue scelte di investimenti immobiliari di cui non c’è bisogno, soprattutto per una questione economica, perché una sede già c’era”, accusa il Comitato che combatte per il ritorno della collezione a Palazzo Accursio.
D’altro canto, non può passare in secondo piano la probabile rivoluzione in atto all’interno di Genus Bononiae. Fondazione Carisbo punta, infatti, a esternalizzare quattro delle cinque sedi del circuito: per Palazzo Fava, San Colombano, Santa Maria della Vita e San Giorgio in Poggiale è già stato pubblicato l’avviso per manifestazione d’interesse che dovrà affidarne la gestione; i soggetti interessati avranno tempofino al 13 marzo per presentare il loro progetto di valorizzazione. Per Palazzo Pepoli, invece, si profila, come già detto, la strada della convenzione con il Comune, che lo rileverebbe per gestirlo insieme al resto del suo patrimonio museale (dopo il riassetto dovuto alla chiusura dell’Istituzione Bologna Musei nel 2022). Per Fondazione Carisbo, a tre anni dall’uscita di scena del presidente e fondatore di Genus Bononiae Fabio Roversi Monaco, si tratterebbe di una scelta obbligata, legata a dissesti finanziari: il circuito, che in passato fruttava 12 milioni l’anno, oggi ne fattura 3. La Fondazione assicura che nulla cambierà dell’identità del progetto, ma in molti leggono l’operazione come una ritirata che causerà un inevitabile impoverimento della scena culturale bolognese, che tanto poggia su fondazioni e soggetti privati. Tra i requisiti degli affidatari, la Fondazione richiede un fatturato di 15 milioni maturato nell’ultimo quinquennio e una comprovata esperienza nella gestione di strutture espositive, e mette a disposizione un budget di 5 milioni di euro da distribuire nell’arco dei quattro anni di gestione. Tra gli interessati figurerebbero Artemisia, Mondo mostre, Skira, Civita mostre e Silvana. La Fondazione manterrebbe, però, il controllo sui contenuti; e i dipendenti di Genus Bononiae, stando al bando, dovrebbero essere assorbiti dai nuovi gestori.
Livia Montagnoli
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