Toulouse-Lautrec artista imprenditore tra pittura e pubblicità. Grande mostra a Rovigo
L’artista a Palazzo Roverella è in buona compagnia: circondato dai protagonisti della Parigi fin de siecle, si rivela finalmente come un artista a 360 gradi e non solo disegnatore di manifesti
Henri de Toulouse Lautrec fu un formidabile pittore. Per chi ha studiato storia dell’arte questa affermazione è lapalissiana, ma non per tutti è così. In generale, infatti, dell’artista di Albi viene sottolineata la sua abilità nel campo della grafica, grazie alla quale rivoluzionò il sistema illustrativo dei manifesti: introdusse le campiture di colore puro, semplificò le forme – basti confrontare un’affiche di Toulouse con una di un altro cartellonista attivissimo nella Parigi di fine Ottocento come Chéret –, strutturò la composizione su diagonali, ricavandone uno stile moderno e assolutamente originale. Ai manifesti di Lautrec vengono spesso dedicati progetti espositivi che si focalizzano anche sull’altro versante della grafica, cioè la stampa litografica che l’artista praticò estesamente. Ma Henri de Toulouse Lautrec nacque e si formò proprio come pittore, e dipinse per tutta la vita. Con lo scopo di far riscoprire al grande pubblico questa attitudine praticata per via di pennelli, a Palazzo Roverella di Rovigo è in corso una mostra assai interessante e che, tra le circa 200 opere esposte, comprende anche e soprattutto gli esiti pittorici dell’artista di Albi.
Toulouse-Lautrec e Parigi
Ma non è tutto: Toulouse non sarebbe diventato Toulouse senza Parigi, cioè senza il formidabile contesto da cui si generarono tutte le principali avanguardie tra gli anni Settanta dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Grazie a dipinti, incisioni, locandine, pubblicazioni, i visitatori vengono così catapultati nel quartiere di Montmartre, nei cafè concerto, nelle sale dove le ballerine di can can mostravano le gambe alzando le gonne vaporose e trascinavano gli avventori nelle loro danze, ancora nei locali dove si annegavano problemi e preoccupazioni nell’assenzio – e alla “fata verde” è dedicata un’intera, intrigantissima, sezione – e addirittura nei bordelli. Ma attenzione a definire Toulouse-Lautrec solo come “pittore delle prostitute”: non è affatto così, precisa il curatore italiano Francesco Parisi, che a tal proposito invita a confrontare le opere del pittore di Albi con quelle di Felicien Rops. E che quel mondo brillante, vocato al divertimento e alla creatività, abbia fatto la storia è provato dai nomi di quei proverbiali locali, ancora oggi famosissimi: il Moulin Rouge, lo Chat Noir, il Café Voltaire.
Lautrec: cartone, pennelli e trementina
Questo, l’intorno. Al centro spiccano invece i dipinti di Toulouse-Lautrec: dalle prime prove eseguite negli atelier dei maestri alle opere in cui l’artista aveva definito il suo stile e la sua tecnica d’elezione che prevedeva spesso un supporto di cartone dipinto con colori a olio diluiti nella trementina e con vaste porzioni lasciate “a risparmio”, cioè non dipinte, suggerendo così l’idea del non finito. E se dovessimo trovare una sola, potente ragione per invitare a visitare la mostra, questa sarebbe la tavoletta dipinta da Toulouse sui due lati con altrettanti ritratti, uno più classico e l’altro – quello visibile a palazzo Roverella – che esalta solo i capelli straordinariamente fulvi di Carmen la rossa.
Il percorso espositivo comprende necessariamente anche i focus sui manifesti di Lautrec e sui suoi lavori di grafica, ma c’è una chicca imperdibile. Per la prima volta dopo la loro recente riscoperta giungono in Italia alcune opere (in una mini-sezione chicca) realizzate per le esposizioni allegre, dissacranti, bizzarre di Les Arts Inchoérents: sono ancora poco studiate, ma di fronte a certe composizioni e alle idee creative su cui si basano, sembra di trovarsi di fronte al Surrealismo di Marcel Duchamp e dei suoi compari. Tuttavia queste opere furono realizzate parecchi decenni prima! Il legame con Toulouse Lautrec e gli artisti incoerenti è piuttosto labile, tuttavia la loro “rivoluzione gioiosa” si inserisce a pieno titolo nella Parigi fin de siècle che, in fondo, è la coprotagonista della mostra. Una mostra che per tanti aspetti imporrà una riscrittura, se non della storia dell’arte, almeno del sentire comune a proposito delle tematiche trattate.
Marta Santacatterina
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