Filippo e Filippino Lippi a Roma. La mostra-confronto tra padre e figlio campioni della pittura rinascimentale
Tra “ingegno e bizzarrie”, come titola la mostra ospitata ai Musei Capitolini, i due pittori toscani hanno vissuto da protagonisti la grande stagione artistica a cavallo tra XV e XVI secolo, tra Firenze e Roma
Filippo e Filippino a confronto. Padre e figlio, i Lippi, entrambi pittori di talento e innovatori, ciascuno con un approccio peculiare alla maniera pittorica rinascimentale. Il primo, Fra’ Filippo Lippi (Firenze, 1406 – Spoleto, 1469), si forma nel convento dei carmelitani di Santa Maria del Carmine di Firenze dove cresce studiando le opere dei grandi maestri che vi avevano lavorato nel corso del Trecento e studiando gli affreschi che Masolino e Masaccio stavano realizzando tra 1424 e il 1425 nella Cappella Brancacci. Protagonista alla corte fiorentina di Cosimo de’ Medici, interprete di importanti committenze pubbliche, è al contempo “inventore” di un registro intimista, molto apprezzato per le opere di devozione privata. Il secondo, Filippino Lippi (Prato, 1457 – Firenze, 1504), nato dalla fuga d’amore di suo padre con la giovanissima Lucrezia Buti (rapita dal pittore dal convento di Prato in cui si trovava a studiare, come testimonia un curioso documento d’archivio), debitore senza dubbio al linguaggio pittorico di Filippo, ma ancor più a quello di Sandro Botticelli, che lo prenderà a bottega nel 1469, alla morte di suo padre. E poi fautore di raffinate e bizzarre invenzioni nella Roma dell’ultimo scorcio del Quattrocento.
Filippo e Filippino Lippi a confronto: la mostra a Roma
Proprio a Roma padre e figlio si ritrovano per la mostra promossa dai Musei Capitolini e allestita nelle sale di Palazzo Caffarelli, a cura di Claudia La Malfa. In scena dal 15 maggio al 25 agosto 2024, Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento è un progetto che riunisce dipinti, disegni e documenti d’archivio per raccontare, attraverso i capolavori più e meno noti dei due artisti, un momento cruciale nell’evoluzione della pittura rinascimentale a cavallo tra XV e XVI secolo, tra Firenze, Napoli e Roma. Insieme i due lavoreranno solo a Spoleto, impegnati nell’ultimo cantiere di Filippo, per la decorazione delle Tribuna della Cattedrale, nel 1467.
Le opere in mostra ai Musei Capitolini, tra dipinti, disegni e documenti d’archivio
Di Filippo sono esposti, tra gli altri, la Madonna Trivulzio del Castello Sforzesco di Milano e la Madonna con angeli e committente della Collezione Cini di Venezia, e poi lavori di grande formato accostati a piccole tavole – come l’Annunciazione della Vergine e i Santi Antonio Abate e Giovanni Battista – in un confronto importante per raccontare il doppio registro, ufficiale e privato, della produzione pittorica del Lippi padre, di cui si approfondisce il grande credito riscosso presso la corte de’ Medici e con il re di Napoli attraverso una serie di documenti provenienti dagli archivi di Firenze e di Spoleto.
Di Filippino si apprezza invece il capolavoro su tavola (due tondi giustapposti) più celebre, l’Annunciazione in arrivo dai Musei Civici di San Gimignano, esito apicale di una maniera che sa fondere quanto appreso dal padre con il respiro più ampio delle figure sinuose di Botticelli, impreziosendo il tutto con i colorismi e le trasparenze che faranno la fortuna del pittore sulla scena romana e fiorentina di fine Quattrocento.
Filippo e Filippino Lippi a confronto: leggere i disegni
I disegni in mostra, di Filippo come di Filippino, aiutano a decifrare con più precisione il contributo di entrambi a questa fortunata stagione artistica. Tra tutti, un disegno di Filippino proveniente dall’Accademia di Venezia è riconducibile al ciclo di affreschi realizzato nel 1488 nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma nella cappella del cardinale napoletano Oliviero Carafa, culmine della produzione pittorica dell’artista, ricco di citazioni dall’antico. La morte improvvisa di Filippino, all’età di 47 anni, spezzerà la sua carriera all’apice del successo.
Livia Montagnoli
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