100 opere di Munch arrivano in mostra in Italia tra Milano e Roma
La mostra, che si svolgerà tra Palazzo Bonaparte e Palazzo Reale, racconterà il Munch privato e l’artista con un ingente prestito di opere provenienti da Oslo
A 40 anni dall’ultima mostra milanese e 10 da quella romana, l’Italia si prepara ad accogliere nuovamente Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944) con una grande mostra, organizzata da Arthemisia e promossa da Comune di Milano Cultura, che toccherà a settembre Palazzo Reale di Milano e a gennaio 2025 Palazzo Bonaparte di Roma.
La mostra “Munch. Il grido interiore”
L’esposizione dall’eloquente titolo Munch. Il grido interiore, è organizzata e prodotta, con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, da Palazzo Reale e Artemisia, in collaborazione con il Museo Munch di Oslo, che l’ha resa possibile grazie all’ingente prestito di oltre cento opere. Non solo quadri ma anche taccuini, fotografie e persino filmati, per indagare tanto il Munch artista, quello più famoso e conosciuto, quanto l’uomo, “il Munch privato” per usare le parole di Costantino D’Orazio, curatore, insieme a Patricia G. Berman del progetto. Come ha sottolineato Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura presso il Comune di Milano, alla conferenza stampa di presentazione della mostra presso la residenza dell’ambasciatore di Norvegia in Italia, Johan Vibe: “Munch si può definire una figura leggendaria nel panorama artistico del Novecento. E se alla sua fama di certo contribuirono i celebri furti di due versioni dell’Urlo, poi fortunatamente recuperate, rispettivamente nel 1994 e nel 2004, è indubbio che l’artista oggi sia universalmente riconosciuto come un innovatore dell’arte europea per la sua capacità di rompere gli schemi e sviluppare un uso personalissimo del colore”.
Il Museo Munch di Oslo
In effetti, come evidenziato da Tone Hansen, direttrice del Museo Munch di Oslo, oggi focalizzato sull’arte contemporanea in generale (aspetto che ha reso possibile l’ingente prestito di opere), Edvard Munch si è sempre distinto per la sua capacità di trasmettere sensazioni e sentimenti tramite il colore, qualità che lo colloca all’avanguardia nella tempere culturale europea sul crinale del XIX secolo. Al di là della fiducia positivista nel progresso, infatti, l’artista norvegese fu tra i primi a mettere in discussione l’affidabilità della visione, andando ad indagare le idee che stavano maturando nell’ambito della psicologia e dell’ottica sperimentale.
Munch, anche scrittore, era consapevole di quanto emozioni e sensazioni influenzassero la visione, in una continua sinestesia che, nelle sue opere, si traduce in un uso libero dei colori; volti non tanto ad offrire una riproduzione fedele della realtà, quanto piuttosto le impressioni sensoriali da essa suscitate, tra cui suoni e vibrazioni; come nell’Urlo, in cui trasforma cielo e paesaggio in onde sonore.
A tal proposito rimangono emblematiche le sue parole, del 1928: Mi nutro della natura, non dipingo quello che vedo ma ciò che ho visto.
Munch padre dell’arte contemporanea
Secondo Domenico Piraina, direttore Cultura del Comune di Milano e direttore del Palazzo Reale, per queste peculiarità Munch oggi può essere considerato a pieno titolo tra i padri dell’arte contemporanea; non solo dell’Espressionismo, ma anche di correnti successive, dal Futurismo fino ad arrivare all’Espressionismo Astratto. Tenendo presente che l’imponente eredità lasciata dalla sua pratica artistica, non può essere giustificata semplicemente attraverso la drammaticità delle sue vicende autobiografiche; quanto, piuttosto, dal carattere universale della sua ricerca. Per questo, anche i fatti personali, nella sua pittura, vanno oltre il contingente, per acquisire un valore più ampio, trasversale; tanto da farne anche un esponente del maledettismo; espressione con cui si indicano quegli artisti che, nel corso dei secoli, attraverso le loro opere, letterarie, pittoriche, musicali, hanno espresso un sentimento di inquietudine, meglio conosciuto come mal de vivre, tedium vitae o spleen. In particolare, secondo il direttore – particolarmente legato a questo artista che, significativamente segna l’alfa e l’omega della sua carriera – ciò che fa di Munch non solo un imprescindibile artista ma anche un profeta contemporaneo è la sua pioneristica capacità introspettiva che diventerà poi una peculiarità di tutta l’arte successiva. Per usare le parole di Iole Siena, presidente di Arthemisia: Munch è un pittore dalle emozioni forti, capace di tradurre in bellezza sentimenti di angoscia e malinconia. Con cui siamo felici di celebrare il venticinquesimo anno di Artemisia; anche perché, data la sporadicità delle mostre, per quanto famoso, è un artista ancora relativamente poco conosciuto dal grande pubblico.
Il concept della mostra secondo i curatori
Costantino D’Orazio ha illustrato il concept dell’esposizione, ideata proprio come un’occasione per scoprire la figura di Munch, tanto dal punto di vista artistico, quanto umano, privato per usare un termine a lui caro. In particolare, grazie all’attenzione dedicata ai rapporti personali dell’artista con famigliari, donne, nello specifico Tulla Larsen, musa e ossessione, con cui visse una drammatica ma ispiratrice relazione e a cui è riservata un’intera sezione e amici, tra cui grandi intellettuali del suo tempo, come Ibsen, emerge quell’intreccio tra privato e iconico che ha alimentato il senso psicoanalitico della sua pittura, evidente soprattutto nell’audace uso del colore, impiegato per dare voce alle emozioni. Il percorso, composto da dieci sezioni più una, rappresenta un viaggio nell’immaginario di Munch, attraverso opere eseguite con tecniche diverse che, oltre a metterne in risalto la pronunciata sensibilità ne rivendicano anche l’indipendenza dalle convezioni pittoriche tradizionali; non solo per la rivoluzione nella tecnica ma anche per la scelta dei soggetti. Ad esempio, traendo spunto dalle sue esperienze personali, il tema delle bagnanti nella sua pittura viene declinato al maschile. Munch il grido interiore mette in luce anche il solido rapporto dell’autore, esperto di arte Rinascimentale, con l’Italia, Paese che aveva visitato e di cui aveva studiato e copiato i grandi maestri.
Tramite il video messaggio, Patricia G. Berman ha concluso la conferenza sottolineando come la mostra ripercorra l’evoluzione artistica di Edvard Munch, con particolare attenzione alle emozioni e sensazioni che ne influenzarono la ricerca; mettendo in luce l’importante presa di coscienza del proprio mondo interiore e del valore attribuito alla memoria che ne caratterizza tutta l’opera. Indagine svolta anche attraverso la dettagliata esplorazione sensoriale della realtà che l’artista condusse sempre sperimentando altre tecniche oltre la pittura, come le stampe e le fotografie, ed altre sorprese presenti lungo il percorso espositivo; in una pratica artistica basata più sulla ricerca del senso della morte che su quello della vita.
Ludovica Palmieri
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