Le 10 opere da non perdere al KMSKA, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa
Dall'arte antica al contemporaneo, passando per Rubens e la più grande collezione di opere di Ensor al mondo, ecco i dieci consigli per visitare (senza perdersi) il grande museo belga
C’è talmente tanto da vedere al KMSKA, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa restaurato, ampliato e riaperto nel 2022, che il rischio di essere sopraffatti è alto. I lavori esposti – 650 opere di grande valore delle oltre ottomila del museo, già oggetto di una campagna di restauro e conservazione – coprono un arco temporale che spazia dal XIV al XXI Secolo, dalla pittura fiamminga fino ai maestri dell’arte moderna e contemporanea. Tra le opere di nomi come Magritte, Beato Angelico, Artemisia Gentileschi, Kokoshka, Arnaldo Pomodoro e Berlinde de Bruckyere, spiccano però dieci pezzi che per importanza e profondità non potete perdervi se siete in visita nel grande museo belga.
La Madonna circondata da serafini e cherubini di Jean Fouquet
Questo capolavoro tardo-medievale è con ogni probabilità il pezzo forte della collezione del KMSKA. L’opera del pittore di corte francese Jean Fouquet (Tours, tra il 1415 e il 1420 – 1481) era stata commissionata a metà del XV secolo da Etienne Chevalier, tesoriere del re Carlo VII. Fouquet realizza un’opera audace, dall’aspetto sconvolgentemente moderno: la Vergine Maria, presentata come Regina del Cielo, è circondata da tre cherubini blu e sei serafini rossi, caratterizzati da colori intensi, quasi pop. Non mancano storie nemmeno sul soggetto che, con ogni probabilità, è Agnès Sorel, amante e consigliera del re.
La Madonna nello Studio Rubens
Dei molti capolavori di Peter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) esposti al museo, non potete perdere la gigantesca pala d’altare della Madonna in trono adorata dai santi. Vedere quest’opera straordinaria vi permetterà non solo di assistere a uno degli apici del percorso creativo dell’artista fiammingo, ma anche di vedere un restauro eseguito in galleria (e se siete fortunati, o ben organizzati, vederlo in atto). All’interno dello Studio Rubens – l’area nata appositamente per questo scopo, che occupa un quarto della Galleria Rubens per una durata di due anni –, la Madonna è infatti oggetto di numerose fasi di restauro, dalla scansione e analisi della tela alla rimozione della vernice, dal trattamento del retro all’applicazione del nuovo strato di vernice. Si possono seguire tutti i passaggi anche a questo link su YouTube.
La vita di campagna di Brueghel il Vecchio
Imperdibile poi The Wedding Dance, una tipica celebrazione nuziale di campagna nel XVI Secolo. Quest’opera – una copia di Brueghel il Vecchio (Bruxelles, 1568 – Anversa, 1625), realizzata non molto tempo dopo e riprodotta nei più piccoli dettagli – ci permette di intuire con precisione come dovevano essere le celebrazioni del tempo, i costumi nuziali e le abitudini sociali del tempo. Con un’interessante stratificazione storica. La parte superiore del dipinto è stata infatti sostituita nel XIX Secolo con quella che vediamo oggi – con fattorie, fogliame e un orizzonte –, cosa che ha l’effetto di alterare la prospettiva: nonostante Bruegel avesse dipinto la scena con una visuale in linea con il pubblico, ora sembra di vederla dall’alto.
La lotta plastica di Rodin
Tutto nella scultura di Pierre de Wissant – una delle figure del gruppo I borghesi di Calais – trasmette una lotta interiore: la posa tormentata, il gesto espressivo disperato, le braccia e le mani di piombo e la superficie fortemente modellata. La statua di Auguste Rodin (Parigi, 1840 – Meudon, 1917), che stando al museo è stata realizzata apposta per il KMSKA, faceva parte di una serie di opere che commemoravano la guerra la Guerra dei cent’anni: queste erano state realizzate dall’artista francese su commissione della città di Calais, che nel 1884 aveva chiesto un gruppo scultoreo dedicato agli eroi locali. Rodin voleva che l’opera fosse installata ad altezza occhi, e non su un piedistallo com’era uso, per permettere alle persone di identificarsi con i soggetti. La proposta fu duramente criticata e causò un ritardo nell’installazione del monumento: fu solo nel 1924 che al gruppo fu dato un posto su un basso piedistallo nel centro della città. Ormai Rodin era già morto.
La Madonna alla fontana di Van Eyck
La minuscola Madonna col Bambino alla fontana, o Madonna alla fontana, è l’ultimo dipinto noto e firmato del pittore fiammingo Jan van Eyck (Maaseik, 1390 – Bruges, 1441), realizzato nel 1439 e conservato con la cornice originale. Incastonato in un hortus conclusus, con la fontana che rappresenta la Fontana della Vita, l’opera ritrae una Madonna e un ricco baldacchino ricamato. La Vergine è in blu: una scelta insolita nel contesto della pittura sacra olandese del XV Secolo, che prediligeva il rosso dal momento che la cocciniglia era tra i pigmenti più costosi disponibili al tempo. Questa viene interpretata come la prova di un’influenza italiana, oltre all’evidente ispirazione bizantina che emerge dalla rappresentazione della figura in piedi.
Il meglio di James Ensor
Uno dei tesori più preziosi del KMSKA è la sicuramente la collezione Ensor, la più grande raccolta al mondo del principale modernista belga. Noto come il “pittore delle maschere” James Ensor (Ostenda, 1860 – 1949) è stato un pioniere dell’arte moderna, con un piede nel XIX secolo e l’altro nel XX. Tradizionale e innovativo, Ensor ha mescolato l’amore per il bizzarro – che emerge dai suoi molti scheletri e carnevali, in primis nell’incredibile L’intrigo – allo studio dei costumi suo tempo, con opere che ritraggono poeticamente i paesaggi (come nel caso dei tetti di Ostenda) o immortalano le abitudini alimentari, come per la celebre Mangiatrice di ostriche.
Il polittico angelico di Memling
Questi tre gloriosi pannelli, che misurano quasi sette metri di larghezza e due di altezza, sono in realtà solo una parte di un gigantesco polittico andato perduto, probabilmente la commissione più importante che il pittore tedesco Hans Memling(Seligenstadt, 1430 – Bruges, 1494) abbia mai ricevuto. L’immenso dipinto era stato creato per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria la Real a Najera, nel nord della Spagna, e venne installato nel 1494, anno della morte di Memling. Il fatto che l’artista abbia ricevuto una commissione così colossale – il cui tema centrale era l’Assunzione della Vergine – dalla lontana Spagna ci dice tutto sulla reputazione che doveva avere in Europa al tempo. L’opera, una miniera d’oro per gli storici della musica antica, è stata sottoposta a un lavoro meticoloso di conservazione e oggi è affiancata da una riproduzione audio dell’ensemble di fiati storici Oltremontano.
Il campo di Uecker
La pratica artistica di Günther Uecker (Kuhlen-Wendorf, 1930) lo ha sempre avvicinato a gesti artistici tradizionali, in una forma di lavoro manuale e fisico. Il suo Dark Field, esposto nella galleria contemporanea del museo, vede una gran massa di chiodi assumere la forma di una struttura geometrica che trasforma la superficie bidimensionale del “dipinto” in un oggetto spaziale che interagisce con gli spettatori. L’illusione del movimento è rafforzata dal massimo contrasto tra lo sfondo nero e la danza dei riflessi di luce sui chiodi d’acciaio, ognuno dei quali proietta la propria ombra. “Il modo in cui uso i chiodi come elementi strutturanti dimostra che non dovrebbero essere intesi come chiodi“, ha detto l’artista.
La natura morta con pesci di Clara Peeters
Delle moltissime nature morte realizzate tra il XVI e il XVII secolo ed esposte al museo, questa è una delle più interessanti. Anche perché Clara Peeters, artista ancora poco nota al grande pubblico nonostante fosse molto conosciuta al tempo, fu una delle pioniere del sottogenere della natura morta con pesce. Vediamo qui una carpa lucida e un luccio disposti su uno scolapasta di terracotta, pronti per essere cucinati, e poco distanti ci sono gamberi bolliti su un piatto di peltro, aringhe affumicate, pesce persico e diversi tipi di ostriche. Nonostante il suo successo, finora sono state identificate solo una cinquantina di opere di Peeters, la maggior parte delle quali firmate.
Le parole luminose di Dewulf, materializzate da Mattan e Tijssens
Il poeta, drammaturgo ed editorialista belga Bernard Dewulf (Bruxelles, 1960 – Anversa 2021), aveva realizzato, durante una residenza al KMSKA, una serie di versi sul museo collegati ai temi delle diverse gallerie: le sue brevi dichiarazioni avevano lo scopo di far riflettere, sorridere o stupire i visitatori. Quando Dewulf è morto, nel dicembre 2021, Nick Mattan e Angelo Tijssens hanno realizzato un’opera che rendesse le sue parole più tangibili, ispirandosi sia alle numerose figure che leggono e pregano ospitate nella collezione del museo sia a una serie di schizzi di mani di Ensor. Il risultato è La luce viene verso di noi, un’opera composta da 17 cilindri di ottone (uno per ciascuna delle stanze per le quali Dewulf scrisse dei versi) che proiettano le sue parole sul pavimento. Le parole sono solo apparentemente illeggibili, perché se un visitatore tiene le mani aperte sotto la luce, le parole diventano a fuoco.
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