A Cortina si festeggiano i 50 anni del Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi

Una delle collezioni d’arte più importanti del Novecento italiano ha la sua casa a Cortina d’Ampezzo. La storia di uno dei primi musei privati d’Italia

Il Museo Mario Rimoldi: una favola d’Ampezzo, 1974-2024: questo il titolo della mostra ideata dalla Commissione Culturale del Museo Rimoldi per celebrare il cinquantenario di uno dei primi musei privati italiani e la memoria del suo provvido dedicatario. Una ricorrenza importante che invita a guardare al passato di una collezione nata nella cornice delle Dolomiti Ampezzane tra montagne bellissime e valli armoniose, dal momento che, per usare le parole dello scrittore Giovanni Comisso, il bello chiama il bello, e Mario Rimoldi fu l’interprete di questa voce. 

Chi era Mario Rimoldi

Imprenditore alberghiero e politico italiano, Mario Rimoldi è passato alla storia grazie alla sua eccezionale collezione d’arte. Intuito e passione, uniti alle competenze delle persone da lui incontrate nel corso della sua vita hanno segnato trent’anni di silenzioso lavoro alla raccolta di tangibili testimonianze della sua incrollabile fiducia nei valori dell’arte. Tra gli Anni Venti e Trenta i giovani maestri erano avvolti dall’indifferenza suscitando spesso critiche e diffidenze, complice anche il clima politico reazionario che permeava l’Italia e l’Europa. Basti pensare alla retrospettiva di Amedeo Modigliani presentata alla Biennale di Venezia del 1922, dove l’artista non venne accolto positivamente, né furono udite le parole con cui Vittorio Pica lo presentava. Ma, laddove le istituzioni pubbliche si dimostrarono miopi, i privati, puri appassionati e dilettanti nella critica d’arte trionfarono: Rimoldi compreso. 

La collezione Mario Rimoldi

Un primo nucleo della sua raccolta si sviluppa proprio l’indomani della biennale veneziana del ‘22, durante gli studi che Rimoldi compie a Roma. I suoi primi passi da collezionista sono indirizzati all’Ottocento italiano, a Morelli, Gigante e ai pittori locali come Luigi De Zanna e Luigi Ghedina. Nel 1929 l’incontro con Filippo de Pisis cambia tutto: il collezionista visionario amò sin dal principio l’arte dell’artista ferrarese senza riserve. Tra i due si instaura un saldo legame affettivo e di stima reciproca che risulta fondamentale nella formazione estetica del collezionista, indirizzato ora sempre maggiormente verso l’arte contemporanea. Non è difficile immaginare le critiche che Rimoldi dovette affrontare a Cortina. Se è vero che il collezionista è l’amante dell’arte per antonomasia, Rimoldi ha amato molto. Le pareti del suo ufficio e della sua casa erano letteralmente tappezzate di dipinti. 

Rimoldi: le acquisizioni del Dopoguerra

Come collezionista, desiderava godere della compagnia dalle sue opere e vivere insieme ad esse. Invero, Rimoldi ha sempre cercato di personalizzare la sua collezione sia nella scelta degli artisti sia in quella dei soggetti stessi delle opere. Significativo è il nucleo veneto della raccolta, a sottolineare il carattere della sua collezione. Arturo Martini, Juti Ravenna, Gino Rossi, e poi Felice Carena, Umberto Moggioli, Pio Semeghini. Questo cuore ben caratterizzato di opere che definivano la fisionomia della sua collezione, rimase saldo fino al Dopoguerra, quando il mondo artistico si aprì al nuovo grazie alla Biennale di Venezia. Entrarono così nella collezione i protagonisti di una rinnovata sperimentazione, come Emilio Vedova, Renato Guttuso, Antonio Corpora, Roberto Crippa, Gianni Dova e Zoran Music dando alla collezione costituzione più completa, all’americana, con tutti gli artisti più significativi del suo tempo.

Il Museo Rimoldi. La storia e Le Regole

La genesi dell’odierno museo non fu un processo facile. La raccolta, grazie al lascito della moglie di Rimoldi, Rosa Braun, giunge dapprima nella disponibilità delle Regole d’Ampezzo. In seno a questa peciuliare istituzione si genera l’odierno museo nella metà degli Anni Settanta, una galleria che da allora costituisce uno degli insiemi più significativi in Italia per l’arte del XX Secolo. Invero, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Mario Rimoldi rappresenta un esempio singolare e quantomai rilevante nel panorama museale italiano non solo per la sua pregevole raccolta testimonianza di una passione collezionista fuori dal comune. La precoce fondazione sul modello del grande collezionismo europeo, (precedente persino all’apertura della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia) e la sua longevità sottintendono il grande valore dell’istituzione nei confronti della comunanza ampezzana. Le Regole d’Ampezzo rappresentano l’espressione più antica dello spirito comunitario della conca D’Ampezzo, eccellente esempio di proprietà privata collettiva che si impegna nella gestione e nella valorizzazione del suo patrimonio. Questo tipico sistema comunitario aveva avuto un ruolo importante nella vita di Rimoldi, impegnato da sempre nella trasformazione di Cortina in un centro culturale di prim’ordine.  Considerando come nel corso di questi cinquanta anni, il Museo d’Arte Moderna sia stato teatro di importanti esposizioni, conferenze, collaborazioni con il mondo della cultura e dell’istruzione, e di come abbia continuato ad evolversi aprendosi precocemente anche al digitale, si potrebbe dire che le sue volontà sono state esaudite. 

Caterina Rachele Rossi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati