La grande mostra di Van Gogh a Trieste (quella che ha fatto record a Roma) 

Con oltre 50 opere del Kröller-Müller Museum, il Museo Revoltella di Trieste presenta un tour attraverso il percorso artistico e psicologico di Vincent Van Gogh, dalla grafica alla pittura, dai temi sociali al tormento interiore

Dopo la cosiddetta “mostra dei record” tenutasi a Roma presso il Palazzo Bonaparte, le opere del pittore sono tornate ad affascinare il pubblico, questa volta al Museo Revoltella di Trieste, che fino al 30 giugno ha ospitato oltre 50 opere provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo. La mostra è stata arricchita, in questa occasione, con la presenza speciale di tre tele: i ritratti di Monsieur e Madame Ginoux e Il giardiniere

La mostra di Van Gogh al Museo Revoltella 

Il percorso espositivo, connotato da una serrata successione cronologica delle opere, è articolato in quattro sezioni che documentano l’itinerario artistico del pittore: dai disegni della giovinezza dedicati al tema dei lavoratori, ai vivaci dipinti del soggiorno a Parigi e ad Arles, fino al ricovero al manicomio di Saint Paul-de-Mausole e le ultime opere realizzate ad Auvers-sur-Oise. Ogni sala è corredata da citazioni tratte dalle lettere scritte da Vincent al fratello Theo e da apparati scenografici ed interattivi. Interrompe il percorso museale una sala multimediale, dove i particolari delle opere di Van Gogh sono proiettati sulle pareti, permettendo un’esperienza immersiva ed introducendo, in particolar modo, le giovani generazioni verso la scoperta dell’arte. Attraverso un gioco di luci, colori, specchi ed effetti sonori, è possibile entrare direttamente nei capolavori del pittore olandese. Viene data grande rilevanza alle opere grafiche del periodo giovanile, per passare direttamente ai dipinti realizzati negli anni seguenti. Le sale della location espositiva, tuttavia, riescono a fatica a contenere i numerosi visitatori, rendendo difficilmente confortevole la visita. Il biglietto permette di visitare anche il Museo Revoltella, dimora storica e galleria d’arte moderna.  

Van Gogh, I mangiatori di patate
Van Gogh, I mangiatori di patate

La produzione grafica di Van Gogh e i temi sociali 

L’intensa e convulsa attività pittorica di Vincent Van Gogh dura appena dieci anni, dal 1880 al 1890. La prima sezione dell’esposizione, presenta la nutrita produzione grafica realizzata tra il 1880 e il 1885, durante il soggiorno ad Etten, l’Aia e Nuenen. I disegni documentano il duro lavoro dei contadini impegnati nei campi, delle contadine indaffarate nei lavori domestici, dei seminatori, dei tessitori e il logorio fisico dei minatori delle miniere del Borinage. Vincent Van Gogh fissa su carta la miseria, il dramma umano e sociale. La realtà viene svelata nei tratti più atroci e sgradevoli, come nel bozzetto dei Mangiatori di Patate, esasperando i tratti fisiognomici dei protagonisti, grossolani, spigolosi e rudi, ma carichi di espressività nei loro abiti logori, esaltando la dignità dei protagonisti e del lavoro umano.  

Van Gogh a Parigi. L’influenza impressionista 

Le prime timide aperture verso il colore sono caratterizzate da tonalità cupe e terrose. È durante il soggiorno parigino, a partire dal 1886, che la tavolozza del pittore abbandona i pigmenti scuri in favore di tonalità vibranti.  
L’arrivo a Parigi, indagato nella seconda sezione della mostra, segna una tappa fondamentale nella sua maturazione artistica, attraverso l’influenza delle tecniche impressioniste, puntiniste e la conoscenza delle stampe giapponesi. Il segno pittorico diventa più incisivo, materico e sintetico. I colori cangianti e stridenti sono manifestazione diretta del dato interiore, fino ad arrivare al parossismo, alla deformazione del segno come mezzo di espressione del suo disagio psichico.  

Il soggiorno ad Arles 

Il percorso museale si snoda fino all’arrivo di Van Gogh ad Arles nel 1888. In questa terza sezione, sono affiancati i ritratti di Monsieur e Madame Ginoux, proprietari del Café de la Gare di Arles. L’inquietudine della donna e la spavalderia dell’uomo emergono dai dipinti attraverso una diversa modulazione della pennellata e della tonalità. I colori caldi della Provenza infiammano le sue opere di accensioni cromatiche che saturano le tele. La luce della Provenza francese trova, così, sublimazione nel giallo cromo dei limoni, nell’oro delle spighe di grano e del sole. Ne è un esempio il Seminatore, non semplice copia dell’opera di Millet, ma interpretazione metafisica e tormentata entro la quale lo spazio si dilata ed il colore esplode in illuminazioni iridescenti. Le tinte complementari dominano la tela nel viola del campo di grano e del seminatore e nel giallo dorato del cielo. L’animo dell’artista si consuma rapidamente, bruciando come i campi di grano sotto il sole cocente.  

L’inquietudine nelle opere degli ultimi anni di Van Gogh 

Le ultime due sezioni della mostra si concentrano sugli ultimi tormentati anni del pittore. Nel 1889 inizia il periodo di ricovero presso l’ospedale psichiatrico di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Rémy-de-Provence. Il profondo turbamento psichico dell’artista si manifesta nei paesaggi e nei ritratti realizzati durante il soggiorno presso il manicomio e negli ultimi mesi di vita ad Auvers-sur-Oise. Il tratto pittorico, sempre più febbrile e convulso, arriva a deformare i paesaggi. Esso diviene un sismografo interiore in grado di registrare l’inquietudine e il malessere psicologico dell’artista. La materia pittorica si anima di un furore proprio, divenendo strumento di esorcizzazione del “male di vivere” che ha consumato il pittore. Nelle tele Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy, Paesaggio con covoni e luna nascente e Il burrone, brevi pennellate agitano il paesaggio come scosso da un vento imperioso e un vorticare elettrico. In questo periodo realizza, inoltre, opere come Vecchio disperato, l’ultimo atto di un angoscioso grido d’aiuto, e Il giardiniere, quest’ultima proveniente dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. La pittura di Vincent Van Gogh è espressione attiva delle inquietudini interiori, mediante il vigore del segno e l’incandescenza brutale del colore. Van Gogh “il suicidato della società”, come lo definì Antonin Artaud, chiude il sipario sulla sua vita.  

Valentina Coccarelli 

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