Una grande mostra sull’Espressionismo per il centenario della GAM di Roma
L’anno prossimo la GAM compie 100 anni di storia. In attesa delle celebrazioni vere e proprie, una grande esposizione di 130 opere racconta tutta la varietà della corrente espressionista. Scopri qui i protagonisti da non perdere
Nel 2025 si festeggerà il centenario della Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nell’attesa, la Sovrintendenza capitolina, insieme a Roma Capitale e in collaborazione con la Collezione Giuseppe Iannaccone, propone il progetto espositivo, L’estetica della deformazione. Protagonisti dell’espressionismo italiano. Una mostra che vuole focalizzare l’attenzione sulla prima metà del XX Secolo. Sull’Espressionismo degli Anni Venti-Quaranta: una delle stagioni più intense e originali della cultura artistica italiana.
Malgrado l’obiettivo apparentemente “unitario” della mostra, le 130 opere dell’esposizione difficilmente sono riconducibili ad un movimento unico, prospettandosi piuttosto come un arcipelago di esperienze autonome, trasversali. Si possono tuttavia tracciare alcune costanti che le caratterizzano: il prevalere dell’interpretazione dell’artista rispetto alla referenzialità oggettuale; l’inquietudine esistenziale dello stesso pittore che lo porta alla fibrillazione della forma, allontanandosi dall’idealizzazione classico-accademica. O ancora, la tendenza al primitivo e al selvaggio, e la scelta a favore del colore, alla sua impulsività a volte anarchica.
La genesi della mostra alla GAM di Roma
I lavori in mostra selezionati delle curatici Arianna Angelelli, Daniele Fenaroli e Daniela Vasta, consentono la presa di contatto non solo con l’Espressionismo tout court, ma anche con i suoi ambiti più lirici del Primitivismo, quale esempio di arte che – rifiutando il codice accademico – fa del Doganiere Rousseau il proprio punto di riferimento.
Si ritrovano così insieme vari autori ed esperienze diverse: la Scuola di Via Cavour – con Scipione, Mafai, Antonietta Raphaël, Mazzacurati – e la Scuola Romana, con Melli, Pirandello, Guttuso, Ziveri, il primo Afro e il primo Mirko. I più rilevanti rappresentanti dei Sei di Torino, Levi, Menzio, Chessa, Galante, che nel corso degli anni Trenta si sono conquistati un posto fisso. Si continua, poi, con i pittori della cerchia milanese e ulteriori protagonisti dell’epoca come Rosai e de Pisis.
L’Espressionismo nella mostra alla GAM di Roma
Il termine, il cui etimo nasce da ex-premere, gettar fuori, indica il fuoriuscire dalla classicità formale, dal naturalismo conformista, riconoscendo il diritto di gridare per esprimere il tragico dell’esistenza. Van Gogh diceva, “ho cercato di esprimere col rosso e col verde le terribili passioni umane”. Come a voler gettare sulla tela le tragedie dell’io e del mondo.
Ma l’Espressionismo non è solo sofferenza dichiarata. Comprende anche atmosfere liriche, paniche, vitalistiche. Se nel gruppo della Brücke, che si forma a Dresda nel 1905, Kirchner raffigura volti angolosi e taglienti, simboli dell’alienazione della metropoli moderna, Nolde crea lirici paesaggi marini fondati solo sul colore.
Nello stesso 1905 a Parigi nascono i Fauves che accostano l’esplosione cromatica come fosse dinamite alla costante ricerca di una forma intenzionalmente grossolana. Il loro Espressionismo non si attesta sulle alterazioni caricaturali o sulle modulazioni tragiche, ma sulle figure bidimensionali inchiodate sulla tela con tonalità acute e antinaturalistiche. E con segni irrequieti e frementi. È soprattutto quest’impostazione francese ad ispirare l’Espressionismo italiano.
Il percorso espositivo alla GAM di Roma
La mostra apre il percorso con la Scuola di via Cavour. Nome scelto da Roberto Longhi nel 1929 legato alla via dove abitavano Mafai e la sua compagna la lituana Antonietta Raphaël. E con loro Scipione e l’emiliano Marino Mazzacurati.
L’impostazione espressionista di Mafai prevale nelle Donne che si spogliano del 1934. Impostazione data in chiave intimista con le figure che si deformano, prive di ogni attrattiva femminile, perseguitate dalle loro vesti che assumono la forma di spettri.
Ne La via che porta a San Pietro di Scipione a prevalere è il dettato onirico. Con il paesaggio urbano, inabissato in una luce allucinata, e i palazzi in precario equilibrio che sembrano apparizioni. La Scuola romana registra, tra gli altri, la presenza di Fausto Pirandello con le sue Bagnanti. Una pittura dalla configurazione appesantita che suggerisce un certo disagio delle anatomie. Nel Postribolo Alberto Ziveri le donne svestite sembrano agganciare una sorta di realismo postnaturalista dove l’insensibilità delle donne che si vendono è attenuata dall’atmosfera straniante. Nella sezione dedicata ai Sei di Torino il ruolo del protagonista lo si può assegnare a Carlo Levi che si specializza nel ritratto. Il terzo gruppo è quello di Corrente, protagonista dal 1938, a Milano, di un robusto e appassionato Espressionismo lirico. Tra i primi capolavori di Renato Birolli bisogna citare il matissiano Arlecchino che compensa la rinuncia ai volumi con l’accentuato cromatismo. E ancora, la Natura morta con garofani e frutta del 1938 di Renato Guttuso. Il soggetto testimonia un’attenta osservazione del reale ricorrendo ad una certa sottolineatura dei volumi di ascendenza cubista. Stessa ascendenza ne Il Caffeuccio veneziano di Emilio Vedova del 1942.
A corollario della mostra, una sezione dedicata a Ottone Rosai ricorda una personalità anticonformista che, già nella Firenze degli anni Venti, si apre ad una pittura antiretorica, essenziale e intimista.
Fausto Politino
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