Le tre età. Gustav Klimt e la Belle Époque arrivano a Perugia
La Galleria Nazionale dell’Umbria inaugura una nuova serie di progetti costruiti attorno a singoli capolavori. La prima proposta? Gustav Klimt, con un dipinto che riporta in vita l’Art Nouveau e la Belle Époque
Infanzia, maturità e vecchiaia. Le tre fasi chiave della vita umana – un tema ricorrente nella storia dell’arte – sono al centro del capolavoro di Gustav Klimt (Baumgarten, 1862 – Vienna, 1918) che la Galleria Nazionale dell’Umbria ospita per l’estate 2024. Un maestoso dipinto, appartenente al Periodo d’oro del pittore viennese, giunto in prestito dalla Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Con questo progetto, l’istituzione perugina – guidata da non molto da Costantino D’Orazio – si propone di cominciare una nuova serie espositiva. Una grande opera, accompagnata da un percorso introduttivo che ricostruisce il contesto storico-artistico dell’epoca a cui è legata. Così accade per Le tre età di Klimt: prima di trovarsi davanti alla sensualità inquietante delle protagoniste, c’è uno spaccato di Belle Époque che attende il visitatore.
Per punti
La Belle Époque in mostra alla Galleria Nazionale dell’Umbria
Le grandi Esposizioni Internazionali
Sono sufficienti tre manifesti in stile Art Nouveau, e ci si ritrova immersi nell’atmosfera della Belle Époque di inizio Novecento. Siamo tra Venezia e Roma – tra la Biennale del 1910 e l’Esposizione Internazionale di Belle Arti del 1911 – nel fervore artistico che animava la scena sociale di allora. Erano gli anni delle grandi innovazioni tecniche, dell’ostentazione dei nuovi ricchi e di quell’alta società che amava farsi ritrarre in modo teatrale, mitologico, avendo ormai perso la capacità di distinguere vita reale e finzione. Aspirazioni e ideali che di lì a poco avrebbero condotto alla prima follia della Grande Guerra, con tutti i disastri che ne scaturirono.
Di questo panorama storico-culturale, la mostra pone l’accento sulle grandi rassegne internazionali, e sul ruolo che queste avevano per gli artisti e il pubblico di collezionisti. Venezia e Roma erano due degli appuntamenti immancabili per rimanere aggiornati sulle ultime tendenze, nonché sui nomi più promettenti del periodo. E fu proprio Gustav Klimt, con Le tre età, a ritrovarsi protagonista della IX Biennale del 1910.
Galileo Chini in dialogo con Gustav Klimt
Tra i tanti artisti che si distinsero in quegli anni, la mostra di Perugia ci fa riscoprire Galileo Chini. Un fiorentino, che si distinse per la sua originalità sulla scena italiana e internazionale, specializzandosi nella ceramica. In esposizione spicca infatti la sua serie di vasi, decorati con motivi floreali e intriganti volti femminili. Uno stile vicino ai Preraffaelliti e all’Art Nouveau, che raggiunge il pieno sviluppo dopo il viaggio che l’artista fece in Thailandia, dove si arricchì di spunti orientali.
Gli schizzi preparatori di Klimt
L’ultima sezione di contesto del percorso – prima di entrare nella sala principale con la grande opera – raccoglie un gruppo di schizzi di Gustav Klimt, tracciati a inchiostro e carboncino. Pochi segni, essenziali, che definiscono i contorni di corpi pieni, sensuali. Sono gli studi preparatori di alcuni suoi capolavori, in cui già si intravvede l’eleganza provocatoria e la femminilità proprie dei risultati finali.
Le tre età di Gustav Klimt a Perugia
La storia del dipinto
All’epoca della realizzazione de Le tre età, Klimt veniva da un periodo difficile della sua vita,confluito poi in grandi cambiamenti a livello pittorico. Una vera e propria crisi artistica, cominciata con la scomparsa prima del padre, e poi, nel 1892, del fratello Ernst – anch’egli pittore – a cui era da sempre molto legato. A sollevarlo dalla depressione in cui versava fu Émile Flöge – sorella della cognata di Klimt – che diventerà poi sua compagna di vita e musa ispiratrice.
Risvegliatosi dalla crisi, l’artista modificò sensibilmente il suo modo di dipingere. Le sue figure femminili, prima teatrali e raffinate, divennero sempre più sensuali, e con una vena inquietante, a suggerire la tristezza che ancora pervadeva la sua anima. Fu anche allora che cominciò a usare sempre più di frequente l’oro, unito a incarnati di grande realismo e sfondi dalle texture astratte e simboliche. Per approfondire tutta la vita e leopere di Gustav Klimt, ti consigliamo due libri sull’argomento. Il primo ne illustra la vita e il rapporto con l?italia, il secondo raccoglie tutte le sue opere:
L’opera
E alla fine ecco l’opera. Una tela che si sviluppa verso l’alto, le cui protagoniste paiono estendersi elastiche in verticale, come seguendo il movimento a scroscio della pioggia scura che le circonda. Sono tre figure: una bimba di due o tre anni, una madre in fiore, e l’anziana che si nasconde dietro la sua chioma ingrigita. Infanzia, maternità e vecchiaia. I simboli dello scorrere del tempo, la cui ciclicità è accentuata dalla posizione in cui ciascun soggetto è ritratto. La bambina è sul davanti, quasi tra lo spettatore e la donna, che è invece al centro del dipinto: nel pieno della vita. Infine c’è la più anziana, che appare in netto secondo piano, come se si stesse congedando dal mondo terreno, avvicinandosi alla fine.
Il dipinto è rappresentativo della svolta pittorica del periodo d’oro klimtiano, in cui sensualità e inquietudine coesistono in ogni lavoro. La bellezza della fanciulla al centro – una Venere botticellianadai riccioli intrecciati di fiori ed edera – si contrappone all’incarnato violaceo e funereo della donna anziana. Il tutto contornato dall’ulteriore contrasto di luce e ombra, con l’oro luccicante e vitale accostato a un nero profondo come la morte.
Emma Sedini
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