Itinerario nella Firenze dei Cenacoli. Alla scoperta degli antichi refettori affrescati della città
Tra Trecento e Cinquecento i numerosi ordini monastici fiorentini commissionano ai grandi artisti del tempo la decorazione dei refettori conventuali, oggi patrimonio poco conosciuto e spesso a libero accesso. Una guida per orientarsi
L’offerta culturale di Firenze è pressoché sconfinata. E anche se la città soffre in ogni momento dell’anno gli effetti di un turismo di massa – alla ricerca di un tuffo nel Rinascimento ridotto alla stregua di un parco divertimenti – che paralizza le attrazioni simbolo del centro storico, non sono poche le iniziative, pubbliche e private, che negli ultimi anni stanno provando a raddrizzare la rotta. Si pensi alla programmazione di mostre di Palazzo Strozzi e Museo Novecento, o all’impegno con cui istituzioni cardine del sistema museale fiorentino e nazionale come la Galleria dell’Accademia, i Musei del Bargello e le Gallerie degli Uffizi alzano costantemente il proprio profilo scientifico, sforzandosi al contempo di accogliere un pubblico quanto più eterogeneo possibile. L’estate 2024 è stata finora scandita proprio dalle novità promosse degli Uffizi, tra nuovi percorsi sensoriali nel Giardino di Boboli, l’inaugurazione del rinnovato Museo della Moda di Palazzo Pitti e l’apertura di nuove sale e percorsi alle Gallerie, in attesa della riapertura del Corridoio Vasariano.
Firenze fuori dai circuiti turistici più noti
Oltre ai principali circuiti turistici, però, il tessuto cittadino preserva un patrimonio meno “strillato” e liberamente accessibile, a patto di prendersi la briga di esplorare con curiosità chiese (che dire della Deposizione di Pontormo nella cappella Capponi in Santa Felicita, del tripudio tardo-barocco di marmi e stucchi della cappella Feroni all’Annunziata, della Croce di Ognissanti di Giotto nell’omonima chiesa, per tacere di basiliche e chiese più note?) e tracciati poco battuti su entrambe le sponde dell’Arno.
Di questo tesoro semi-sconosciuto, dunque poco frequentato e al riparo dall’overtourism, fanno parte i cenacoli affrescati tra Trecento e Cinquecento da alcuni dei principali artisti del tempo, che a Firenze si sono mantenuti in straordinario stato di conservazione e particolarmente numerosi, tanto da permettere di articolare un tour tematico (e quasi completamente gratuito) che vale la deviazione dai percorsi canonici.
Guida ai cenacoli di Firenze
Il “genere” del cenacolo trova impulso, tra XIV e XVI Secolo, nella committenza degli ordini monastici desiderosi di impreziosire il refettorio dei propri conventi con una rappresentazione coerente con la destinazione d’uso dell’ambiente. Dunque sarà l’Ultima Cena, con diverse variazioni sul tema, il soggetto più praticato; e proprio a Firenze, complice il coinvolgimento dei più grandi maestri rinascimentali, si codificherà il modello che, tra gli altri, sul finire del Quattrocento ispirerà il più noto tra i cenacoli al mondo, quello di Leonardo da Vinci per il complesso di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Qui una breve guida per orientarsi, facendo attenzione agli orari di apertura, che spesso sono limitati ad alcuni giorni della settimana o, nell’arco della giornata, alla sola mattinata. Per praticità, tracceremo una sorta di semi-anello, partendo dai pressi della Galleria dell’Accademia.
Il Cenacolo di Sant’Apollonia di Andrea del Castagno
Tra i primi a cimentarsi con l’impresa nella Firenze in pieno fervore rinascimentale, Andrea del Castagno affresca la sua Ultima Cena per il refettorio del complesso di Sant’Apollonia nel 1447, collocando Gesù e i suoi apostoli (Giuda unica figura dal lato opposto del tavolo, secondo l’iconografia tradizionale) in una scatola prospettica che tiene conto ed elabora le coeve sperimentazioni spaziali (vedi Paolo Uccello), impreziosita da un gusto antiquario chiaramente dichiarato dalle finte tarsie marmoree che ne decorano le pareti e dalle sfingi che incorniciano la tavolata. L’artista originario del Mugello realizza per il refettorio delle Benedettine – all’epoca il più grande monastero femminile di Firenze – anche le scene di una Deposizione, una Crocifissione e una Resurrezione, più in alto sulla parete, però in cattivo stato di conservazione: le sinopie, reperite grazie a un distacco operato alla metà del Novecento, sono oggi esposte sulla parete opposta della sala. Di certo è questo uno dei lavori più maturi di Andrea del Castagno, che sarà d’esempio per altri artisti, ma resterà pressoché sconosciuto fino alla metà dell’Ottocento: a causa del regime di clausura delle monache, infatti, le fonti antiche – Vasari compreso – non faranno mai cenno all’opera, riscoperta dopo la requisizione del convento per usi militari nel 1864.
Il Cenacolo del Fuligno di Perugino
In via Faenza, non distante dalla stazione di Santa Maria Novella, Il cenacolo del Fuligno conserva testimonianza del refettorio monumentale del convento delle terziarie francescane della Beata Angelina da Marsciano. Pietro Perugino, con i suoi collaboratori, fu chiamato ad affrescare la sua Ultima Cena sul finire del Quattrocento, e l’allestimento attuale – dopo la recente riapertura al pubblico, con ingresso gratuito – propone nello stesso ambiente altri dipinti che testimoniano la fortuna dello stile pittorico peruginesco a Firenze e in Italia tra XV e XVI secolo, oltre a un crocifisso ligneo, proveniente dalla chiesa del convento, attribuito a Benedetto da Maiano. L’artista umbro porta nell’affresco le sue atmosfere composte e misurate, aprendo lo spazio dietro alla tavolata con uno sfondato che lascia intravedere un paesaggio collinare, accompagnando lo sguardo verso la scena dell’Orazione di Cristo nell’Orto.
Il Cenacolo di Ognissanti del Ghirlandaio
Una decina di minuti di cammino, in direzione dell’Arno, conducono in piazza Ognissanti per scoprire il cenacolo omonimo, affrescato da Domenico Ghirlandaio nel 1480. Si accede all’antico refettorio del convento fondato dai frati Umiliati nel XIII secolo varcando un ingresso al lato della chiesa, che dà accesso anche al chiostro rinascimentale. Nell’aula monumentale, estesa per 32 metri in lunghezza, Ghirlandaio affrescò un’Ultima Cena ambientata all’interno di una loggia che finge di prolungare lo spazio reale, non rinunciando però a introdurre nella composizione una natura rigogliosa tra piante di agrumi e palme, anatre e pavoni. Elementi tutti portatori di precise simbologie cristiane. In seguito all’alluvione del 1966, l’affresco fu strappato e restaurato: in quell’occasione venne alla luce la sinopia ora esposta al lato dell’Ultima Cena. Già nel 1486, l’artista si produsse in un cenacolo “gemello” per il refettorio domenicano di San Marco, di dimensioni più contenute, che oggi si apprezza nel percorso di visita del Museo Nazionale di San Marco (imperdibili gli affreschi che decoravano le celle dei monaci realizzati dal Beato Angelico fra il 1438 e il 1445).
Il Cenacolo di Franciabigio al Convitto della Calza
Più lunga è la passeggiata che conduce, Oltrarno, al Convitto della Calza, nella piazza omonima, poco prima di Porta Romana. Qui, già nel XVI Secolo, il Franciabigio, al secolo Francesco di Cristofano, fu incaricato dalla badessa suor Antonia de’ Medici di affrescare il refettorio del convento nato nel Trecento come Ospedale di San Giovanni Battista gestito dalle suore gerosolimitane (il nome attuale si deve alla “calza” indossata dai Gesuati, che occuparono il convento dal 1529). Il pittore fiorentino movimenta la scena dell’Ultima Cena cogliendo il momento in cui Gesù preconizza l’imminente tradimento, rappresentando le reazioni scomposte degli apostoli. L’affresco è datato 1514, più difficile da visitare perché all’interno dell’hotel e centro congressi in cui è stato trasformato l’antico complesso.
Il Cenacolo di Santo Spirito dell’Orcagna
Sempre Oltrarno, “rientrando” verso piazza Santo Spirito, si scopre nell’omonima chiesa uno dei cenacoli più datati del gruppo, affrescato da Andrea Orcagna intorno al 1365. Il refettorio dell’antico convento è l’unico ambiente tardo-gotico sopravvissuto al rinnovamento rinascimentale del complesso, su progetto del Brunelleschi. E dunque si è conservata anche la parete dipinta dall’Orcagna, pur molto lacunosa per lo sfondamento della muratura disposto alla fine dell’Ottocento, quando l’ambiente fu adibito a deposito per i tram. Leggibile è comunque l’impostazione del lavoro, che accosta su due registri sovrapposti una monumentale Crocifissione – iconografia più utilizzata nei refettori di XIII e XIV Secolo – e un’Ultima Cena (quest’ultima solo intuibile). Per visitare il refettorio – solo dal sabato al lunedì – si acquista il biglietto della Fondazione Salvatore Romano, che qui ha trovato casa alla metà del Novecento.
Il Cenacolo di Santa Croce di Taddeo Gaddi
Tornati di là d’Arno, raggiungiamo la Basilica di Santa Croce per visitare il cenacolo affrescato da Taddeo Gaddi intorno alla metà del Trecento (però solo all’interno del percorso di visita della Basilica e del suo museo, che prevede un ticket di accesso). Sulla parete di fondo dell’aula rettangolare del refettorio, coevo all’affresco, Gaddi diede centralità all’Albero della Vita che fa da sfondo alla Crocifissione, circondata da altre scene dei testi sacri legate al cibo e dalla rappresentazione delle Stimmate di San Francesco. Solo nel registro sottostante, il talentuoso allievo di Giotto, rappresentò l’Ultima Cena che per la prima volta compare in un refettorio conventuale, dando il là al modello rinascimentale.
Staccati dopo l’alluvione del 1966, gli affreschi furono ricollocati grazie a un’ambiziosa operazione di restauro già nel 1968.
Il Cenacolo di San Salvi di Andrea del Sarto
Fuori dalle mura della città, in prossimità della stazione di Campo Marte, si scopre infine il cenacolo cinquecentesco di San Salvi, opera di Andrea del Sarto. L’abbazia dei monaci benedettini vallombrosani fu fondata nel XI secolo, ma solo nei primi decenni del Cinquecento, sotto la direzione di Biagio Milanesi, fu ampliata e restaurata, contemplando anche la realizzazione di un grande refettorio. Andrea del Sarto vi lavorò a più riprese, dapprima nel 1511 ancora molto giovane, poi, dopo una lunga interruzione, nel 1526, per completare in poco più di due mesi un’Ultima Cena chiaramente debitrice al Cenacolo leonardesco. Con l’aggiunta, però, di un espediente scenografico originale: due figure affacciate a una terrazza che osservano la scena sottostante; dietro di loro, un cielo velato di sfumature rosa.
Fu proprio la bellezza dell’affresco, secondo quanto riferisce Benedetto Varchi, a salvare quella parte del convento dalla rovina ordinata dalla Repubblica fiorentina perché gli edifici fuori le mura non offrissero riparo all’esercito di Carlo V, inviato ad assediare Firenze nel 1529.
Gli eventi gratuiti nei Cenacoli di Firenze
Proprio il Cenacolo di San Salvi, insieme a quello di Sant’Apollonia, è stato oggetto negli ultimi anni dell’interesse del coreografo e ballerino Virgilio Sieni, che periodicamente performa i suoi spettacoli all’interno dei cenacoli fiorentini. L’ultima iniziativa, per l’estate fiorentina 2024, l’ha visto protagonista a San Salvi con il programma Corpo Celeste, terminato a luglio. Ma gli antichi refettori della città affascinano anche il mondo della musica. E fino al mese di ottobre i concerti dell’iniziativa Note al Museo saranno ospitati anche al Cenacolo di Sant’Apollonia, sotto la supervisione dell’Orchestra da Camera Fiorentina. E con ingresso gratuito fino a esaurimento posti.
Livia Montagnoli
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