A Roma c’è una mostra sul linguaggio rivoluzionario di Mirò con tre storici curatori
È possibile coniugare eclettismo, libertà e coerenza espressiva? Ebbene, se l’artista in questione è Joan Mirò la risposta è sì, come dimostra “Miró - Il costruttore di sogni”, l’antologica al Museo Storico della Fanteria di Roma
“Le opere di Mirò sono concepite per offrire a ciascuno la possibilità di immaginare un mondo migliore.” Questo l’invito con cuiVincenzo Sanfo, co-curatore conAchille Bonito Oliva e Maïthé Vallès-Bled di Miró – Il costruttore di sogni – in programma fino al 12 gennaio 2025al Museo Storico della Fanteria di Roma di fianco alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme – ha concluso la presentazione della mostra.
La mostra su Mirò a Roma. Otto aree tematiche per un artista libero ed eclettico
È un progetto sviluppato attraverso 8 aree tematiche – Litografie; Manifesti; Poesia; Ceramiche; Derrière le Miroir; Pittura; Musica; Miró e i suoi amici – la retrospettiva romana che si propone di accompagnare i visitatori alla scoperta di un percorso artistico lungo circa 60 anni. Tra dipinti, litografie, stampe e ceramiche, sono circa 140 le opere in mostra che, provenienti per lo più da collezioni private italiane e francesi, coprono un vasto arco temporale, dal 1924 al 1981, per offrire, grazie anche ad esaustivi apparati esplicativi, una visione antologica dell’arte di Joan Mirò (Barcellona, 1983 – Palma di Maiorca, 1983) che, come scrive il co-curatore Sanfo: “É stato un artista onnivoro, pittore, scultore, ceramista, coreografo ma, soprattutto, ha coltivato una grande passione per la stampa calcografica che non ha mai cessato di realizzare, rimanendo per tutta la vita tra le sue grandi passioni, di cui ha esplorato tutti i suoi aspetti, significati, e potenzialità.”
Mirò: libertà e coerenza espressiva
Le sue sperimentazioni, come ben si evince dalle opere in mostra, spaziano dall’acquaforte alla litografia, dal carborundum al monotipo, in una continua ricerca di esperienze ed ispirazioni, dettate dal colore e dalla materia. Ed in questi continui cambiamenti, nel costante anelito ad andare oltre e sfidare il nuovo, ciò che ha permesso a Mirò di entrare a pieno titolo nel novero dei Grandi Artisti è stata la sua coerenza, ovvero l’intelligenza di non perdere mai, nonostante l’eclettismo, i suoi punti saldi, primi tra tutti: la capacità di immaginare e l’attenzione alla composizione. Le opere di Mirò, talvolta considerate come frutto dell’inconscio o come un rimando alla fanciullezza, hanno in realtà origini ben più profonde, nella misura in cui la sua ispirazione deriva sua rara capacità di astrazione dal mondo reale, ovvero: dalla sua capacità di immaginare.
Il ritmo interno delle composizioni di Mirò
Nei suoi lavori, anche quelli in cui mutua la tecnica del dripping, gli schizzi di colore non sono mai posti a caso ma seguono sempre un ritmo preciso, interno alla composizione che anche nelle opere grafiche, nate spesso di getto, è comunque presente. A riprova di quanto le opere, prima di essere impresse sul medium selezionato, lo fossero già nella mente dell’artista, c’è la sua attenzione a scegliere per la loro realizzazione, i migliori stampatori, come il noto Mourlot.
Mirò: artista non classificato
Tali caratteristiche rendono Mirò un artista difficilmente classificabile. E, forse, tra i tanti motivi fu anche per questo che ebbe tra i suoi più assidui sodali gli altri due grandi spagnoli trapiantati in Francia: Picasso e Dalì, con cui costruì un rapporto di amicizia e scambio, rappresentato in mostra da una sezione dedicata e, in particolare, da una toccante fotografia. Certo, rispetto a Picasso o a Dalì, Mirò non si distinse per l’aplomb istrionico ed estroso, ma per il suo sguardo sempre vivace e luminoso, capace di trasmettere anche dalle foto e nei momenti più drammatici, un inestinguibile speranza e una contagiosa Joie de vivre.
Ludovica Palmieri
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