I grandi maestri del Surrealismo sono in mostra a Parma 

Giorgio de Chirico, Leonor Fini, Alberto Savinio, Fabrizio Clerici. Ma anche Dalí, Magritte, Ernst e Miró: la Fondazione Magnani-Rocca inizia l’autunno con una grande mostra sul Surrealismo, a cent’anni dalla nascita del movimento

Uscendo dalle sale dell’esposizione temporanea che la Fondazione Magnani-Rocca dedica al Surrealismo in Italia ci si trova di fronte a uno dei grandi quadri che Füssli  ha dedicato a Shakespeare, rappresentando preferibilmente figure “straordinarie” di streghe ed elfi, appartenenti a un mondo “altro” rispetto alla quotidianità: qui, dipinto del 1793 che appartiene alla collezione permanente, c’è il fantasma del padre di Amleto, pallido dentro un’armatura, che appare al figlio e alla moglie Gertrude, andata presto in sposa a suo fratello Claudio, colpevole di averlo assassinato. Una potente immagine-sintesi, che correttamente Stefano Roffi ha posto così in vista e cita in apertura del suo saggio, il primo all’interno del catalogo, insieme a un’altra opera acquistata da Luigi Magnani, Enigma della partenza di Giorgio De Chirico (1914). Questo mentre si ricorda naturalmente la ricorrenza dei cento anni del Manifesto di André Breton, 1924, ora fulcro della vasta mostra al Centre Pompidou  dedicata proprio al centenario. 

Max Ernst, Divinité, 1940, olio su tela incollata su cartone © Max Ernst, by SIAE 2024
Max Ernst, Divinité, 1940, olio su tela incollata su cartone © Max Ernst, by SIAE 2024

Il Surrealismo e il subconscio 

Ma le due opere di cui scrive Roffi ricordano che gli artisti – pittori, poeti, romanzieri – hanno sempre intimamente saputo, e svelato in forme diverse, che l’esperienza della realtà è solo parziale, che esistono mondi segreti, nascosti, invisibili, che permettono di sperimentare, conoscere, sentire altro e oltre. E per quanto il miracolo, la magia – la sorpresa di accadimenti ritenuti logicamente impossibili – possano affascinare, si avverte l’intima certezza che il mistero pulsa all’interno dell’individuo. Hyde era parte di Jekill e tra l’uno e l’altro avrebbero potuto esistere innumerevoli creature intermedie. Freud aveva reso razionalmente comprensibile l’esistenza del subconscio, che doveva quindi avere esplicitamente diritto di svelarsi, mostrarsi, in tutte le forme e gli stili. Bisognava però offrirgli speciali modalità di presenza (gli automatismi, la scrittura al plurale), dando spazio all’irrazionale. Sapendo che è nel sogno, nell’esperienza onirica, che quel subconscio, tenuto per quanto possibile compresso durante il giorno, può agire autonomo, incontrollato, con una creatività senza confini nella notte, nel nostro sonno. 

Enrico Baj, Generale, 1975, acrilici e collage su tavola
Enrico Baj, Generale, 1975, acrilici e collage su tavola

Il Surrealismo in Italia in mostra a Parma 

Nel titolo della mostra alla Magnani-Rocca c’è “in Italia”: diversi quindi i percorsi possibili. Quando arriva l’onda culturale, di stimolo, dalla Francia? O, come spesso accade, c’erano già dei segni che, ancor prima dei Manifesti (al primo ne segue un secondo, nel 1930) indicavano questa direzione, il bisogno di dare spazio a quanto viveva in forme sotterranee, che premevano per uscire, per esprimersi in colore e in versi? Si può parlare di collezionismo italiano? Ed è possibile tracciare chiare linee di demarcazione tra dadaisti, simbolisti, neoromantici? Meglio ancora: quanto è perdurato il surrealismo, non tanto come movimento con i suoi principi quanto come input, invito ad accogliere intimità recondite, verità celate, oscurità profonde? Anche nella fotografia e nel cinema, arti che sembravano avere come primo compito proprio quello di riprendere la realtà. Ma l’oggettività evapora, lo scatto pronto a catturare anche quanto si rivela sbalorditivo proprio nel creare scarto, differenza, rispetto allo sguardo – e le riprese filmiche raccontano non-storie dove prevale l’imprevisto, muta il senso del tempo, si vanifica la relazione causa/ effetto. 

Le opere in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca 

Questi alcuni dei tanti quesiti affrontati da diversi punti di vista, storico, concettuale, dagli autori dei saggi nel catalogo, che sono anche uno stimolo a visitare in modo aperto la mostra con opere di Salvador Dalí, René Magritte, Max Ernst, Joan Miró, Marcel Duchamp, Man Ray, Yves Tanguy, Giorgio de Chirico  e il fratello  Alberto Savinio, Enrico Baj, Alberto Abate, Fabrizio Clerici, Leonor Fini, Arthur Nathan e molti altri. Con sezioni che vanno da “I maestri del Surrealismo” a “Le collezioni in Italia”, da “Un surrealismo italiano. Artisti visionari, fantastici e neo-romantici in Italia” a “Persistenze ed evoluzioni del Surrealismo nella scena artistica italiana degli Anni Cinquanta e Sessanta: dalla stagione informale alle neoavanguardie e oltre”, ma la riflessione si espande per coinvolgere il design (il subconscio delle cose!) e la moda. Un Surrealismo senza confini? Perché no? Né di tempo né di spazio. È il piacere della libertà nel suo svelarsi: Joan Mirò scrive della gioia “di scoprire quel che faccio dopo averlo fatto, di sentire che il senso e il titolo del quadro si gonfiano dentro di me a mano a mano che lo dipingo”. 
 
Valeria Ottolenghi 
 
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Valeria Ottolenghi

Valeria Ottolenghi

Studiosa e critico teatrale (numerose le pubblicazioni, saggi e articoli di riviste, regolari alcune collaborazioni), è Responsabile delle Relazioni Esterne ANCT, Associazione Nazionale dei Critici di Teatro. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti, ha lavorato per la scuola e l’Università, docente SSIS, insegnante…

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