L’Urlo di Munch arriva a Milano. Tutto sull’opera e sulla sua storia
Tra le opere esposte nella grande mostra su Munch a Palazzo Reale, c’è anche una litografia del celebre Urlo. In attesa di vederla dal vivo, ripercorriamo tutta la sua storia e il suo significato
Quando si parla di Edvard Munch (Adalsbruk, 1863 – Oslo, 1944), la mente lo collega subito all’opera più nota con cui è conosciuto: L’urlo. Quel dipinto giocato sul contrasto di colori e pennellate, che nella sua semplicità riesce a comunicare l’essenza del dramma e dell’angoscia comuni a tutto il genere umano. Un’immagine potentissima, ormai parte del patrimonio iconografico universale.
Malgrado tutti l’abbiano visto almeno una volta dal vivo o in foto, pochi possono dire di conoscere davvero a fondo L’urlo di Edvard Munch, con la sua ricca storia – dall’evento che lo ispirò, alle numerose versioni prodotte negli anni – e le sue interpretazioni. Cogliendo l’occasione offerta da Palazzo Reale, che porta a Milano una versione litografica dell’opera per la grande mostra sull’artista dell’autunno 2024, ripercorriamo qui tutto quello che c’è da sapere sull’Urlo. Dalla genesi, al significato, alle curiosità.
L’Urlo di Munch: l’antefatto dell’opera
Come era solito dire egli stesso: “i miei quadri sono i miei ricordi”. Ogni opera di Munch è espressione dei suoi sentimenti, e si intreccia da vicino con le sue vicende biografiche. La sua vita fu segnata fin dall’inizio da dolori e disgrazie che lo coinvolsero in prima persona – da piccolo perse la madre e una delle sorelle, morte entrambe di tubercolosi – il che spiega l’angoscia presente in molte opere.
Nel caso dell’Urlo, l’antefatto che fece da fonte di ispirazione fu una passeggiata, avvenuta intorno al 1889. Dalle memorie che l’artista scrisse in un suo diario, sappiamo esattamente che questi si trovava a camminare lungo un sentiero sulla collina di Ekberg, poco fuori da Oslo. Era in compagnia di due amici, quando si trovò testimone di uno scenario impressionante. Così lo descrisse nel poemetto scritto sulla cornice della versione del 1895: “Camminavo lungo la strada con due amici, quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”.
L’Urlo di Munch: la storia e le versioni dell’opera
Con il titolo L’Urlo indichiamo molteplici versioni dello stesso soggetto – tra dipinti, disegni, bozzetti e litografie, se ne contano una cinquantina – che fu più volte trattato da Munch. Se si considerano solo le opere principali, il gruppo si riduce a quattro. Il primo pastello su cartone risale al 1893, come anche il secondo esemplare a olio (quello più nota e conservato al Museo Nazionale di Oslo) di poco successivo. Nel 1895 ne fu invece realizzata una terza, con tecnica a pastello su carta, che è stata battuta all’asta nel 2012 da Sotheby’s per 120 milioni di dollari. L’ultima – una tempera su pannello – è del 1910. La prima comparsa in pubblico del dipinto avvenne solo nel 1902, in occasione della quinta edizione della Secessione di Berlino, suscitando tanto sconcerto quanto ammirazione presso il pubblico.
L’opera presentata nella mostra a Palazzo Reale a Milano è un ulteriore esemplare: una litografia monocromatica in prestito dal Museo Munch di Oslo, che riproduce fedelmente la versione del ‘95.
L’urlo di Munch: il significato dell’opera
La scena, legata come già detto a un evento personale dell’artista, rappresenta un soggetto dai lineamenti serpentiformi, che grida, esprimendo un dolore che si estende a livello universale. Colpiscono subito i suoi lineamenti inquietanti: un volto calvo, languido, con le mani che premono ai lati, come per amplificare ulteriormente la potenza dell’urlo. Narici ridotte a fessure, e una bocca spalancata che fa da fulcro del dipinto, creando un senso di disarmonia e squilibrio. Si pensa che la fonte iconografica per questa figura fosse stata una mummia peruviana originaria di Cuzco, vista probabilmente al Museo del Trocadero di Parigi.
Il cielo rosso fuoco e il mare buio pesto sono partecipi dell’inquietudine del protagonista: è la natura intera che condivide il malessere di Munch, comune anche agli uomini della sua epoca. Si tratta di una rappresentazione del pessimismo di fine ‘800, associato alla perdita di certezze sulla propria invincibilità, e al diffondersi degli studi freudiani sulla psiche e l’inconscio.
L’urlo di Munch: uno stile semplice ma efficace
Il valore artistico dell’Urlo di Munch è sicuramente legato alla tecnica con cui è stato dipinto. Pochi tratti, ma studiati attentamente, che comunicano in modo efficace il messaggio di disperazione. Tutto è giocato sul contrasto di linee e colori. Osservando attentamente l’opera, si nota che tanto la figura urlante, quanto la natura del cielo e del mare che è compartecipe del dolore, sono rese con pennellate curve e morbide. Molto diverse da quelle rigide e verticali della ringhiera del sentiero e dei due uomini in fondo a sinistra. Questi ultimi – nel loro distaccarsi e isolarsi rispetto al grido dell’artista – simboleggiano la condizione dell’uomo borghese, insensibile e cieco davanti a questa espressione di disperazione.
Con questa ulteriore lettura in mente, l’Urlo si carica ancora di più significato e si chiarisce il motivo del valore che lo circonda. Un valore intuibile davanti a ciascuna sua versione: dal celebre olio di Oslo, alla litografia che attende in mostra a Milano.
Emma Sedini
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