Al Guggenheim di Bilbao una grande mostra sulla parabola artistica di Hilma af Klint
Dopo quasi un secolo, l’artista – sciamana più visionaria del primo Novecento che fece dell’arte uno strumento per esplorare la trascendenza, riceve il riconoscimento che merita con una monumentale retrospettiva al Museo Guggenheim di Bilbao
Una sciamana oltre che un’artista. Ciò che nelle opere di Hilma af Klint (Stoccolma 1864 – 1922) si potrebbe leggere come un’anticipazione dell’astrattismo, per lei era simbolismo, un mezzo per veicolare un messaggio, ai suoi occhi verità assoluta. Erano gli anni a cavallo tra XIX e XX Secolo, quando Hilma af Klint, travolta dalla rivoluzione scientifica e industriale, cominciò a fare arte, adottando uno stile avanguardistico, caratterizzato da immagini potenti, colori audaci e un’articolata simbologia.
La mostra di Hilma af Klint al Guggenheim di Bilbao
Con circa 260 lavori, due curatrici (Tracey R. Bashkoff, direttrice Senior, Guggenheim New York, e Lucía Agirre del Guggenheim Bilbao) e un intero piano piano riservato, la mostra al Guggenheim di Bilbao costituisce la più grande retrospettiva mai dedicata a Hilma af Klint. “Artista, dimenticata all’indomani della sua morte e riscoperta solo recentemente”, ha dichiarato Ignacio S. Galán, Presidente di Iberdrola (promoter dell’evento) “anche per la sua esplicita volontà testamentaria di precludere le opere, per i vent’anni successivi al trapasso, ad un pubblico ritenuto non ancora pronto a sostenerle”. “Tanto che”, ha continuato Lucía Agirre: “l’opera di Hilma af Klint richiede ulteriori approfondimenti per essere pienamente decodificata; anche sulla base delle numerose testimonianze lasciate dall’artista affinché la sua ricerca potesse essere efficacemente recepita dai posteri”.
Il contesto storico e l’adesione allo spiritualismo di Hilma af Klint
Cresciuta all’insegna di un’accademica educazione artistica, Hilma af Klint, fu donna del suo tempo. Scossa dal progresso che consentiva di vedere ciò che prima non era neanche immaginabile, fece dell’arte lo strumento per guardare la realtà trascendentale. Per conciliare la visione scientifica con una lettura metafisica della realtà, in linea, con altri pensatori coevi, abbracciò lo spiritualismo e, nel 1896, con altre 4 donne, formò il gruppo Le Cinque (De Fem) per orientare spiritualmente il proprio cammino, personale e artistico. Sperimentò il disegno automatico, grazie al quale abbandonò i precetti accademici per adottare una semantica pittorica libera, basata su segni e simboli.
L’arte come una missione per veicolare una verità più grande
Nel 1903, ritenendo di essere stata eletta dagli spiriti per eseguirne le volontà, iniziò l’impegnativa serie dei Dipinti per il tempio. 193 dipinti eseguiti tra il 1906 al 1915, con una pausa tra il 1908 e il 1912, realizzati per gruppi secondo le precise istruzioni su argomenti e tempistiche impartite delle guide spirituali. Il gruppo, Caos Primigenio, si concentra sul concetto teosofico di vita come ricerca per ripristinare la primigenia unità, tema ripreso anche nella serie Eros, focalizzata sull’origine come fusione degli opposti. Nel 1907, sul medesimo tema realizzò altri dieci dipinti caratterizzati da riferimenti figurativi al maschile e al femminile. A seguire, andando verso una maggiore astrazione, l’artista dedicò un gruppo alla Stella a sette punte e un altro all’Evoluzione, concetto declinato in linea con le teorie di Rudolph Steiner – fortemente ammirato – più che con quelle di Darwin.
I Dieci più Grandi
“Realizzate tra il novembre e il dicembre 1907, spiccano dieci opere monumentali: il ‘Ciclo della Vita’ che”, come ha spiegato Tracey R. Bashkoff, “date le dimensioni, inconcepibili all’epoca se non per opere sacre, rappresentano un unicum assoluto. Il cui processo creativo, in tempera, rimane tutt’ora un mistero”. Dal punto di vista stilistico la grammatica visiva dei dipinti, nel procedere dall’infanzia alla tarda età, si asciuga, diventando gradualmente più sintetica e lineare; come per elevare la senilità a metafora di saggezza, rappresentata da colori chiari declinati nella purezza geometrica del quadrato. In sintonia con l’idea di evoluzione come maturazione dello spirito, propria della teosofia di Steiner.
La svolta di Hilma af Klint dopo il 1912
Il gruppo del Cigno, post 1912, presenta una maggiore libertà cromatica e compositiva, con forme più astratte. Come se, la pittrice avesse acquisito una certa indipendenza nel seguire le guide spirituali. Mentre, i riferimenti all’Art Nouveau nei dipinti afferenti a l’Albero della conoscenza, per quanto accattivanti non devono mai indurre a una visione ornamentale delle opere di af Klint, in cui, al contrario, ogni singolo elemento è presente sempre e solo in funzione del suo significato.
Con la serie della Colomba, af Klint recupera una simbologia cristiana. Tuttavia, nella rappresentazione del San Giorgio e il Drago, personificazione dell’artista, si potrebbe anche leggere una figurazione della sconfitta dell’irrazionale da parte della coscienza.
La chiusura del ciclo “I Dipinti del Tempio”
I Retabli, impreziositi da una foglia metallica, costituiscono la chiusura del ciclo, incarnandone la summa teorica. La Castità ne rappresenta il compendio, come se l’eros essenziale per innescare l’avvio del percorso, diventasse superfluo al suo termine, con il raggiungimento della piena saggezza, in una visione di matrice platonica della conoscenza.
Hilma Af Klint dopo il 1915 e il percorso di Bilbao
Dopo il 1915 Hilma af Klint si dedicò al ciclo Parsifal, nel cui percorso si identificava, e alla serie dell’atomo, considerato come una porta sul cosmo, per approdare, con la morte della madre, a una nuova fase, nel 1920. Opere geometriche in cui permane il tentativo di decifrare la relazione tra le forze spirituali. Dal 1922, sotto l’influsso di Steiner ritornò al figurativo con gli acquerelli Sull’osservazione di fiori e alberi per sperimentare il soprannaturale attraverso la natura. Con la tarda età, come prefigurato nei Dipinti del Tempio, si potrebbe dire che anche Hilma af Klint raggiunse una sorta di illuminazione espressa da un crescente abbandono al puro colore, lasciato libero di fluire sulla carta bagnata senza più alcun bisogno di argini o sovrastrutture.
Ludovica Palmieri
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