Falsi d’autore. Gli specialisti del Van Gogh Museum identificano tre pezzi non autentici

Tra le opere, conservate in collezioni private, c'è persino un dipinto venduto da Christie's per quasi un milione di dollari nel 2011, che era stato precedentemente autenticato dallo stesso museo olandese...

È con una dichiarazione sorprendente che il Van Gogh Museum di Amsterdam abbandona la sua (cinquantennale) politica di astensione sulla veridicità delle opere del maestro olandese. Attraveso uno studio da poco pubblicato, gli esperti del museo indicano infatti tre opere precedentemente attribuite a Vincent van Gogh, tutte conservate in collezioni private, come non autentiche: dei falsi, quindi, sfuggiti per anni alla rigida lente dei cataloghi ragionati.

Lo studio dei Van Gogh falsi

Sono stati tre specialisti del museo, Teio Meedendorp, Louis van Tilborgh e Saskia van Oudheusden, a riportare in uno studio (uscito sul numero di ottobre della rivista specialistica Burlington Magazine) come tre opere già accettate come autentiche e incluse nel catalogo del 1970 di Jacob-Baart de la Faille siano in realtà dei pezzi non originali. Non senza tensioni diplomatiche: tra le opere c’è persino un dipinto autenticato dal museo stesso, venduto da Christie’s per quasi un milione di dollari una quindicina d’anni fa.

interior of a restaurant falso photo van gogh museum amsterdam Falsi d'autore. Gli specialisti del Van Gogh Museum identificano tre pezzi non autentici
Interior of a Restaurant, falso. Photo Van Gogh Museum, Amsterdam

Il primo falso Van Gogh: pennellate, colori e soggetti fuori tema

La prima opera presente nello studio è Interior of a restaurant, per decenni considerata una seconda versione del più famoso Interior of the Grand Bouillon-Restaurant le Chalet, Paris (1887), conservato in una collezione privata: niente di strano per l’artista, che ha spesso realizzato diverse iterazioni dei propri dipinti. L’opera però, apparsa negli Anni ’50, era stata di recente sottoposta agli esperti del museo per una nuova autenticazione, che non ha mai ottenuto. Secolo loro, la pennellata “ampia e grezza” del dipinto non assomigliava affatto allo stile originale, e i colori non corrispondevano alla tavolozza dell’artista di quel periodo, complice un pigmento sintetico blu manganese brevettato solo nel 1935. A convincerli, infine, sono state le discrepanze tra i soggetti, in particolare i fiori: il primo raffigurava delle begonie tardo-autunnali mentre il secondo dei girasoli, che sarebbero stati fuori stagione al momento di realizzazione del primo dipinto, tra novembre e dicembre. Un errore plausibile, hanno riconosciuto gli esperti, se l’originale fosse stato ricopiato a partire da una foto in bianco e nero.

Vincent van Gogh, Interior of the Grand Bouillon-Restaurant le Chalet, Paris. Photo Van Gogh Museum Amsterdam
Vincent van Gogh, Interior of the Grand Bouillon-Restaurant le Chalet, Paris. Photo Van Gogh Museum Amsterdam

L’analisi delle opere (false) di van Gogh: il secondo caso

Il secondo caso segnalato riguarda Head of a woman, dalla tenuta del controverso mercante d’arte Gerbrand Visser, morto nel 2007. Il dipinto era stato autenticato dal Van Gogh Museum e pochi anni dopo, nel 2011, era andato in asta da Christie’s New York, dove era stato venduto per 993.250 dollari con il titolo di Head of a Peasant Woman with dark Cap. Ma come mai gli stessi specialisti avrebbero preso un granchio? Le cose, dicono, cambiarono quando agli esperti del museo fu chiesto di verificare un dipinto simile raffigurante una contadina di Nuenen, presentato da un proprietario francese nel 2019. Questo avrebbe spinto a fare una nuova ricerca tecnica su tela, gesso e applicazione della vernice, rivelando che il dipinto di Christie’s era un falso eseguito nei primi del Novecento.

Sulla sinistra, un dettaglio di Wood Gatherers in the Snow. A destra il falso acquerello. Photo Van Gogh Museum, Amsterdam
Sulla sinistra, un dettaglio di Wood Gatherers in the Snow. A destra il falso acquerello. Photo Van Gogh Museum, Amsterdam

Il terzo caso di falso van Gogh

Il terzo dipinto presentato nell’articolo, Wood Gatherers in the Snow (1884), era invece venuto alla luce nel 1912 e autenticato in base al catalogo del 1970 (che registrava una vendita dell’opera da Sotheby’s qualche anno dopo). Eppure nel 2020 gli esperti hanno ricusato l’acquarello riconoscendo da alcuni elementi la presenza della mano del contraffattore, che aveva lavorato a partire da una fotografia dell’opera pubblicata nel 1904. A tradire il falsario sono stati l’omissione di un lungo bastone verticale usato dai contadini del Brabante per trasportare fasci di legna sulla schiena, e il tetto della fattoria innevata sullo sfondo. Dettagli, che hanno significato tutto.

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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