Hokusai. Il fascino delle stampe giapponesi arriva a Pisa
Per tutti gli appassionati del genere, a Palazzo Blu apre le porte una grande mostra che raccoglie oltre 200 opere del maestro dell’Ukiyoe. Dalle vedute del monte Fuji alla serie sui Manga
Palazzo Blu di Pisa apre le porte a una grande mostra dedicata al maestro giapponese Katsushika Hokusai,definito “il Leonardo da Vinci dell’arte giapponese”. Il percorso espositivo si articola in otto sezioni, con oltre 200 opere esposte, portando a scoprire a fondo il massimo esponente dell’Ukiyoe, filone artistico legato allo stile di vita e ai gusti delle nuove classi emergenti dell’allora città di Edo, oggi Tokyo, che ha segnato l’apice dello sviluppo dell’arte tra 1600 e 1800 in Giappone.
Hokusai: il maestro dell’Ukiyoe e i suoi allievi
Insieme a quello di Utamaro e di Hiroshige, fu il lavoro di Hokusai (Edo, 1760 – Tokyo, 1849) a offrire maggiori spunti creativi agli artisti e agli intellettuali europei dell’Ottocento, che diedero avvio al movimento del giapponismo.
Accanto alle sue opere, sono presentati anche i lavori – in xilografia e pittorici – dei suoi allievi più vicini, tra cui Hokkei, Gakutei, Hokuba, Ryūryūkyō, nonché della figlia Oi.
Foretoken di Ikeda Manabu, che riprende la Grande Onda, colpisce per il forte impatto visivo che emana: un universo apocalittico e poetico insieme, destinato a sommergersi e naufragare. Visto da una prospettiva distanziata, si presenta appunto come una grande onda; avvicinandosi, acquista un nuovo significato. Lo studio del dettaglio arricchisce di nuova linfa l’opera, portando lo spettatore ad amalgamarsi e riconoscersi in ciò che è rappresentato.
I luoghi del Giappone di Hokusai a Palazzo Blu di Pisa
La mostra inizia con la produzione più celebre di Hokusai, le stampe di vedute di luoghi celebri (meisho) destinate al vasto mercato: templi, ponti e cascate, oltre a libri illustrati (eh on) che documentano le prime vie di collegamento interne del Giappone – come il Tōkaidō – e gli scorci iconici della capitale amministrativa shogunale di Edo. La capacità dell’artista di studiare ogni minimo dettaglio è disarmante.
A seguire, si ammira una produzione che sfocia nella serie delle famose Trentasei vedute del monte Fuji, realizzate tra il 1830-32 in 46 fogli, a cui appartiene l’immagine del Fuji rosso e della Grande onda che l’ha consacrato al pubblico.
Nella stessa sala troviamo i tre volumi delle Cento vedute del Fuji, stampati in solo inchiostro nero nel 1834, che aprono proprio con la figura della dea del monte Konohanasakuya hime no mikoto e contengono il testamento artistico di Hokusai, firmato Manji il vecchio pazzo per la pittura. E c’è anche un album di epoca Meiji mai esposto prima d’ora.
Il Fuji non è solo la montagna vulcanica più alta del Giappone, ma è considerato il luogo sacro degli dèi secondo il pensiero religioso shintoista, tanto che in epoca Edo si sviluppò un vero culto popolare che incentivava i pellegrinaggi al monte e la costruzione di piccoli Fuji anche dentro le città, per chi non poteva recarvisi di persona.
I Manga di Hokusai a Palazzo Blu a Pisa
La sezione successiva presenta i Manga, letteralmente: “Schizzi sparsi”. Si tratta di quindici volumi pubblicati in inchiostro nero (con solo qualche tocco rosato) a partire dal 1814 e conclusi dopo la morte di Hokusai con il quindicesimo libro pubblicato nel 1878. Hokusai li realizzò con il nome d’arte di Taito; su trattava di manuali che offrivano disegni sul classico soggetto di fiori e uccelli (kachōga). Questi facevano da modelli e motivi decorativi per artigiani, applicabili nel settore tessile, della lacca, della ceramica, del metallo.
Colpiscono poi i Shunga, letteralmente: “immagini di primavera”, rappresentazioni erotiche che circolava sottobanco, aggirando la censura governativa. Si trattava di stampe policrome vendute in serie di fogli sciolti, rilegate in album da dodici, di libri illustrati e rotoli dipinti, da guardare in privato, srotolandoli lentamente. Tra i libri illustrati e gli album più belli vi sono i tre volumi Spasimi d’amore (Kinoe no komatsu) del 1814, famosi per l’immagine amorosa della pescatrice di perle e il polipo gigante, e l’album in dodici stampe policrome con aggiunta di colori a mano intitolato Pivieri sulle onde (Nami chidori), realizzato intorno al 1810-1819 e ristampato in continue edizioni con colori diversi. Coppie dai corpi colossali aggrovigliati, intenti in amplessi amorosi romantici e infedeli, etero e omosessuali, in cui le parti genitali sono in evidenza e di proporzioni enormi. L’atto sessuale non risulta volgare, ma al contrario affascina per la straordinaria ricerca al dettaglio.
Letteratura e poesia nelle opere di Hokusai
Da qui, la mostra prosegue con una selezione di opere legata a temi e personaggi letterari e poetici. In particolare, vengono presentati esempi da due serie: Specchio dei poeti giapponesi e cinesi – dedicata ai cento grandi poeti classici – e Cento poesie per cento poeti in Racconti illustrati della balia, che mostra una scelta coloristica nuova, ispirata ai versi della raccolta poetica che fu anche l’ultima serie progettata da Hokusai, prima di dedicarsi principalmente alla pittura.
Una grande sezione è dedicata ai Surimono, biglietti augurali, d’invito e pubblicitari, creati per eventi, ristoranti, incontri letterari, di massima raffinatezza tecnica, prodotti in edizioni limitate. Caratterizzati da illustrazioni di grande eleganza, arricchite da pigmenti d’argento e oro o dalla stampa ricavata a secco, includono testi e poesie che esplicitano il loro scopo.
I rotoli dipinti di Hokusai in mostra a Pisa
Il percorso si chiude con una selezione di rotoli dipinti a mano che rappresentano l’abilità di Hokusai nel tratto, il continuo cambiamento nel trattare i suoi soggetti, ma anche un mutamento a livello di soggetti. Si denota la libertà espressiva e la sua sensibilità verso i materiali e il colore. In queste opere emerge chiaramente il suo pensiero religioso e scaramantico, con la presenza di animali leggendari, portafortuna, come galli, draghi, tigri, ritratti di poeti, oltre a immagini del sacro monte Fuji, a cui era devoto.
Giada Fanelli
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