A Milano arriva il fascino surrealista della pittrice Leonor Fini

Enigmatica, seducente, amante dei travestimenti. Palazzo Reale si prepara ad ospitare una grande mostra dedicata a Leonor Fini, la “furia italiana a Parigi”, come la definì Max Ernst. Ecco tutta la sua storia

Max Ernst la definì la “furia italiana a Parigi”. Questo basta a far intuire il temperamento di questa donna del Novecento. Dotata di grande fascino e spiccata immaginazione, Leonor Fini è passata alla storia per le sue opere enigmatiche, che fondono SurrealismoPreraffaellismo e suggestioni rinascimentali. In uno scenario artistico dominato da uomini, riesce a imporre la sua personalità stravagante, lavorando come pittrice e non solo: si ricordano anche le sue creazioni come designer, illustratrice e costumista. Quando, nel 1931, approda a Parigi, entra subito nell’élite artistica più seguita. Conosce da vicino Ernst, Dalì e gli altri del Surrealismo, senza però confondersi completamente con loro. La sua linea è autonoma e determinata a mettere la donna al centro del suo immaginario misterioso. Palazzo Reale, per la stagione espositiva primaverile che prende avvio a fine febbraio 2025, dedica una grande mostra per scoprire la sua figura – ancora poco nota al pubblico milanese – approfondendo il legame tra Leonor Fini e i grandi Surrealisti.

Enrico Colombotto Rosso con Léonor Fini, 1958. Photo André Ostier
Enrico Colombotto Rosso con Léonor Fini, 1958. Photo André Ostier

Chi è Leonor Fini

Un’infanzia tormentata

Nata in Argentina, da padre di origini beneventane trasferitosi lì da tempo e madre triestina, Leonor Fini (Buenos Aires, 1909 – Parigi, 1996) vive un’infanzia piuttosto tormentata. I genitori si separano prestissimo, già nel 1909, e lei si trasferisce a Trieste con la madre, a casa di uno zio. La bimba diventa oggetto di una vera contesa: il padre tenta più volte di riaverla con sé, provando addirittura a rapirla. Forze spese invano: l’astuzia materna escogita efficaci travestimenti, che salvano la piccola Lolò – così era soprannominata – dal dover tornare a Buenos Aires. È qui, in queste “mascherate” infantili, che molto probabilmente nasce la passione di Fini per i costumi: sarà lei stessa a disegnarne tantissimi in futuro. 

La formazione triestina

La giovinezza di Leonor Fini trascorre in territorio triestino – allora fervente centro culturale – in cui si radunano intellettuali di ogni ambito. A insegnarle i primi rudimenti di pittura è un certo Edmondo Passauro, ritrattista e pittore locale. Sono anche gli anni del Ventennio fascista; dopo essere diventata amica di Ernesto Nathan Rogers e Carlo Sbisà, prende parte alla Seconda Esposizione del Sindacato Fascista di Belle Arti. Trieste è anche in luogo in cui conosce l’artista originaria di Praga Felicita Frai, collaboratrice di Achille Funi.

Il periodo milanese

Grazie al contatto con Achille Funi, Fini scopre Milano, trasferendovisi a fine Anni ‘20. Nel 1929 espone nella galleria di Antonio Barbaroux e poco dopo partecipa alla Seconda Esposizione del Novecento alla Permanente. La città conserva ancora oggi una grande testimonianza pubblica dell’opera di Leonor Fini: il pavimento della Triennale raffigurante la Cavalcata delle Amazzoni, realizzato assieme ad Achille Funi.

Il successo a Parigi

La città più stimolante per l’estro creativo dell’artista è senza dubbio Parigi, dove si stabilisce dal 1931 e un anno dopo espone alla Galerie Bernheim in occasione della mostra 22 artistes italiennes modernes. Lo stesso anno, il nome di Leonor Fini compare assieme a quelli degli amici e colleghi – anche loro italiani a Parigi – De Pisis, Campigli, de Chirico, Garbari e Severini alla Biennale di Venezia. È proprio nella Ville Lumière che conosce colui che diventa ben presto suo amante e compagno di vita: il giovane scrittore André Pieyre de Mandiargues.

Copertina di Harper Bazaar, Giugno 1947. Courtesy Harper Bazaar
Copertina di Harper Bazaar, Giugno 1947. Courtesy Harper Bazaar

L’incontro con il Surrealismo e il viaggio a New York

Nel 1933, anche Max Ernst si aggiunge alla cerchia di amicizie di Leonor Fini, e con lui la pittrice scopre l’ambiente surrealista, a cui si sente molto affine per stile e soggetti realizzati. È in questo periodo che la sua produzione cambia, introducendo le figure enigmatiche della donna-sfinge, che popoleranno gran parte della sua produzione successiva.  
Con Max Ernst l’artista viaggia per la prima volta in America: arriva nella grande e frizzante New York, dove espone alla Galleria di Julian Levy e si avvicina al MOMA, conoscendo l’allora direttore Alfred Barr. Il suo nome corre veloce, diffondendosi anche nell’ambiente dell’alta moda. Attraverso Christian Dior, Leonor Fini inizia a collaborare con la stilista Elsa Schiaparelli, per cui disegna un’iconica boccetta di profumo a forma di busto femminile: il profumo Shocking.

Gli anni della Guerra e dell’incontro con Lepri

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Fini abbandona Parigi – all’epoca invasa dai Nazisti – per riparare a Montecarlo. Lì incontra Stanislao Lepri, allora console in missione per conto di Roma, il quale rimane così affascinato dalla personalità dell’artista, da abbandonare tutto e darsi anche lui alla pittura. Diventerà anche lui un surrealista di particolare talento, sebbene poco noto al grande pubblico. 
Con Lepri, la giovane inizia una convivenza di vita e di lavoro, che si estende presto a un terzo intellettuale, il polacco Konstantin Jelénski. Siamo negli Anni ‘30 e ‘40: periodo di fervida attività, in cui sperimenta e fonde diverse suggestioni pittoriche. Nei suoi dipinti femminili c’è sì del Surrealismo, ma anche citazioni rinascimentali che arrivano fino a Tiziano e Arcimboldo. 

Tra Roma e feste in maschera

Al seguito di Lepri, torna in Italia, a Roma, dove stringe nuove amicizie stimolanti con Luchino Visconti, Carlo Levi, Elsa Morante e Alberto Moravia. È però il pittore Fabrizio Clerici, quello a cui si lega di più, con una vicinanza che si riflette nelle loro produzioni artistiche. 
La creatività di Leonor Fini si inizia poi a esprimere in campo di maschere e costumi: sono moltissimi i balli e le feste a cui prende parte, sfoggiando ogni volta un abito diverso da lei stessa disegnato. Celeberrimo è il grandioso Ballo del Secolo, svoltosi a Venezia a Palazzo Labia, la dimora sul Canal Grande del conte Carlos de Bestegui. Un evento epocale, a cui partecipa tutta l’aristocrazia europea più in vista. Per l’occasione, Fini indossa uno splendido costume da angelo nero. L’amicizia con Clerici continua, e così la sua attività artistica, che nella seconda metà del secolo prende la strada prevalente della ritrattistica.

Preraffaellismo e ultimi anni

Una nuova svolta giunge nel 1971, alla morte della madre, con cui l’artista aveva da sempre avuto un legame quasi morboso. La scomparsa si ripercuote nella pittura, che assume toni più introspettivi, vicini al Preraffaellismo e alle atmosfere evocate da Füssli e William Blake. Nelle sue opere emergono le sfingi, accostate a figure inquietanti ed erotiche. Poco si sa degli ultimi anni: ritiratasi a vita privata in Francia, muore nel 1996. 

Leonor Fini, Autoritratto - Dama dal cappello rosso, Museo Revoltella. Courtesy Museo Revoltella
Leonor Fini, Autoritratto – Dama dal cappello rosso, Museo Revoltella. Courtesy Museo Revoltella

La pittura Leonor Fini tra sogno, sfingi e Surrealismo

Guardando a tutta la produzione artistica di Leonor Fini, è innegabile un costante riferimento al Surrealismo. Il movimento fondato da Breton le è infatti vicino fin dall’inizio, senza mai lasciarla, forte dell’amicizia stretta con i suoi membri. Ma la sua pittura non è solo questo: guarda anche ad altro, al Rinascimento, all’Ottocento inglese, e dà vita a un immaginario di creature fantastiche uniche nel loro genere. 

Sogno e Surrealismo

L’approccio surrealista di Leonor Fini ha una sua sfumatura originale, che si distingue per essere orientata soprattutto al sogno. Sono oniriche le sue figure femminili, spesso circondate da un bestiario fantastico e inquietante. 

Gatti, sfingi e creature fantastiche

Protagoniste della scena diventano a un certo punto le sfingi. A metà tra donne e felini astuti, che ammaliano e seducono l’uomo con la loro bellezza. La ricorrenza di questi soggetti spinge a credere che l’artista si identifichi con loro, eleggendole a sua immagine doppia ed enigmatica. 
A popolare i dipinti di Fini c’è poi un ricco bestiario, spesso dai rimandi erotici, caratterizzato da una forte presenza felina. I gatti: animali da lei prediletti, che la accompagnano tanto nella pittura, quanto nella vita. Si racconta infatti che, nel periodo di convivenza con Lepri, ne avesse in casa moltissimi.

Leonor Fini, Autoritratto con scorpione
Leonor Fini, Autoritratto con scorpione

Leonor Fini a Milano a Palazzo Reale

La grande mostra in programma a Palazzo Reale si propone di riscoprire il ruolo di Leonor Fini come donna chiave del Novecento. Con il contributo degli ultimi studi sul suo conto, il percorso ne restituisce al pubblico un’immagine aggiornata, che la mette in relazione con questioni e pensieri che travalicano i tempi. Le sue opere – e la sua vita stessa – portano a riflettere su temi contemporanei, quali le dinamiche di genere, di identità e la femminilità. A fare da filo conduttore e da titolo del progetto è la sfinge, quale soggetto chiave della poetica dell’artista e che ben ne esprime l’atteggiamento mutevole e multiforme riscontrabile tanto nei dipinti quanto nella sua storia. 

Emma Sedini

Libri consigliati:

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

Scopri di più