Roberto Matta. Un grande artista del Novecento da riscoprire nella sua Venezia

Legato alla Laguna fin dal 1948, anno della sua prima Biennale, il nome di Roberto Matta è connesso tanto a quello di Picasso, quanto a Francis Bacon e all’attivismo contro la guerra e la violenza. A Ca’ Pesaro c’è un’imperdibile occasione per conoscere tutta la sua produzione

Era dalla grande mostra al Centre Pompidou del 1985, che si attendeva una vera retrospettiva di Roberto Sebastián Antonio Matta EchaurrenRoberto Matta. 1911-2002, a Ca’ Pesaro, a Venezia, propone finalmente uno sguardo complessivo su un lavoro ricchissimo, articolato in disegni, sculture, oggetti di design e dipinti.

Roberto Matta e Venezia

Venezia è contesto ideale dell’evento: la città lagunare ha, difatti, accolto Matta (Santiago del Cile, 1911 – Civitavecchia, 2002) sin dal suo arrivo in Italia, alla Biennale del 1948. Si era all’indomani della rottura con il gruppo surrealista, l’artista si era appena lasciato alle spalle New York, ma aveva mantenuto un legame con l’amica e mecenate Peggy Guggenheim, che lo ospitò nella residenza veneziana. Nel 1953 la Galleria del Cavallino gli organizzò una personale nella Sala Napoleonica del Museo Correr. Era un periodo di rinascita per l’artista, che aveva preso a dipingere un ciclo di albe, tele riverberanti di una luce enigmatica e germinale.
Alba sulla terra (1952) fu acquisita dal Comune di Venezia per Ca’ Pesaro. Venezia vanta poi una seconda opera di Matta, Composizione (1950). Presenza purtroppo inconsueta nelle collezioni pubbliche italiane. Tale penuria che spiega come mai un autore così importante nello scenario internazionale non goda nel nostro Paese della fortuna che merita. 

Roberto Matta. 1911 - 2002, installation view at Ca' Pesaro, Venezia, 2024. Photo Irene Fanizza
Roberto Matta. 1911 – 2002, installation view at Ca’ Pesaro, Venezia, 2024. Photo Irene Fanizza

Il progetto espositivo della mostra di Roberto Matta a Ca’ Pesaro a Venezia

La citata Alba sulla terra è un caposaldo della retrospettiva, che non è ordinata su un asse rigorosamente cronologico, ma offre, comunque, uno sguardo panoramico su settant’anni di attività: dagli esordi negli Anni Trenta sino al XXI Secolo.
L’allestimento prende le mosse da Coïgitum (1972), una tela larga dieci metri. Questa sorta di murale, d’ascendenza messicana, è un viaggio all’interno di una spazialità mai prospettica e tuttavia sprofondante in una pluralità di dimensioni, popolate da macchine organiche. Il confine stesso tra interno ed esterno si fa labile e opinabile: il nemico ci riguarda in modo perturbante. Siamo a Venezia e viene da pensare ai teleri di Tintoretto, ad atmosfere liquide, ad architetture oniriche e desideranti.

L’impegno civile di Roberto Matta nella mostra a Venezia

Il percorso prosegue con un focus sull’impegno civile dell’artista di Santiago del Cile. Una sensibilità che rimase costante, ma che fu particolarmente intensa nel periodo francese. Matta si trasferì a Parigi nel 1954, in concomitanza con la Guerra d’Algeria, e prese posizione contro il conflitto coloniale e, più tardi, a favore del Maggio ‘68. La Question (1958) è opera cruda: il torturatore è ingranaggio di un dispositivo disumanizzante. Matta aveva esortato Pablo Picasso a concludere Guernica (1937), che indubbiamente amava e che avrebbe echeggiato in altri lavori, ma in questo caso l’accento cade sulla banalità del male, sulla meccanica che annichilisce ogni forma di empatia. Ancora tele militanti sono Les Juges partent en guerre (1967), feroce satira contro la subordinazione della magistratura alla repressione gaullista, e La Chasse aux adolescents(1968), una denuncia della violenza poliziesca contro i manifestanti.

Il design di Roberto Matta nella mostra a Venezia

La mostra allarga l’inquadratura sul lavoro del maestro, con una sala dedicata al design. Giovane architetto, Matta aveva esordito presso lo studio parigino di Le Corbusier e, in mostra, è possibile ammirare progetti per divani d’ascendenza daliniana. Rimarchevole il collage Fauteils souples pneumatique. Project d’architecture(1936), ma ci sono anche sedute, realizzate con bidoni di recupero (Margarita, 1969), spia di una precoce sensibilità per temi ambientali.
Merito della mostra è l’aver sottolineato motivi e linguaggi di stretta attualità, che Matta ha saputo anticipare. Oltre all’impegno civile ed ecologico, colpisce la propensione per una dimensione fantascientifica, che si esprime in un’allucinatoria narrazione distopica. Il pittore si faceva così erede di scrittori visionari, come Alfred Jarry, Jonathan Swift o Charles Howard Hinton.
Nella sezione dedicata al design si deve menzionare Museros (1969), frutto della collaborazione con la Fucina degli Angeli. Un laboratorio muranese celebre per le feconde collaborazioni con artisti affascinati dalle possibilità espressive proprie del vetro. Museros è erotica, ironica e sacrale allo stesso tempo, e segna un ulteriore legame tra l’esposizione e Venezia.

Roberto Matta e il suo teatro umano

Il percorso espositivo apre finestre su un artefice proteiforme, che guardava a Picasso (si veda El Burundu Buranda ha muerto, 1975) e che, parimenti, dialogava con Francis Bacon, notevole il trittico Todo empieda con un beso (1980).
Dipinte negli anni Ottanta, Simposio e Composio (1982) e Source de Bourse (1986) appartengono a un ciclo di tavolate con maschere di una tragicommedia. Vanno in scena figure cavate da un serbatoio di personaggi che, con il trascorrere del tempo, hanno acquisito ontologica solidità.>
Con uno stile che fa cortocircuitare memorie di idoli precolombiani e tecnica fumettistica, Matta ha costruito un teatro umano, svincolato da moda, dalla cronaca e dotato, per contro, di una poetica autonomia.

Le ultime opere di Roberto Matta in mostra a Venezia

La mostra termina con una sala dedicata agli Anni Novanta, testimonianza della capacità dell’artista di rinnovarsi, pur mantenendosi fedele a un percorso pluridecennale. Vertige du doute (1991) coniuga una felicità gestuale e un piacere della materia, che si cristallizzano in una danza sul crinale tra archetipi ancestrali, quasi graffiti, e una mai sopita vocazione astratta. Chiude il percorso Les photographes (2000), tela intrisa di sarcasmo nei confronti di una società vittima della logica dello spettacolo.

Antonio Rocca

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Antonio Rocca

Antonio Rocca

Antonio Rocca (Roma, 1971) è laureato e specializzato a Viterbo presso l’Università della Tuscia di Viterbo, dove è stato anche cultore della materia di Museologia e responsabile arte del Museo Laboratorio delle Arti Contemporanee. Docente di Storia dell’arte ed Estetica…

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