La mostra sul Futurismo a Roma è piena di prestiti saltati e “presenze false” di opere
Confrontando le liste dei trasporti e delle opere (in teoria) esposte sul sito del MiC con il catalogo e con quanto effettivamente presente nella mostra alla GNAMC, lo storico Giancarlo Carpi fa luce su tutti gli errori e le incongruenze
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Pochi giorni fa è stata pubblicata su Il Giornale dell’Arte una stroncatura della mostra Il Tempo del Futurismo alla GNAMC scritta da Fabio Benzi. L’autore segnalava in particolare alcune (quattro) irregolarità di datazione di opere esposte (nell’ordine a volte di 40 anni). Come sottolinea il Corriere della Sera “l’attribuzione di una data certa non è un’informazione indifferente, visto che è una delle variabili che incidono sulla valutazione [economica]”.
I problemi di datazione delle opere nella mostra sul Futurismo alla GNAMC di Roma
il discorso citato era intorno a Béguinage di Enrico Prampolini: “datato 1914 quando tutta la critica propende per una collocazione attorno agli anni Quaranta”, di cui sono proprietari Giancarlo e Danna Olgiati. Non troverete traccia di quest’opera nel catalogo monografico di Enrico Crispolti per la mostra a Palazzo dell’Esposizioni 1992, né nell’ultimo libro di Giovanni Lista su Prampolini: l’artista la fece negli Anni ‘40 e la datò Anni ‘10 per far vedere che già allora si occupava di polimaterismo. Nella mostra del Centenario a Palazzo Reale a Milano, 2009, l’opera aveva il punto interrogativo per quel che riguarda la datazione. Aggiungo che, nel caso in cui l’opera venga datata consapevolmente in modo sbagliato, si potrebbe configurare una truffa. Non sembra questo il caso, perché la risposta di Gabriele Simongini (curatore della mostra) è arrivata puntuale il 20 gennaio sulla stessa rivista. Il fatto veniva derubricato in questo modo: “Non entro, perché questa non è la sede adatta, negli eventuali problemi di datazione o titoli evidenziati dal collega per 3-4 opere” e poi ancora “nessuno nega a priori che possa essere stata compiuta qualche piccola imprecisione”. Questi fatti in realtà basterebbero da soli (senza il mare in cui sono caduti) a far traballare qualche poltrona.
Daniela Fonti, nel catalogo generale di Severini, scrive: “Una datazione di questa tela all’epoca futurista non è accettabile senza riserve”. La data così Dinamismo di Forma-Luce nello spazio 1913-14 (?). In mostra è datata 1912.
C’è però un altro problema di cui parla Simongini in risposta a Benzi: “abbiamo corretto proprio un suo errore restituendo il titolo originario di ‘Risveglio di primavera’ a un’opera di Balla della Collezione Biagiotti che proprio Benzi, per anni, ha pubblicato ed esposto come ‘Espansione di Primavera’, sbagliando anche la tecnica e perfino le misure che ora sono state corrette, per non parlare della datazione, che meriterà ulteriori approfondimenti”. La datazione, in mostra, è 1918, e Simongini ha appena detto che è dubbia. Con un giro retorico, ha provato ad attribuire la colpa dell’incertezza a Benzi; e questo mentre tale dipinto è in mostra alla GNAMC da oltre un mese e mezzo. E va ricordato anche che, da quanto affermato da Bilotti a più riprese, l’ultima parola sulle didascalie è di Renata Cristina Mazzantini e Massimo Osanna. Le datazioni dubbie sono stampate nel catalogo Treccani. Da aggiungere ancora un’altra cosa: l’opera è registrata nella lista di casa Balla nel 1993, prima non è documentata. Ma nel taglio di 250 opere non si erano tenute le più certe? Non c’erano proprio altri Balla più storici di questo tra le 250 opere? C’erano.
Le opere “saltate” nella mostra sul Futurismo a Roma
Sono intanto uscite su Repubblica e il Corriere della Sera, riprese anche da Artuu, notizie di opere non esposte ma riprodotte in catalogo e di opere esposte e non riprodotte in catalogo: nuove irregolarità che si assommano a quelle già denunciate. Analizziamole più da vicino e vediamone di nuove, nei documenti ufficiali. Nella lista opere per il bando pubblico di trasporti, emesso ad agosto, erano presenti una serie di opere che non ritroviamo nell’elenco di quelle esposte del MiC, pubblicata sul loro sito. La città sale di Boccioni da Brera, saltato perché da restituire il 7 dicembre, mentre la mostra ha inaugurato il 2. lo spiritello di Leonetto Cappiello: c’è ancora, ma se prima era “dalla Galleria Campari” ora lo si dà per proveniente “da collezione privata”. Hanno forse ritirato il prestito? Il Ritratto di FT Marinetti di Romolo Romani, saltato, era da Fondazione Salaris. Autoritratto allo specchio di Wanda Wulz, anche questo saltato e sempre di Fondazione Salaris. E l’Uscita dal teatro di Carrà della Estorick: forse saltato? Ora è infatti sostituito dal minore Sintesi di Caffè concerto. Si continua con Vortice di Giardino di Giacomo Balla (courtesy Galleria Russo): saltato o ritirato dal collezionista? = di Mario Gabino, dalla GAM di Torino, un altro saltato (motivo sconosciuto). La Danseuse (ballerina in blu) di Severini saltato; era un prestito trovato dalla direttrice dalla collezione di un noto industriale. A concludere Espansione Primavera di Giacomo Balla, di “cm 44,3×30,8”… nella lista opere esposte, la misura sparisce.
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Le false presenze di opere nella mostra sul Futurismo a Roma
Qui il punto generale è: quanti soldi di penale al trasportatore sono stati pagati per questi cambi in corsa?Nella lista opere esposte, pubblicata il giorno dell’inaugurazione nel sito del MiC, risultano opere che non sono nella mostra: Battaglia di Umberto Mastroianni, forse per il tema bellico?Bachi da Setola di Pascali, non so dire perché; Piero Gilardi, Sassi pulsanti di Piero Gilardi, forse tutto quel rosso sangue avrebbe dato fastidio? Senza titolo (Untitled) di Gilberto Zorio e uno dei tre su carta di Guido Strazza, non saprei dire il motivo. Ed eccoci all’opera di Lamberto Pignotti Ho conosciuto il capitale che è molto special, il mio tormento è il loro mito: rimozione ideologica per il tema anticapitalista. Poi ancora quella di Mario Gatti Testa di Guglielmo Marconi, per non esagerare. Una nota di colore ideologico: nella lista trasporti il manifesto di Marinetti e Masnata La Radia è indicato in questo modo: “Manifesto La Radia, che celebra l’invenzione di Marconi”. Si trattava in realtà di una rilettura sperimentale del mezzo di comunicazione. Il problema, comunque, è che la lista ministeriale, un documento ufficiale del Ministero, afferma cose false.
Le false presenze di opere nel catalogo della mostra
Passiamo a elencare quelle opere che sono nella mostra ma non sono nella lista ministeriale delle “opere in mostra”. Qui troviamo Mare di Pino Pascalj, Alberto Biasi, Cinereticolo Spettrale n 9 di Alberto Biasi e Divinità di Ettore Colla.
E poi al capitolo ampio delle opere o oggetti che sono nella mostra ma non sono nel catalogo: Antonio Rubino Sedia e Il bimbo buono di Antonio Rubino (Fondazione Wolfsoniana), forse per mia diffida su diritti d’autore. Gilet di Antonio Fiore, presente nell’infratesto di Francesca Barbi Marinetti invece che nelle opere esposte; Volto di Marinetti di Mino Delle Site, presente nell’infratesto di Gabriele Simongini ma non in mostra. Tutti i libri e i manifesti tranne Zang Tumb Tuuum e il Manifesto del Futurismo. Tutti gli autoveicoli. Tutti gli strumenti d’epoca tranne quelli marconiani e la Olivetti. Forme uniche della continuità nello spazio, esposto per 15 gironi circa. L’istallazione Magister Art. L’istallazione di Lorenzo Marini. Italia Balla di Luciano Fabro, Politipo 4 di Alberto Biasi e Deformazione assonometrica di Gabriele De Vecchi… hanno forse negato i diritti d’autore? Simultanina di Marinetti e Bruno Munari; Sinigallia di Ferruccio Scandellari. Non pervenuto il disco di Ugo Rondinone.
Per tutti questi casi, il problema è che nei cataloghi si mette sempre l’elenco delle opere esposte, anche se a volte – per problemi di budget – non si è potuto esporle davvero. Nella scheda del catalogo Treccani pubblicato nel sito del MiC, c’è scritto: “Il volume presenta un ricco apparato iconografico con le immagini delle opere esposte”. Ma è falso. E c’è di più: il problema è che a tutti i collezionisti e musei fu mandata una scheda di prestito dove c’era scritto al punto 8 “come desiderate essere menzionati nelle didascalie della mostra e nel catalogo?”.
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Le altre opere mancanti nella mostra sul Futurismo
Concludiamo con le opere che sono nella lista di quelle in mostra, non sono fisicamente esposte, ma risultano nel catalogo: una delle tre opere su carta di Guido Strazza; Senza titolo (Untitled) di Gilberto Zorio, Sassi Pulsanti di Piero Gilardi. E poi quella di Lamberto Pignotti Il mio tormento è il loro mito “ho conosciuto il capitale che è molto speciale, il mio tormento è il loro mito” e Senza titolo di Umberto Mastroianni (che non risultava nella lista opere ministeriale).
In questi casi, la situazione si fa ancora più grave perché se si riproducono nel catalogo di una mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (cioè al MiC) opere che non sono nella mostra, si ha potenzialmente una indebita valorizzazione delle opere stesse, come se fossero state esposte.
Tutto quanto detto fin qui io non l’ho solo osservato, ma anche riportato nell’integrazione all’esposto già depositato a novembre presso la Procura di Roma. Per chiudere, una nota di colore: dal 30 dicembre 2024 Il Giornale ha online un articolo dove c’è scritto, cito, “Piace a tutti la mostra di cui andava di moda parlare solo male. Fra tanti Balla, Russolo, sculture di Boccioni tra cui il famoso uomo che cammina, deformato dalla velocità, del 1913, intitolato Forme uniche della continuità nello spazio”. Peccato che sia anche questo falso, perché l’opera è stata ritirata da Bilotti due settimane prima. Ma non pare che la GNAMC abbia chiamato il quotidiano per fargli rettificare…
Giancarlo Carpi
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