Armonia e dissonanza. Una mostra per capire cosa è l’Orfismo parigino al Guggenheim di New York

Con oltre 90 opere nell'inconfondibile rotonda del museo, questa grande mostra esamina l’arte astratta dell'Orfismo esplorandone gli sviluppi a Parigi, e affrontando, tra gli altri temi, l'impatto di danza, musica e poesia sull'arte

All’inizio degli Anni Dieci le innovazioni apportate dalla vita moderna stavano modificando radicalmente le concezioni del tempo e dello spazio: così emerge l’Orfismo. Gli artisti legati all’Orfismo si cimentarono con le idee di simultaneità e velocità, come i Futuristi, e in composizioni caleidoscopiche, indagando le possibilità di trasformazione del colore, della forma e del movimento. Ora una grande mostra al Guggenheim di New York esplora, con oltre 90 opere nell’iconica rotonda del museo, l’arte astratta dell’Orfismo, esplorandone gli sviluppi a Parigi, e affrontandone l’impatto di danza, musica e poesia sull’arte.

Breve storia dell’Orfismo

Quando menzionò per la prima volta il termine “orfico” nella sua raccolta di scritti sull’arte pubblicata nel 1913, il poeta Guillaume Apollinaire invocò quattro pittori che rendevano immagini astratte attraverso il filtro di ciò che lui e altri identificavano come simultaneità, un concetto che equiparavano al ritmo rapido e ai progressi tecnologici della metropoli. Questi artisti – Robert Delaunay, Marcel Duchamp, Fernand Léger e Francis Picabia – rappresentavano efficacemente momenti multipli in singole composizioni. I loro soggetti spaziavano dal movimento fisico di figure umane appena percettibili che fumavano, bevevano o viaggiavano in treno ai ronzanti paesaggi urbani di Parigi. Delaunay, in particolare, si rivolse alla Torre Eiffel, trasformando la struttura in ferro battuto in un corpo attivato, quasi come se stesse camminando. Sebbene la Torre risalga all’Esposizione Universale del 1889, all’inizio degli Anni Dieci questa opera ingegneristica di dimensioni enormi era diventata una metafora ampiamente riconosciuta della modernità stessa. Le opinioni espresse da Apollinaire nella sua critica d’arte cambiarono frequentemente, e presto aggiunse alla rosa dell’Orfismo pittori che erano “giunti a una visione più interiore, meno intellettuale, più poetica dell’universo e della vita”.

L’Orfismo in mostra al Guggenheim di New York: Gleizes

Aperta fino al 9 marzo 2025, la mostra seleziona le opere di artisti come Robert Delaunay, Sonia Delaunay, Marcel Duchamp, Mainie Jellett, František Kupka, Francis Picabia e altri. Tra queste ne spiccano alcune di straordinaria importanza: la prima è Sul Brooklyn Bridge, di Albert Gleizes (1917). Dopo aver prestato servizio nell’esercito francese, Glezeis lasciò Parigi per sfuggire alla violenza della prima guerra mondiale. Viaggiò in Europa e all’estero, visitando New York nel 1915 e nel 1917. Colpito dall’architettura e dall’energia della città, il pittore annotò: “E i grandi ponti qui – sono ammirevoli come le più celebri cattedrali. Il genio che ha costruito il ponte di Brooklyn deve essere classificato accanto al genio che ha costruito Notre Dame de Paris”. Gleizes ha celebrato il famoso ponte come una prodezza della modernità, dipingendo diagonali dinamiche e dischi concentrici colorati per suggerire una complessa ingegneria e un traffico intenso. Le sue rappresentazioni di altre strutture a Brooklyn e Manhattan si prestavano a evocare l’esperienza sensoriale completa della metropoli in fermento.

Abstraction di Mardsen Hartley. Foto Francesca Magnani
Abstraction di Mardsen Hartley. Foto Francesca Magnani

L’Orfismo in mostra al Guggenheim di New York: Hartley

Altra straordinario quadro è Abstraction di Mardsen Hartley (1914), artista americano che si trasferì da Parigi a Berlino nel 1913 e qui sviluppò un linguaggio geometrico reso con colori non sbiaditi, ispirato in parte ai motivi delle insegne militari tedesche. Questa tela piuttosto singolare rivela l’impatto di diversi movimenti su Hartley, come il collettivo The Blue Rider, con il quale l’artista espone al First German Autumn Salon di Berlino del 1913, assorbendo gli insegnamenti di Vasily Kandinsky e Franz Marc in merito alle palette emotive e alle immagini astratte. All’inizio del 1914, a New York, Hartley vide anche i dipinti caleidoscopici dei Synchromists, artisti americani il cui stile si rifaceva all’Orfismo. Ssebbene inizialmente scettico nei confronti della pittura di Robert Delaunay, Hartley rimase colpito dalle opere orfiste dell’artista francese quando tornò a Parigi nella primavera del 1914. Realizzato probabilmente subito dopo questi viaggi, Abstraction ricorda gli ammassi luminosi e gravitazionali di forme circolari di Delaunay che salgono sul piano del quadro.

L’Orfismo in mostra al Guggenheim di New York: Delaunay

Infine non si può non citare, di Robert Delaunay, Primo disco (1912). Quando l’artista francese espone a Berlino al Primo Salone d’Autunno tedesco del 1913, include almeno una tela che rompe completamente con le sue precedenti esplorazioni di colore e forma. Oggi chiamato Primo disco, questo tondo presenta bande concentriche di tonalità sature che cambiano colore ogni quarto di giro e riempiono la tela dal centro alla circonferenza.

Francesca Magnani

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Francesca Magnani

Francesca Magnani

Francesca Magnani scrive e fotografa a New York dal 1997. Ha una formazione accademica in Classics e Antropologia alle università di Bologna, Padova, NYU; racconta con immagini e parole gli aspetti della vita delle persone che la toccano e raggiungono,…

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