La pittura poetica ispirata a Chagall di Silvana Weiller in mostra a Padova
Ad accomunarla al grande Marc Chagall c’è il legame e l’interesse artistico verso la cultura ebraica, che viene da lei reinterpretata con pari fantasia poetica. Questo si nota nella mostra, che propone inoltre una serie di suoi paesaggi e dipinti che tendono all’astrazione
Cultura e cosmopolitismo appartengono all’artista Silvana Weiller (Venezia, 1922 – 2022) fin dall’inizio. Quando a Venezia, giovanissima, frequenta la pittrice inglese Alis Levi, vede in lei la persona che le ha insegnato a “guardare”, e il fatto che il come si guarda sia importante per poter “vedere” davvero. Ora, è la città di Padova a renderle omaggio, con l’ampia mostra retrospettiva Silvana Weiller. Paesaggi e leggende organizzata dal Centro Culturale Altinate – San Gaetano.
Silvana Weiller e Padova
Silvana Weiller, veneziana di origine, è stata un personaggio di rilievo nella realtà artistico-culturale di Padova, dove si trasferisce nell’immediato Dopoguerra, nel corso degli Anni 50e e 60. In questa città ha la possibilità di dedicarsi con una certa continuità all’attività artistica, sviluppando un processo creativo che dalle prime manifestazioni figurative sfocia in un linguaggio sempre più smaterializzato.
Il progetto espositivo al Centro Culturale Altinate a Padova
Il progetto espositivo copre un arco di tempo che va dagli Anni Trenta del ‘900 agli inizi del nuovo millennio, con un centinaio di opere che propongono dipinti figurativi e astratti. Ma anche mini-disegni creati come divertissement, libri scritti e/o illustrati dall’artista, testimonianze cartacee del suo impegno come critica d’arte. In sintonia con il panorama culturale ebraico che ha fatto da sfondo alla sua vicenda umana e creativa. Il risultato? Una pittura sia aniconica, sia figurativa, che si propone come racconto e come affabulazione visiva. La scelta cade su pochi soggetti e sulla loro trasfigurazione: le fronde di un albero percepite dalla finestra di casa; la vivacità delle fiere e dei mercati a Prato della Valle, a Padova; le facciate delle vecchie case della stessa città e dell’isola di Murano. Riferimenti poetici, che hanno ispirato a Weiller, come appena accennato, opere sia figurative, sia assimilabili all’astrazione, o – ancora – impostazioni riconducibili alla scansione geometrico/informale.
Chagall e la cultura ebraica nell’opera di Silvana Weiller
Nella zona dell’Agorà, i curatori danno spazio alle tematiche riguardanti la cultura ebraica dell’artista. Questa è rielaborata mediante trame narrative di una certa originalità, ricorrendo ad enormi rotoli di carta, la cui lunghezza può toccare i quattro metri, ispirati ad episodi e personaggi di origine biblica. Sono creazioni inedite, fiabesche, ironiche, che riflettono un gioco serissimo, anzi profondo. Che si tingono di magico. Vedi le storie tratte da Giona, dalla regina di Saba, da Ester. Appare evidente l’influenza di Chagall. Ma il suo impianto favolistico nelle Weiller si umanizza. Acquista affabilità. Si italianizza, si venetizza -è stato detto – ricorrendo a scansioni pastose, malinconiche.
Il periodo figurativo di Silvana Weiller in mostra a Padova
Nei ballatoi intorno all’Agorà sono stati assemblati gli scenari a carattere ambientale, con soggetti che riecheggiano scorci naturali e urbani. Sono opere in cui gli impianti figurativi hanno una solida costruzione che non esclude la liricità della visione. Come in Paesaggio giallo del 1959, una sorta di muro dove il giallo tende a dilagare. Lo stesso giallo, che sembra virare verso il grigio, è intersecato da alberi sottili, dal fusto ondeggiante, grondanti di foglie accennate che interrompono la linearità del vedere. In Notturno veneziano, la schematizzazione verticale dei manufatti architettonici si accentua. Anche se a prevalere sono le cromie notturne, malinconiche.
La pittura aniconica di Silvana Weiller in mostra a Padova
Negli Anni Settanta, nella ricerca di Weiller soccombono le referenzialità descrittivo-narrative. Adotta composizioni che si inscrivono in un quadrato con linearità geometriche che si alternano a stilemi vicini all’informale. Con una precisazione. In questi lavori, nonostante la loro radicalità e la tendenza alla monocromia, sopravvivono frammenti di natura. Anche se la forma si frantuma in piccole unità. In altre parole, l’artista cerca di dare forma al dissolversi delle forme. Terra, Matericità, Spazialità rappresa degli anni Ottanta ne sono un chiaro esempio.
Fausto Politino
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