“Il nipote di Marinetti ha criticato la mostra sul Futurismo senza averla vista”. Parla il curatore Gabriele Simongini

“Come si può criticare una mostra senza averla neppure visitata?” Queste le parole con cui il curatore della mostra alla GNAMC, attualmente la più discussa (e visitata) di Roma, esordisce, rispondendo alle dichiarazioni del nipote di Marinetti

Dopo l’intervista a Leonardo Clerici MarinettiGabriele Simongini, curatore della mostra alla GNAMC Il tempo del Futurismo, chiarisce i reali motivi per cui il progetto di dedicare una sala a Filippo Tommaso Marinetti non ha avuto seguito. Partendo dal presupposto che, al di là di quanto sostenuto dal nipote dell’artista, l’intenzione della mostra è sempre stata quella di omaggiare Marinetti e di metterne in evidenza l’importanza. “Del resto”, afferma: “come si può criticare una mostra senza averla neppure visitata?

Intervista a Gabriele Simongini curatore de “Il tempo del Futurismo”

Ci può raccontare come si sono svolti gli eventi con Leonardo Clerici Marinetti? 
Certo, ci siamo incontrati il 28 marzo e lui mi ha mostrato i suoi libri e mi ha chiesto informazioni sulla mostra. Poi mi ha proposto di realizzare una sala FTM, ovvero dedicata a Filippo Tommaso Marinetti. Un ambiente configurato come una via di mezzo fra una sua interpretazione storico-artistica dell’opera di Marinetti e un’opera d’arte. Questo perché lo stesso Clerici si colloca in bilico tra la posizione di studioso e quella di artista. Io mi sono mostrato disponibile a visionare il materiale per valutarlo e a riferire la proposta alla direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Poi, per dovere di cronaca, devo aggiungere che, dopo avermi lasciato i libri in visione, ha precisato la fee richiesta per il suo contributo – risultato di anni di lavoro. Ora troverei di cattivo gusto quantificare, diciamo solo che era una richiesta molto più che “simbolica”, rivolta tanto alla Gnamc quanto al Ministero.

A quel punto lei ha chiuso i rapporti? 
Ancora no, perché volevo capire meglio la validità della proposta, quindi mi sono fatto illustrare le sue idee in merito alla sala. Tuttavia, quando si è mostrato intransigente su un eventuale progettualità condivisa, dicendo che non sarebbe stato disposto ad accettare alcun contributo critico e curatoriale, ho dovuto fare un deciso dietrofront.

Quindi ci sono state delle criticità da diversi punti di vista? 
Esattamente, perché oltre alla questione economica, l’ostacolo maggiore era di natura scientifica, dovuto alla sua “particolare” interpretazione di Marinetti. Un’interpretazione estrema, diciamo, molto personale e non condivisa da nessuno dei maggiori studiosi dell’artista. Il punto è che Clerici collega Marinetti all’islamismo; al Corano. Insomma, a mio parere, ma soprattutto secondo il parere di esperti, come: Giovanni Lista, Claudia Salaris e Gino Agnese, Clerici dà un’interpretazione forzatamente islamica di Marinetti. Ed anche la sala proposta, che mi sono fatto descrivere nei dettagli, era chiaramente orientata su questo filone islamico; con tappeti e tutta una serie di elementi molto discutibili, dal momento che rispondono a una sua personale interpretazione, che, penso, possa essere anche pericolosa nella sua radicalità.

Lei a quel punto come si è mosso? 
Ho mantenuto ancora una posizione aperta, manifestando però i miei dubbi circa la radicalità della sua visione e chiedendo di parlarne, di discuterne. Ma poiché lui mi ha risposto con un messaggio tranchant: “La mia sala FTM non può essere né discussa né criticata”, ho dovuto fare un passo indietro. In qualità di curatore della mostra ne ho la responsabilità scientifica e non era pensabile accettare delle condizioni simili peraltro a fronte di spese molto elevate. Perché, oltre alla fee e all’acquisto dei libri, aveva chiesto dei contributi per il restauro di alcuni mobili da esporre. Chiaramente, rendendosi conto lui stesso della rilevanza delle spese, si era detto disposto a rinunciare alla fee; ma a quel punto, al di là del costo, con Renata Cristina Mazzantini, direttrice del museo non ritenevamo più l’operazione sostenibile dal punto di vista scientifico. Anche perché, lo ribadisco, come confermato dalla maggior parte degli studiosi, per quanto Marinetti nacque ad Alessandria Egitto, si può considerare a pieno titolo di cultura francese, avendo anche lì frequentato la scuola dei gesuiti francesi.

Come ha recepito le critiche di Clerici alla mostra? 
Questo è un altro paradosso. La maggior parte delle critiche arrivano da persone che non hanno visitato la mostra, come lo stesso Leonardo Clerici che pare la visiterà l’ultimo giorno. Eppure, sostiene l’assenza di documenti su Marinetti. Quando invece in mostra sono esposti oltre 160 tra libri, riviste, manifesti e documenti, per la maggior parte di Marinetti. Tra cui: una rarissima versione originale di Zang Tumb Tumb. Adrianopoli ottobre 1912. Parole in libertàGuerra sola igiene del mondo, 1916; Elettricità sessuale, 1920. Poi ci sono dei ritratti di Marinetti fatti dagli artisti futuristi. E, in più, nell’installazione immersiva di Magister Art c’è addirittura la voce originale di Marinetti, pervenuta da una registrazione che ci ha fornito la nipote Francesca Barbi Marinetti. Inoltre, voglio ricordare, che la mostra è stata significativamente inaugurata il 2 dicembre 2024, giorno in cui sono stati celebrati gli ottant’anni dalla morte dell’artista, su cui, a ben vedere, è incentrato il progetto.

Gabriele Simongini
Gabriele Simongini

Secondo lei esiste un erede spirituale dell’artista?
Marinetti ha otto nipoti, noi siamo stati supportati a livello scientifico da Francesca Barbi Marinetti, che si è interessata sempre alle opere del nonno e, per noi, ne rappresenta la famiglia.

Al di là delle critiche, come sta andando la mostra? 
Devo dire che è un grandissimo successo, infatti è stata prorogata fino al 27 aprile, e già ad oggi, è arrivata ai centomila visitatori. Un record che la Galleria Nazionale non raggiungeva dagli anni Ottanta, con la mostra di Van Gogh e che, quindi, contiamo di superare. Poi, al di là del record, sono orgoglioso di poter dichiarare che, in linea con il Futurismo, la mostra è in divenire, per cui il mese di marzo si è aperto con l’installazione di nuove e importanti opere.

Di quali lavori si tratta? 
Si tratta di tre capolavori, che, per delicatezza e importanza, non potevano essere movimentati prima. Profumo di Luigi Russolo, 1910, proveniente dal Mart di Rovereto. Opera che generalmente il museo non presta perché è una tappa fondamentale del percorso espositivo. Studio per la città che sale di Boccioni, 1910 che viene da Palazzo Citterio, quindi da Brera. Anche in questo caso si tratta di un lavoro che non poteva giungere prima in quanto elemento essenziale di Palazzo Citterio, inaugurato proprio lo scorso 7 dicembre. Tuttavia, il direttore Angelo Crespi, visto il successo della mostra, ha deciso eccezionalmente di prestarcelo. È l’opera italiana più rappresentativa del quadro La città che sale, attualmente inamovibile dalla collocazione newyorkese. Poi, sempre da Palazzo Citterio, è arrivato Ritmi di oggetti di Carrà, 1911. Quadro fondamentale per far capire i rapporti tra Cubismo e Futurismo. Insomma, il successo della mostra ha indotto i direttori dei due musei al prestito dei lavori.

A queste si aggiungono altre novità? 
Confermo, perché il percorso è stato ulteriormente arricchito con opere che ho selezionato personalmente dai depositi della Gnamc. Lavori che erano invisibili da decenni e a cui restituiamo la giusta collocazione. Quindi, invito tutti a visitare o rivisitare la mostra.

Ludovica Palmieri 

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Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri è nata a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma di laurea magistrale con lode in Storia dell’Arte con un tesi sulla fortuna critica di Correggio nel Settecento presso la terza università. Subito dopo…

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