Da Hilma af Klint a Edvard Munch: le avanguardie nordiche sono in mostra a Basilea

La Fondation Beyeler dedica una grande mostra alle luci del nord e a quelle avanguardie che sono nate sotto i loro bagliori, dimostrando come i pittori nordici possono essere portavoci di nuovi orizzonti tanto artistici quanto politici

70 dipinti eseguiti da 13 pittori tra il 1880 e il 1930. Artisti e artiste di origine scandinava, finlandese o canadese. Con una sola eccezione: la grande (bellissima) tela del russo Ivan Shishkin. Tra loro solo Edvard Munch, Gallen-Kallela e Hilma af Klint godono di riconoscimento internazionale, gli altri pittori sono molto apprezzati nei paesi di provenienza ma pochissimo conosciuti altrove. Northern Lights, ora in corso alla Fondation Beyeler, mette in evidenza come il sorgere dell’avanguardia pittorica nordica sia legato alla costruzione di un’identità nazionale. È proprio quello il periodo storico che vede l’affermazione al nord nuove nazioni sganciate dagli imperi precedenti. Anche per plasmare l’identità della propria patria, artiste e artisti misero in scena soggetti per loro natura potenti, desunti dalla natura per farne simboli della propria cultura. 

La foresta boreale e le avanguardie nordiche

Fonte di ispirazione per tutti è la natura della foresta boreale. La loro pittura di paesaggio è dedicata a quella regione scarsamente popolata, disposta sopra il 60° parallelo nord. Pochissimo conosciuta altrove, l’ecozona boreale si estende lungo tutto l’arco terrestre a Sud, ma pure a Nord del Circolo Polare Artico. Nell’insieme si tratta di una fascia circolare lunga 12.000 km (7.000 in Eurasia e 5.000 in America) la cui massa verde è pari a un terzo di quella complessiva dell’intero pianeta. Questa gigantesca foresta primordiale, conosciuta anche con il nome di taiga, è caratterizzata da fitti boschi di conifere, le stesse che Shishkin ritrae a carboncino nel suo Wind fallen Trees (1888). La tela di questo russo, in vita conosciuto anche come “czar delle foresta”, sta ora appesa nella prima nella prima delle nove sale di questa esposizione: l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un bosco impenetrabile e in qualche modo minaccioso. Poco distante da una piccola (ma rilevante) del finlandese Gallen-Kallela che nell’olio Frosty Birches (1894) omaggia in stile impressionista un altro grande tema dell’esposizione: la neve. Intorno all’incanto creato da questo fenomeno atmosferico si esercitano i virtuosismi della finlandese Helmi Biese come degli svedesi Anna Boberged e Gustaf Flaestad.

Luci e riflessi del nord nella mostra alla Fondazione Beyeler di Basilea

Dell’esposizione, dopo il bosco e la neve, sono gli specchi d’acqua e la luce del nord gli altri temi di spicco. I primi (laghi e fiordi) costituiscono un contrappunto orizzontale alla verticalità degli alberi. Così accade in alcune delle 11 tele di Edvard Munch a cui Fondation Beyeler dedica un’intera sala. Altrettanto accade nei dipinti di Helmi Biese e Akseli Gallen-Kallela, dove è reso visibile l’effetto del vento che ne trasforma le superfici. La luce del nord è ovviamente un motivo immancabile: le aurore boreali con i loro colori luminescenti, i limpidi giorni estivi dove non cala mai il buio e l’oscurità delle notti senza fine: sono magnificamente interpretate dalla svedese Anna Boberg e dal norvegese Haral Sohlberg. Le scelte espositive sottolineano tra l’altro come in queste raffigurazioni della natura l’essere umano, quando presente, sia relegato ai margini della scena. Nelle vedute di Gustaf Fjæstad, ad esempio, sono dettagli quali le orme sulla neve accusano la sua presenza. Un atteggiamento a che ha a che fare con l’allora diffuso cliché della natura incontaminata. 

La mostra Northern Lights a Basilea

Con Northern Light, Beyeler ancora una volta si conferma tra le migliori Fondazioni d’arte al mondo. Questa esposizione in particolare è stata prodotta insieme al Buffalo AKG Art Museum (istituzione dello stato di New York) che ha permesso di completare l’esposizione con opere di artisti che hanno avuto una parte preponderante nella storia dell’avanguardia nordica in Canada. Nel 1913 il museo organizzava infatti Contemporary Scandinavian Art, la prima grande collettiva di pittura scandinava del tempo. Tra i visitatori anche Lawren S. Harris e J. E. H. MacDonald, i cui dipinti insieme a quelli di Tom Thomson sono ora esposti a Basilea. Le impressioni raccolte allora dai primi due avranno un’influenza determinante quando, un paio d’anni più tardi, co-fondano il Group of Seven che in Canada spianerà la strada alla pittura moderna.

Non solo luci: le ombre dell’industrializzazione nordica

Un’ ultima notazione. Il sentimento “romantico” tipico dell’epoca non è innocente come potrebbe apparire a una prima lettura. Veniva infatti però elaborato contestualmente al procedere aggressivo dell’industrializzazione e dello sfruttamento dei boschi boreali. L’attività artistica in ogni luogo e in ogni epoca può essere distante o almeno parziale rispetto alla realtà che la contiene: la natura rappresentata in queste tele tutt’altro che disabitata. Per questo il curatore Ulf Küster, nel catalogo edito per l’occasione, propone un’ampia sezione fotografica dove evidenzia come proprio tra le fine del XIX e l’inizio del XX Secolo nella taiga era all’opera un processo di colonizzazione finalizzato all’estrazione mineraria e al disboscamento industriale per la produzione di carta a cui si accompagnava l’espulsione delle popolazioni indigene. Pratiche che sono anche oggi alla base di gravi problemi ecologici e sociali. Se quello dell’industria del legname, è un argomento trattato nei dipinti di Munch, Emily Carr, Lawren S. Harris e Tom Thomson, altro non appare nelle opere in mostra. 
Anche per questo, su incarico della Fondazione, Jakob Kudsk Steensen ha creato un’installazione digitale sistemata al centro del giardino su cui affaccia lo spazio espositivo coperto. In Boreal Dreams l’artista danese si confronta con gli effetti della crisi climatica sull’ecosistema della zona boreale. Lo fa creando paesaggi virtuali basati su dati scientifici raccolti sul campo e sulla tecnologia del gaming. 

Aldo Premoli

Riehen // fino al 25 maggio
Northern Lights

FONDAZIONE BEYELER
Baselstrasse 101

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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