Anni Settanta in bianco e nero
Una riflessione è necessaria sulla mostra milanese Anni ’70 addio, su alcuni dei materiali esposti, quelli politici, che la rassegna presenta in gran numero, e in particolare le fotografie. Certo i Settanta sono stati anni problematici, difficili, violenti, un momento complesso che sfocia nel terrorismo, nel rapimento e nell’omicidio di Aldo Moro, del quale qui non si parla, ma che è sotteso.
Alla mostra milanese Anni ’70 addio, fotografie, parecchie, di funerali, quelle degli studenti, di Giannino Zibecchi, di Roberto Franceschi, dove si riconosce il faccione compunto di Bettino Craxi con gli occhi abbassati. Ma anche i funerali delle vittime di Piazza Fontana, fotografati da Ugo Mulas, con occhio geniale. Sono immagini che ammutoliscono. Quei funerali segnano la fine della speranza, della gioia del ’68. Il potere occulto aveva vinto, aveva messo una città in ginocchio, un Paese in ginocchio; dopo i grandi sogni di conquiste operaie, era l’inverno freddo, gelido, che seguiva l’autunno caldo. Quelle immagini avrebbero dovuto essere il momento iniziale della rassegna, da lì sono iniziate molte cose. Gli Anni Settanta sono stati gli anni del dubbio, della paura, ma non solo. Così nei lavori dei giovani, del Laboratorio di Comunicazione Militante con la Strategia di Informazione e l’occupazione della chiesa sconsacrata di San Carpoforo, nella seconda metà del decennio.
Ho guardato con smarrimento, tristezza profonda le immagini di Carla Cerati che hanno dato vita al prezioso volume Morire di Classe, quello fatto con Gianni Berengo Gardin, pubblicato da Einaudi nel 1969. Immagini straordinarie, che riescono a sensibilizzare, a denunciare con la forza sconvolgente che solo un’immagine può avere. I due fotografi hanno lavorato accanto a Franco Basaglia, lo psichiatra che con il suo operato, la sua dedizione, ha reso più umana la tragica situazione dei malati di mente.
Se gli Anni Sessanta sono stati un decennio colorato, qui i colori sono pochi, se non nelle gabbie dell’artista giapponese Kudo. Il colore fosforescente qui è mortifero. I falli sono rattrappiti, i testicoli isteriliti come semi seccati al sole. In alcune di esse sono mani aggrappate che sembrano uscire, terrose, da una fossa. Forse una premonizione di quello che sarebbe accaduto? Il reaganismo d’assalto, gli anni da bere, parlando di Milano, e la globalizzazione, il No Logo, citando Naomi Klein, che ci hanno portato al tragico punto al quale siamo.
Angela Madesani
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #8
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