Socialisti atipici
Architettura socialista uguale brutalismo? Siamo alle solite, con le semplificazioni e gli stereotipi. A dare una scossa ai pregiudizi ci pensa l’accoppiata Armin Linke e Srdjan Jovanović Weiss. E ne viene fuori un’indagine assai interessante, in un libro targato JRP|Ringier & Codax Publisher.
L’accoppiata è di quelle che fanno drizzare le orecchie: Armin Linke alla macchina fotografica, Srdjan Jovanović Weiss alla mappatura architettonica. Insieme, per le cure di Tobia Bezzola, hanno realizzato un volume in grande formato (JRP|Ringier & Codax Publisher, pagg. 132, € 50) intitolato Socialist Architecture: The Vanishing Act. Il campo sul quale hanno lavorato è il territorio che costituiva l’ex Yugoslavia, e l’obiettivo si è concentrato sugli edifici realizzati durante la vita della federazione socialista. Realizzazioni che, come scrive Bezzola nella Prefazione, sono “una strana miscela di ‘Star Wars’ e folklore slavo”. A ulteriore dimostrazione di come il “socialismo reale” applicato in quelle terre fosse tutto tranne che ortodosso.
Lo spunto iniziale nacque a Skopje, dove Linke venne invitato a un convegno sull’architettura socialista. Da allora – era il 2009 – l’indagine è proseguita in Bosnia, Serbia, Montenegro e Croazia; gli ultimi scatti risalgono all’anno scorso. Come sottolinea ancora Bezzola, l’approccio del fotografo milanese è equidistante rispetto alle opposte posizioni di denuncia e nostalgia. Ma ciò non significa che si tratti di scatti neutrali, al contrario: vi si trovano entrambi gli ingredienti, insieme a molti altri, in un complesso variabile e diversamente dosato, a costituire un menu articolato e godibile che restituisce uno spaccato di quel che resta di quelle architetture. Come scrive Weiss, “what has vanished always reappears in an unexpected form”.
E si tratta di architetture d’un certo interesse. A partire dal Museo dell’Aviazione di Belgrado, progettato da Ivan Štraus, che ricorda la “bolla” di Renzo Piano sul Lingotto di Torino. E poi l’Opera “scandinava” di Skopje, firmata dallo studio Biro 71; il Kosturnica Memoriale di Petar Mazev, evidentemente influenzato dall’intervento macedone di Kenzo Tange; e ancora, lo scultoreo Petrova Gora Memorial, realizzato in coppia dell’artista Vojin Bakić e dall’architetto Branislav Šerbetić.
Insomma, se vi aspettavate soltanto brutalismi, avete sbagliato quadrante.
Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
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