Il Tempo molteplice di Salvatore Prestifilippo. Libro fotografico e romanzo epistolare 2.0

Un progetto fotografico in forma di romanzo epistolare 2.0, tra fiumi di scatti e conversazioni on line. In mostra a Palermo e in libreria.

Proposta fresca di stampa di Ottavio Navarra, raffinato editore siciliano, con un occhio sempre attento al sociale e alla ricerca contemporanea. Tempo, di Salvatore Prestifilippo, è un oggetto non identificato, dalle diverse possibili definizioni. Un libro, nell’immediato. Un catalogo, quando lo si inizia a sfogliare. Un progetto d’artista, non appena si conclude il viaggio. 350 pagine, per una corposa galleria di scatti fotografici collezionati negli anni, a cui sono affiancate decine di e-mail e conversazioni via chat. Autoritratto di immagini e parole, che la sinossi colloca nel perimetro classico del “romanzo epistolare”: in chiave 2.0, però. Esperimento senza paracadute.
Tempo è un dispositivo per mettersi a nudo e cercarsi. È uno specchio rotto, un racconto corale per una voce sola, una successione ingenua e poi tagliente, un disvelamento spietato e necessario. Tutto il privato viene a galla, cancellando i nomi degli altri e lasciando giusto quel “me”, cifra ossessiva dell’opera.
Così scorrono le immagini, a velocità sostenuta. Finestre dischiuse, scorci di città, corpi femminili nella nebbia dei fuori fuoco, volti, stoviglie, scarpe e taccuini, occhi, mani, serrande, soffitti. Nessun testo d’accompagnamento, niente a parte quei fiumi di parole tenere, intime, qualche volta deliranti, rubate al quotidiano. Tra pomeriggi di noia, notti senza sonno, albe di lavoro o di allucinazione; amicizie, amori, presenze di passaggio. Tempo che, attraverso un monitor e una tastiera, si fa onirico e immateriale. Per tornare ad essere corpo, nella fisicità di un volume robusto.

Salvatore Prestifilippo, Tempo, 2013

Salvatore Prestifilippo, Tempo, 2013

E intanto scorrono le foto, come in un diario sconnesso. Tra doppi, pieghe, riflessi. Alcune restano, ti costringono a una pausa, nell’intuizione del taglio e nella luce sensibile; altre scivolano via, sottovoce. Non hanno tutte la stessa potenza. Esattamente come i giorni che passano, non per forza straordinari, ma in qualche modo meritevoli di un ricordo. Per via di un gesto, di una parola penultima, di una luce che fende la stanza, di un cielo senza misura, di una fantasmagoria ad occhi aperti, di un colore imprevisto. Ma la memoria è fragile, oltre che censoria. E si procede disperdendo, tra amnesie ed abbandoni. E allora esiste la fotografia. Quella compulsiva e onnivora di Salvatore, per esempio. Che salva miriadi di dettagli, di minimi spostamenti, di residui pallidi o variopinti; e così, tra gli incastri di questa tessitura, l’obiettivo è uno: trovarsi. In mezzo alle mille immagini proprie, trovare l’immagine prima. L’identità. Che sarà spezzata, molteplice, incostante, inquieta, irrisolta. E sempre vivissima, in ragione di ciò.
Presentato lo scorso 29 dicembre nello spazio Re Federico Cowork, a Palermo, il libro ha lasciato qui una traccia di sé, con una piccola raccolta di fotografe schizzate via dalle pagine. In mostra fino al 30 gennaio 2014.

– Helga Marsala

www.navarraeditore.it
www.coworkingpalermo.net

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

Scopri di più