Un migrante à rebours. Calogero Cammalleri e la sua “Lipadusa”

Il Mar Mediterraneo, un cimitero che ha sepolto migliaia di cadaveri. E che accoglie isole meravigliose. Come Lampedusa: terra di pescatori, di migranti e di bellezze incontaminate. Ecco come la racconta un giovane fotografo tedesco, di sangue siciliano...

Il Mediterraneo, ponte fra culture, simbolo di prosperità e di congiunzione tra i popoli. Ma anche sterminata necropoli. Non si contano i cadaveri seppelliti tra le acque del Mare Nostrum, circa 2600 solo nel 2014. Ma sono stime approssimative, che non tengono conto di tutti i dispersi, di tutti i senza nome, di tutti i fantasmi partiti e mai tornati, in cerca di una terra nuova.
È trascorso un anno dalla tragedia che sconvolse il mondo, consegnando alle coste di Lampedusa un’ecatombe senza precedenti: il 3 ottobre 2013 un’imbarcazione libica, pilotata da scafisti e diretta in Sicilia per traghettare un carico di migranti, affondò a poche miglia dal porto. La lista dell’orrore arrivò a 366 morti e 20 dispersi, con 155 superstiti di cui 41 minori: la più grave catastrofe marittima nel Mediterraneo, dall’inizio del XXI secolo.

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Per celebrare Lampedusa e i suoi paesaggi, e insieme ricordare quell’evento nefasto, Roma ha ospitato lo scorso 22 settembre un evento targato Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione del gruppo Benetton, fondato a Treviso nel 1994. Con il patrocinio dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), il Tempio di Adriano è stato cornice di una serata di letture e proiezioni, per discutere di immigrazione, ma anche di vita quotidiana: Lampedusa, gioiello incontaminato delle Eolie, dentro e oltre il problema dei migranti.
Al centro la presentazione di Lipadusa,  progetto editoriale del giovane fotografo Calogero Cammalleri, attualmente borsista presso l’Istituto veneto. Appena dato alle stampe, il volume è una raccolta di immagini scattate a Lampedusa – volti, paesaggi, animali, pescatori – catturate con l’occhio di chi è straniero, ma insieme nativo: lasciata la Sicilia da bambino, per trasferirsi in Germania con la famiglia, Calogero si mette in cerca delle sue radici, dopo diciassette anni. Un migrante in una terra di migranti. Un migrante à rebours, che abbandona il nord Europa per trovare la sua terra.

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Calogero Cammalleri, Lipadusa

Nove mesi trascorsi sull’isola – proprio durante il lungo periodo di chiusura del centro di accoglienza per migranti, per sovraffollamento – diventano per lui occasione di conoscenza, di ancoraggio, di disorientamento e di consapevolezza. Perdersi, nei luoghi iscritti tra i codici del proprio dna, lasciando che la problematica bellezza di una terra lontana si traduca in una tessitura visiva. Il reportage di Calogero supera la cronaca per inseguire un’attitudine onirica, nel bianco e nero fluido, contrastato, gestito con sensibilità pittorica. Scatti  come fantasmagorie o apparizioni poetiche cancellano il tempo cronologico in favore di un naufragio tra latitudini sconosciute, diveute – improvvisamente – affettive. L’isola-paradiso, l’isola-cimitero, l’isola-rifugio, cantata da un viaggiatore sulle tracce di casa.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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