Sul bordo dell’ombra. La fotografia di Gérard Rondeau
La fotografia è un istante. Ma può essere anche racconto suggerito da ciò che mostra e anche dall'unione di singoli scatti, posti l'uno vicino all'altro per formare un racconto unico e particolare perché proprio di chi osserva. Focus su Gérard Rondeau.
Ai bordi dell’ombra inizia una nuova visione, un nuovo sguardo, un diverso modo di intendere essere umani, oggetti e anche il canale di rappresentazione ossia la fotografia.
L’immagine fotografica definisce un particolare punto di vista, la visione del fotografo. Questa inquadratura è soggetta a una luce e quindi alla conseguente formazione di un’ombra che può essere visibile o più in generale si può intendere con questo termine tutto ciò che il soggetto fotografato può suggerire allo spettatore. In questo modo si crea un’ombra soggettiva, visibile personalmente da chi guarda con precise caratteristiche di osservazione.
Su questo impianto concettuale si fonda il lavoro Au Bord de l’Ombre dell’esperto fotografo francese Gérard Rondeau (Chalons-sur-Marne, 1953).
Lo studio comprende fotografie realizzate in diversi anni, luoghi che mostrano frammenti di autobiografia, storie di vita contemporanea, tracce di esistenza nel passato e nel presente, tutti scatti accomunati per giustapposizione di significato, per legami di idee, spunti e suggerimenti che il percorso espositivo entro cui sono proposti suggerisce, come nel caso della recente esposizione presso la Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Il pubblico, così, vede, osserva, prende spunto, crea con le immagini fotografiche collegamenti unici e mutabili a seconda della visione di ognuno.
Cosa propongono le fotografie di Rondeau? Ampi spazi, oggetti, visioni, scene di vita quotidiana, privacy dei soggetti, personaggi pubblici, ritratti d’artista, tracce di guerra su uomini e cose, il passato che rivive, spazi vuoti all’interno di cornici silenziose, in bianco/nero, sfumate, imperfette, mai del tutto precise come appartenessero al mondo dell’immaginazione.
All’interno di un così ampio catalogo di immagini si creano le associazioni e gli spunti narrativi che uniscono il volto segmentato e dolcissimo dell’attrice francese Anna Mouglasis alla testa di una statua bucata ritratta a Champagne nel 2001. Allo stesso modo la fotografia di una ragazza che tiene in mano la sua treccia appena tagliata corrisponde alla fotografia di un pezzo di carta da parati strappato illuminato da un luce potentissima; oppure un incrocio di sentieri e alberi all’interno di un bosco è posto vicino a una libreria e allo scorcio di una strada ripreso attraverso gli assi della finestra.
Gli spazi appaiono, dunque, generici, indeterminati, accomunabili da un determinato ricordo del fotografo che però non traspare, non si evidenzia per perdersi nei significati di chi osserva. Il punto di vista di Rondeau definisce un soggetto della narrazione, la cui sceneggiatura, la cui capacità narrativa è affidata allo spettatore. Così facendo gli spunti di sofferenza, tristezza, attesa, pazienza, allegria che potrebbero emergere dalle fotografie assumono una nuova connotazione più globale di racconto generale della fotografia.
Rondeau propone, pertanto, lo spazio della fotografia, liberandone il senso. È la rappresentazione generale che inventa il significato dello scatto fornendo una nuova collocazione agli oggetti ritratti in altri universi concettuali e materiali.
Con il lavoro Au Bord de l’Ombre la fotografia prepone al significato intimo dell’istantanea il suo carattere di racconto in successione, in comunione con le altre fotografie. L’immagine fotografica non viene più, quindi, solo considerata nel suo essere unico, ma come elemento di una struttura più grande, più ampia in cui questa è da intendersi come un continuum di immagini statiche. È il montaggio dello sguardo umano che organizza la narrazione.
Davide Parpinel
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