Le lettere al cosmo di Melanie Bonajo

Una sorta di manifesto che lancia nell’universo di una folta produzione fatta di videoinstallazioni, performance e fotografie dai titoli singolari ed eloquenti. È “Letter to the Cosmos” dell’olandese Melanie Bonajo.

Sono interessata al paradosso inerente all’idea di comfort ed esploro quelle zone relative al progresso che cancella dall’individuo il senso di appartenenza. Catturata dalla vuotezza spirituale che segna la mia generazione, esamino le mutevoli relazioni che le persone hanno con la natura e con il più vasto ambiente attorno. Cerco di comprendere le questioni esistenziali osservando le situazioni domestiche, il concetto di casa e i piaceri della comodità mostrando come essi incrementino l’alienazione dell’individuo…”. È l’incipit di Letter to the Cosmos, una missiva in cui l’artista e performer Melanie Bonajo traccia una sorta di manifesto del suo lavoro che lancia nell’universo di una folta produzione fatta di videoinstallazioni, performance e fotografie dai titoli singolari ed eloquenti.

Melanie Bonajo, After life against the world

Melanie Bonajo, After life against the world

L’artista olandese, classe 1976, in residenza al PS1 di New York, lavora a Night Soil-Fake Paradise. Il documentario indaga la tendenza delle persone a cercare il proprio piccolo modesto spazio in un “sistema naturale” che non contempla del tutto la presenza umana che si mette in dialogo con le piante. Il lavoro è ispirato alla medicina di antica origine amazzonica, chiamata Ayahuasca, una miscela allucinogena composta dall’infusione di diverse piante. Si disegna un parallelo tra l’etica delle piante connesse alla terra e l’etica del cyberspazio circoscritto, invece, dalla tecnologia, e dunque connesso a uno spazio incorporeo. Ci muoviamo in mezzo a una trama di eco-logia e eco-psicologia dai toni mistici e mistificatori, insieme, una pratica di re-earthing, come la definisce Melanie Bonajo, quando parla di uno dei suoi ultimi lavori, Matrix Botanica/Biosphere above Nation. La sua scena è un immaginifico paesaggio naturale in cui si può simulare la coabitazione tra mente e natura.

Decapitalizating my mind, un’intervista tra l’artista e Jaimey Hamilton, sintetizza molte di quelle istanze che producono un pensiero che si colloca tra performance e geo-psicologia, riflessioni e immagini spesso affidate dall’artista alla scrittura e alla pubblicazione di libri/cataloghi, un’attività corposa e costante che contraddistingue in modo peculiare l’arte di Melanie Bonajo. Il pensiero, la scrittura e la fotografia articolano e alimentano la ricerca e il lavoro performativo. Numerose sono infatti pubblicazioni e monografie: Spheres (2012) che contiene anche 1 Question, 3 Rooms, 9 possible Answers (2012). In Forniture Bandage (2009) le immagini aspirano alla creazione di un’armonia, una sorta di fusione tra individuale e materiale.
Nel 2012 Bonajo ha fondato un collettivo, composto da artisti, teorici e scienziati, Genital International, che indaga eguaglianza, politica e ambiente al di là delle polarità di genere.

Lucia Amara

www.melaniebonajo.com
www.genitalinternational.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #23

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Lucia Amara

Lucia Amara

Ha studiato Lettere Antiche a Firenze, con una tesi sul "De Repubblica" di Cicerone. Tra il 2005 e il 2008 svolge un dottorato sulle glossolalie artaudiane al DAMS, in collaborazione con il Doctorat d'Histoire et Sémiologie du Texte et de…

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