Alva Bernadine. Pornography as Art
Il nostro erotologo Ferruccio Giromini ci ha fatto scoprire un altro autore degno di nota. Si chiama Alva Bernadine e pensa che la pornografia sia un’arte. Che dite, nulla di nuovo? Va bene, ma lui stampa cartelloni 6x3 e li mette ovunque a Londra…
Sfacciato, il londinese (ma è giunto nella capitale britannica dalla natale isola caraibica di Grenada all’età di otto anni, nel 1969) Alva Bernadine si proclama “a one man subculture”, nientemeno che “una controcultura individuale”, ovvero profeta e somma incarnazione del Bernadinism. Vincente mossa promozionale, invero. Fotografo dal 1982, già nel 1987 si aggiudica il Vogue/Sotheby’s Cecil Beaton Award per la serie di immagini dal titolo The Fetish dedicata alle scarpe femminili – e si capisce che è uno che va dritto al sodo senza ipocrisie di sorta. Nei primi Anni Novanta, ancora ispirandosi un po’ alle famose snelle sgambate di Guy Bourdin, diventa una star indiscussa della fotografia camp di moda. Ma evidentemente il contatto ravvicinato con tante modelle sinuose gli suggerisce altri pensieri, altri metodi, altre mete. E nel 2001, abbracciato un glamour ora più soft e ora più hard, arriva a definire il proprio credo in quello che considera il libro sacro della propria religione fotografica, Bernadinism appunto, che per sottotitolo snocciola il comandamento supremo How To Dominate Men And Subjugate Women e che gli fa vincere in Gran Bretagna il titolo di Erotic Photographer of the Year.
Un tipo deciso, dunque, a dispetto delle buone maniere e della sostanziale riservatezza che dimostra in società. Ma sotto la cenere arde un fuoco ben vivo di colori saturi. In breve Bernadine si fa notare per successive serie fotografiche di nudi anticonvenzionali, tanto giocosi quanto provocatori. Nella sua raccolta di immagini Twisted, usando esposizioni multiple e obiettivi fisheye, scompone e distorce corpi femminili disarticolandoli e reinventandoli, anche in omaggio alle bambole di Hans Bellmer. In Reflect Upon This, forse la sua serie più nota, mette le modelle in relazione con specchi che di nuovo ne spezzano con compiaciuta inventiva il corpo – in particolare usa alcuni piccoli specchi tondi per riflettere separatamente volto, seno, pube, ginocchia, piedi, in un dichiarato trionfo di feticismo selettivo – e qui il riferimento più diretto si rivolge al surrealismo di René Magritte. Poi, nella serie Human Furniture, tanto per rimanere nell’adorazione del feticcio femmina, usa bendisposte fanciulle alla stregua di gambe vive (più o meno spalancate) di tavoli trasparenti, in una citazione complice dell’erotismo pop di Allen Jones.
E infine, pigiando ancora sul pedale della provocatorietà, con Pornography As Art riporta alcune sue immagini decisamente esplicite su grandi cartelloni pubblicitari disseminati nel West End londinese e in prossimità di istituzioni tra cui Tate Modern e Royal Academy. Il massimo dell’esibizionismo, per un pervicace bernadinista all’assalto scomposto del sistema dell’arte più bacchettone. Come sempre in questi casi, inevitabilmente controversi, c’è chi apprezza e chi niente affatto.
Ferruccio Giromini
www.alvabernadine.net
www.bernadinism.com
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #28
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