Archivi e biblioteche. Via libera alle fotografie?
Il Consiglio Superiore dei Beni Culturali promuove la libera fotografia in archivi e biblioteche. Ecco come potrebbero cambiare le norme sulla riproduzione.
UNA MOZIONE, E PRESTO SI SPERA IN UNA LEGGE
Nella seduta dello scorso 16 maggio il Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MiBACT ha approvato una mozione in favore della libera riproduzione, recependo le esigenze manifestate da tempo dagli studiosi che richiedevano di fare ricorso gratuitamente a fotocamera o smartphone per riprodurre manoscritti e volumi antichi conservati in archivi e biblioteche.
Si tratta di una presa di posizione importante, non solo perché questo parere tecnico proviene dall’organo consultivo del ministero, ma anche perché la mozione afferma a chiare lettere l’utilità del mezzo digitale in ordine alla promozione della “libera ricerca storica, in piena coerenza con il dettato costituzionale” (artt. 9, 33) e alla valorizzazione del patrimonio documentario conservato in archivi e biblioteche, che sono quindi da considerarsi, oltre che istituti di conservazione, anche e soprattutto “centri di diffusione attiva del sapere a tutti i livelli”.
Una proposta di modifica dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali, finalizzata a rendere libera la fotografia in archivi e biblioteche, in realtà è già stata incorporata nel disegno di legge in materia di concorrenza che nelle prossime settimane si spera possa essere votato nelle aule parlamentari. In vista dell’annunciato intervento normativo, il Consiglio Superiore ha comunque avvertito l’esigenza di definire alcuni criteri guida operativi per assicurare il massimo beneficio alla ricerca storica nel rispetto dell’esigenze di tutela, del diritto d’autore per i beni bibliografici e della privacy per i beni archivistici.
GRATUITÀ E SEMPLIFICAZIONE
Ma quali sarebbero i vantaggi concreti che si prospetterebbero se la mozione dovesse divenire un giorno operativa? L’utente di archivi e biblioteche potrebbe avere finalmente la possibilità di fotografare gratuitamente, con la propria fotocamera, le pagine del volume che sta consultando, del manoscritto o del documento di archivio, senza dover compilare più alcun modulo di autorizzazione, che rimarrebbe in piedi invece per le edizioni coperte da diritto d’autore e per le serie archivistiche contenenti dati sensibili. Un vantaggio che non ha certo bisogno di essere spiegato allo studioso che, per pagare le riproduzioni, è oggi costretto a uscire dall’archivio, mettersi in fila all’ufficio postale e infine tornare in sala esibendo il bollettino postale a testimonianza dell’avvenuto pagamento.
Nella mozione si richiede inoltre di semplificare la procedura burocratica sottesa alla richiesta di pubblicazione delle riproduzioni, sostituendo l’attuale domanda di autorizzazione alla pubblicazione (che per gli archivi prevede un modulo cartaceo con marca da bollo) con una semplice e rapida comunicazione per via telematica dell’intenzione di pubblicare all’istituto detentore del bene culturale.
Di notevole interesse è inoltre la previsione di rendere gratuita la consegna allo studioso delle riproduzioni della documentazione già digitalizzata dall’istituto (che sarebbe forse più utile rendere fruibile e scaricabile in Rete), ma anche quella di agevolare forme di condivisione online delle riproduzioni eseguite dagli studiosi in apposite piattaforme web, che potrebbero essere predisposte utilmente dallo stesso ministero attraverso l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU).
TRASFORMARE IN NORMA UNA BUONA PRATICA
Ora non resta che attendere che la mozione si traduca effettivamente in norma, e non solo per gli ovvi benefici che apporterebbe alla ricerca storica, ma anche perché in questo modo si porterebbe a definitivo compimento la rivoluzione dell’Art Bonus, che nel 2014 aveva reso libera per legge la fotografia nei musei ampliando così il concetto di fruizione materiale dei beni culturali all’orizzonte del digitale.
All’estero la libera riproduzione, per quanto sia una pratica sempre più diffusa, è più una buona prassi legata alla discrezionalità dei singoli istituti. È quindi evidente che se il Codice dei Beni Culturali e le circolari successive arriveranno a stabilire la libera riproduzione in tutti gli archivi e in tutte le biblioteche pubbliche nei termini stabiliti dalla mozione, sarà un’occasione per aggiornare il disegno costituzionale alle nuove frontiere della libera ricerca e quindi per tornare a proporci nel panorama internazionale come un paradigma all’avanguardia.
Non più quindi solo in virtù della nostra illustre e secolare tradizione normativa in materia di tutela, ma anche per l’innovazione culturale che saremmo ancora in grado di produrre.
Mirco Modolo
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