Uno sguardo trasversale sul lavoro. A Bologna
MAST, Bologna – fino al 17 aprile 2017. Quattordici artisti interpretano il delicato tema del lavoro, restituendone le molte sfaccettature e le ripercussioni su individuo e società.
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I luoghi e i volti del lavoro diventano specchio della realtà contemporanea grazie alle opere video proposte dai quattordici artisti selezionati da Urs Stahel per comporre il mosaico sfaccettato e contraddittorio di cui si alimenta la mostra Lavoro in movimento, da lui curata alla Fondazione MAST di Bologna (e inaugurata in concomitanza con Arte Fiera e Art City). Yuri Ancarani (con la trilogia dei suoi ultimi video, assai suggestivi, proiettati uno accanto all’altro), Gaëlle Boucand, Chen Chieh-Jen, Willie Doherty, Harun Farocki e Antje Ehmann, Pieter Hugo, Alì Kazma, Eva Leihof, Armin Linke, Gabriela Löffel, Ad Nuis, Julika Rudelius, Thomas Vroege toccano, infatti, attraverso le loro immagini in motion, la sfera dei fenomeni che si instaurano all’interno e all’esterno dei complessi meccanismi innescati dallo svolgimento delle attività umane. E, soprattutto, ne illustrano le ripercussioni esercitate a livello individuale e collettivo, dal punto di vista economico e sociale, fino a toccare la dimensione ambientale e globale di un universo sottoposto a sempre più imprevedibili e veloci mutazioni.
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Pieter Hugo, Permanent Error, 2010, videoinstallazione con 10 monitor. Collezione MAST, Courtesy of the artist and Priska Pasquer Gallery, Colonia
LA MOSTRA
Ricca di una multiforme gamma di interpretazioni e di intonazioni – che si dispiegano dall’approccio sottilmente poetico all’amara registrazione del tragico quotidiano, dal provocatorio al grottesco, dall’acuta demistificazione di situazioni assurde e crudeli alla realistica mise-en-scène –, la rassegna trae ulteriore forza dalla scelta del mezzo espressivo, il video, che in spazi di ampio respiro e articolati su più piani come quelli del MAST, trova una collocazione particolarmente adeguata. Con varia formula, dalla video installazione – come nel caso di Permanent error di Pieter Hugo, che presenta frame realizzati nella discarica di rifiuti tecnologici di Agbogloshie, in Ghana – alla proiezione video – come quella di 50 minuti di Gaëlle Boucand intitolata JJA, che tratteggia la fisionomia di un uomo d’affari impegnato a narrare le proprie vicissitudini “economiche” –, la visita procede agilmente, lanciando di volta in volta nuovi sguardi su realtà lontane e vicine.
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Willie Doherty, Empty, 2006, still da video. Courtesy Collection Irish Museum of Modern Art, Dublino
LA FORZA DEL CAMBIAMENTO
Un esempio che favorisce l’analisi delle pieghe recondite di fatti divenuti consueti, soprattutto in tempi e località che hanno visto la chiusura di molti luoghi di lavoro, è rappresentato dall’opera dell’irlandese Willie Doherty che nella videoproiezione Empty propone l’icona scalfita dal tempo di un edificio una volta occupato da uffici e pulsante di vita, ora abbandonato: “Mi sono interrogato sull’azione svolta da un edificio del genere anche sulle persone che vivono intorno”, sottolinea l’artista, “ e mi sono reso conto delle sue valenze simboliche, poiché la struttura è testimonianza sia del passato che del presente. Il lavoro ha cambiato volto, e noi siamo cambiati con lui”.
Alessandra Quattordio
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