Ricordando Ren Hang e i suoi corpi nudi. Muore una giovane star della fotografia internazionale
Trent’anni e una carriera spezzata. Il fotografo cinese Ren Hang è scomparso all’improvviso. Una star emergente, osteggiata in Patria e acclamata all’estero, capace di unire poesia e trasgressione.
“Il mio amico Ren Hang ci ha lasciati questa mattina a Berlino, sono triste e sotto choc…“. Con queste parole incredule l’editore Pierre Bessard ha dato per primo la notizia. Giovanissimo, nel pieno del successo internazionale, l’artista e poeta cinese è scomparso lo scorso 24 febbraio. Trent’anni appena e una carriera brillante costruita un po’ per caso, un po’ per vocazione: gli studi di marketing gli stavano stretti, ma l’arte non era nei sogni né nei programmi.
I primi scatti vennero nel 2008, immortalando il suo compagno di stanza senza vestiti, nell’intimità domestica. E così di fila, con qualche amico. Si trattava di soffermarsi su ciò che la realtà gli metteva sotto agli occhi, senza fare troppa fatica. E funzionava. Anzi, era una specie di euforia: “Sono molto felice ed eccitato quando scatto”, aveva detto. “Mi fa sentire un forte senso dell’esistenza. Ma è vero anche il contrario. Quando il mio senso dell’esistenza è forte mi sento molto felice ed eccitato”.
NESSUNA TRASGRESSIONE
Un sentimento che, irrimediabilmente, dev’essere venuto meno. Ren Hang si è tolto la vita. E la parola “depressione”, che spunta nella presentazione di un suo catalogo recente, diventa oggi una chiave difficile.
Quel suo talento sfacciato e genuino se lo portava addosso con un mix di leggerezza e timidezza: “Faccio semplicemente quello che mi viene naturale”, amava dire. Aggiungendo che il lavoro non seguiva mai dei “piani”. Niente concettualismi, intellettualismi, nessuna enfasi sulla questione del tabù e della trasgressione. Non era ciò che cercava.
NUDITÀ. LA CENSURA E LA GRAZIA
Eppure facevano scandalo i suoi corpi nudi, ritratti ossessivamente e senza traccia di pudore, ma con una tale dose di candore, d’ironia e di gentilezza, da tramutare l’osceno in un gioco aggraziato, in una piccola meraviglia. Inevitabile però: in Cina il suo lavoro cadde spesso sotto la tagliola della censura, tra polemiche, denunce e persino arresti. Ai Weiwei fu uno dei suoi massimi sostenitori e nel 2013 lo invitò alla collettiva Fuck off 2, al Groninger Museum.
Gli scatti di Hang, sospesi tra classicismo formale ed erotismo esplicito, purezza ed inquietudine, accostamenti surreali e composizioni plastiche, sono strani magneti luminosi. Uomini, donne, piante, volatili, rettili, oggetti, ali, orizzonti, incastri, sovrapposizioni. E la nudità, più che seduzione, è una dimensione necessaria: “Sento la reale esistenza delle persone attraverso i loro corpi nudi”. Impossibile non pensare a un’icona del Giappone come Nobuyoshi Araki; ma dentro al lavoro si scovano riverberi vari, tutti accennati, mischiati, lambiti: da Robert Mapplethorpe a Wolfgang Tillmans, passando per Viviane Sassen.
Un’ampia selezione è in mostra al Foam di Amsterdam fino al prossimo 12 aprile. Un messaggio di cordoglio è comparso martedì sul sito del museo, mentre Alexander Öberg, titolare della Galleria Tryffelgrisen, ha dichiarato al Time: ” Ancora non riesco a credere che sia vero. Era una persona amabile e un artista incredibilmente creativo, che aveva molte cose da dividere col mondo”.
– Helga Marsala
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