Altri stati per la fotografia. Parola a Federica Chiocchetti
Nuovo appuntamento con la rubrica che coinvolge personalità indipendenti attive nella promozione del linguaggio fotografico. Stavolta la parola va a Federica Chiocchetti, fondatrice della piattaforma editoriale e curatoriale Photocaptionist, dedicata al rapporto tra immagini fotografiche e parole, nonché storica, critica e curatrice specializzata in fotografia, dottoranda alla University of Westminster di Londra con una tesi sui rapporti tra fotografia e scrittura, alla quale lavora sotto la supervisione dell’artista e teorico David Bate.
Sono arrivata alla fotografia dalla letteratura quasi una decina di anni fa. L’esigenza di sperimentare e il desiderio di imparare i meccanismi di diverse realtà del settore fotografico mi hanno portato a mescolare l’indipendenza professionale, sviluppata sin da subito attraverso la mia piattaforma foto-letteraria, con l’esperienza all’interno di istituzioni pubbliche e private. Alternare lo stile eccentrico e irriverente dell’Archive of Modern Conflict, una collezione privata per la quale ho co-curato la mostra e il libro Amore e Piombo: The Photography of Extremes in 1970s Italy, con il rigore storico e la tradizione del Victoria and Albert Museum, dove, in qualità di Art Fund curatorial fellow of photographs, mi sono occupata di sistemare l’archivio e curare una mostra del fotografo e scrittore inglese di fine Ottocento, Peter Henry Emerson, è stata un’opportunità fondamentale per la mia formazione curatoriale.
Il mio intervento durante il workshop pomeridiano degli Stati Generali della Fotografia a Roma, dedicato alla fotografia professionale, e strutturato quasi come un PechaKucha, in cui a diversi relatori è stato chiesto di presentare proposte concrete per il MiBACT, è partito da una premessa molto semplice. Da italiana che lavora prevalentemente con l’estero ormai da 7 anni mi sono chiesta due cose: Come possiamo accrescere l’interesse per la fotografia italiana all’estero? Quali casi virtuosi internazionali potremmo studiare, con occhio critico e non puramente esterofilo, per migliorare la situazione fotografica italiana?
Fare sistema per essere percepiti a livello internazionale come un “organismo” energico e rilevante per cui valga la pena, per istituzioni straniere, dedicare mostre alla fotografia italiana, inserire sempre più fotografi italiani in collezioni e mostre collettive internazionali e, per editori stranieri, pubblicare autori italiani storici e contemporanei, sarebbe cosa buona e giusta.
ESEMPI INTERNAZIONALI
Grazie al supporto di istituzioni come La Fabrica, che organizza il festival di fotografia di Madrid, PhotoEspaña, e Transatlantica, un’iniziativa a sostegno della fotografia sudamericana contemporanea, e grazie al festival del fotolibro Fiebre, a cura della scuola Blank Paper, la fotografia spagnola e latinoamericana hanno suscitato un forte interesse presso istituzioni straniere come Le Bal, con la mostra A New Generation of Spanish Photographers, Aperture, con il libro The Latin American Photobook e il festival di fotografia di Arles, che quest’anno dedica ben quattro mostre alla fotografia latinoamericana.
Ritengo importante studiare enti internazionali come ProHelvetia, che in ambito fotografico fa tantissimo per promuovere la fotografia svizzera contemporanea all’estero (per esempio sponsorizzando la mostra della fotografa Flurina Rothenberger al festival di fotografia di Jaipur in India, di cui ero co-curatrice), Arts Council England, che prevede un ampio sistema di bandi per artisti e istituzioni e l’Art Fund, la charity britannica per il fundraising legato all’arte, che ha sostenuto, tramite fondi privati, la mia fellowship curatoriale per lavorare con la collezione fotografica del V&A.
PROPOSTE
Combinando il meglio delle istituzioni internazionali di cui sopra, mi permetto di suggerire la creazione di un ente che promuova la fotografia italiana, nelle sue varie declinazioni, e il fotolibro italiano per eventi e mostre all’estero, stabilendo relazioni di co-produzione di mostre con istituzioni straniere, favorendo l’acquisizione di opere italiane da parte di istituzioni e collezioni estere e combinando finanziamenti pubblici e privati. A tale proposito estendere e aumentare l’Art bonus ai finanziamenti privati destinati all’organizzazione di nuove mostre fotografiche internazionali e italiane in territorio italiano, di nuove mostre fotografiche italiane in territorio straniero, e all’esportazione di mostre di fotografia italiana già esistenti all’estero (come per esempio Sulla Nuova Fotografia Italiana, recentemente prodotta da Fantom presso la galleria Viasaterna di Milano) non sarebbe affatto male. Inoltre estendere l’Art bonus all’acquisizione di opere d’arte fotografica destinate poi a essere donate a istituzioni pubbliche (sul modello del Nord America) sarebbe il non plus ultra.
Oltre ad aumentare la formazione fotografica nelle scuole e università, il MiBACT, sul modello dell’Art Fund inglese, potrebbe finanziare, anche con fondi privati, la formazione di giovani curatori e conservatori specializzati in fotografia all’interno dei musei italiani che possiedono collezioni fotografiche.
Infine, proporrei al MiBACT di organizzare, in partnership con il Ministero degli Esteri, una mostra itinerante di fotografia italiana da esporre in tutti gli Istituti Italiani di Cultura all’estero, magari biennale, curata attorno a un tema specifico (mescolando vari generi fotografici, epoche, artisti emergenti e più conosciuti) e con un comitato curatoriale variegato, che cambi anch’esso ogni volta e sia composto da curatori di varia provenienza geografica, età e sesso.
– Federica Chiocchetti
rubrica a cura di Emilia Giorgi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati