Fotografare il rock. La storia della chitarra in mostra a Monza
Arengario, Monza – fino al 2 luglio 2017. Quattro fotografi raccontano le storie delle più celebri chitarre del rock. In un excursus visivo e musicale che dagli Anni Settanta raggiunge i giorni nostri.
“Pensavo è bello che, dove finiscono le mie dita, debba in qualche modo incominciare una chitarra“, così Fabrizio De André commentava il suo rapporto con lo strumento a corde più famoso del mondo: la chitarra. A lei, nonché alle sapienti mani di artisti che l’hanno domata, è dedicata la mostra City of guitars, curata da Giulio Ceppi e Luigi Pedrazzi, presso l’Arengario di Monza, ideata e prodotta da Arteutopia e Clarart, in collaborazione con Comune di Monza, Rolling Stone e Gibson.
LE SEI CORDE IN UNO SCATTO
Quattro rinomati fotografi del rock: Angelo Redaelli, Bruno Marzi, Gigliola Di Piazza e Massimo Barbaglia propongono novanta spettacolari immagini catturate dal vivo, che ritraggono storici momenti di infuocato rock. Le fotografie celebrano i musicisti, catturati on stage nelle loro pose più glamour e intriganti: da B. B. King a Chuck Berry, da Carlos Santana a Steve Vai, da Pat Metheny a Robert Fripp, da Patti Smith a Joe Satriani, Jeff Beck, Caetano Veloso, Frank Zappa, Pino Daniele, Franco Mussida, fino agli Aerosmith e ai Kiss, artisti che costituiscono ampia parte dell’immaginario musicale collettivo e che fanno della chitarra un oggetto sempre diverso e affascinante, ma soprattutto unico per carattere e storia.
L’anima dello strumento è indissolubilmente legata a quella dell’artista, numerosi infatti gli aneddoti a riguardo, si pensi per esempio a un Jimi Hendrix che, come “sacrificio d’amore” per il suo pubblico, bruciò la chitarra sul palco, a Pete Townshend degli Who, che la distrusse letteralmente a mazzate contro la batteria, ma ancora più recentemente Matthew Bellamy dei Muse, che annovera un record per chitarre demolite sul palco.
L’AMORE DEL ROCK PER LA CHITARRA
Non solo distruzione tuttavia, per quanto simbolicamente legata al gesto passionale. Ogni storia registra innumerevoli aneddoti, che hanno alimentato il mito e la leggenda sia dello strumento sia del possessore. Doug Aldrich, chitarrista di celebri band come Whitesnake e The Dead Daisies, racconta di come la sua attuale chitarra dorata lo accompagni dal giorno in cui, da bambino, ne vide una identica e se ne innamorò alla follia, decidendo di farla propria. B.B. King, scomparso nel 2015, aveva un rapporto simbiotico con la sua celebre “Lucille”, alla quale dedicò una canzone; per non menzionare la leggendaria chitarra Fender Stratocaster #0001 di David Gilmour o il meraviglioso rapporto nato tra un piccolo liutaio di New York e l’allora semi-famoso Mark Knopfler, che diede il via alla costruzione dell’attività di uno dei più celebri marchi di chitarre attualmente in commercio.
All’Arengario è possibile osservare alcune rare versioni delle mitiche Fender Stratocaster, la verde Rich Bich di Slash, un Les Paul nero del 1973 “Black Beauty”, una Yamaha SG 2000 “Deep Purple” davvero rara e molte altre icone che hanno popolato le stagioni della chitarra elettrica dagli Anni ‘70 a oggi. Inoltre, l’artista Victor Togliani ha realizzato appositamente per l’esposizione di Monza una suggestiva installazione dedicata a Jimi Hendrix.
– Elena Arzani
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati