Wolfgang Tillmans e la fotografia. A Basilea
La Fondation Beyeler di Basilea ospita una grande retrospettiva dedicata alla carriera fotografica di Wolfgang Tillmans. Un dettagliato colpo d’occhio su una storia artistica lunga trent’anni, che farà capolino anche tra le pagine del prossimo numero di Grandi Mostre.
È quasi sempre un’operazione inutile cercare di etichettare il lavoro di un artista, di un fotografo: still life, paesaggio, ritratto. A maggior ragione lo è per un artista come Wolfgang Tillmans (Remscheid, 1968) una delle più interessanti e stimolanti personalità del panorama artistico contemporaneo. Il suo è un lavoro libero, al di fuori dagli schemi, che nel corso degli anni ha cambiato vari registri e mutato diversi percorsi e la mostra alla Fondation Beyeler ne è un’evidente dimostrazione. L’allestimento è fondamentale: il confronto tra le opere, la scelta dei formati e dei soggetti che dialogano fra loro. Si va dal 18 x 24 cm attaccato direttamente al muro a opere che occupano un’intera parete. Alcune incorniciate, altre sospese con delle piccole mollette. È una dichiarazione di non omologazione in tutte le possibili espressioni.
UNA RICERCA ININTERROTTA
Sin da ragazzo Tillmans manifesta uno spiccato interesse per la dimensione spirituale. Ancora giovanissimo fa coming out. La cultura omosessuale è parte fondante del suo lavoro.
Già nella seconda metà degli Anni Ottanta, in deciso anticipo sui tempi, lavora su immagini trovate ma anche su autoscatti del suo corpo. La sua è una ricerca che guarda al sociale, al quotidiano, alla società liquida. Soggetti delle sue immagini dei primi anni sono i rave party ad Amburgo, ma anche i locali gay di molte parti del mondo, la scena giovanile, in particolare tedesca, degli Anni Novanta, che segnano un profondo cambiamento nel modo di affrontare il concetto di partecipazione e non solo.
Tra la fine degli Anni Novanta e l’inizio degli Anni Zero, il suo lavoro si riversa in una dimensione più intima. È come una sorta di introspezione, dovuta alla perdita del suo compagno nel 1997, a causa dell’AIDS. Da quel momento il lavoro di Tillmans, si concentra su una dimensione linguistica della fotografia, che spazia in vari ambiti. La mostra apre una serie di domande, di considerazioni in relazione alla storia dell’arte.
RIMANDI INCROCIATI
L’artista tedesco, nel corso del tempo, ha analizzato i diversi generi dell’arte e della fotografia, come lo still life, dando vita a lavori di grande forza in cui oggetti di diversa natura sono posti in dialogo fra loro senza alcuna pretesa di estetizzazione. Qui l’astrazione è indagine del colore, della traccia lasciata dal segno. E quindi i paesaggi sono modificati dal colore, tanto da diventare, in certi casi, scurissimi, quasi illeggibili. Rimandi specifici, inoltre, sono alla cultura orientale e ai suoi modelli iconografici.
Durante il suo percorso, oggi a maggior ragione, Tillmans ha lavorato su temi sociali e politici come l’emigrazione e il non isolazionismo, sul concetto di confine e separazione e dunque di paura del diverso. Fervente europeista e antinazionalista, in senso tradizionale, ha realizzato dei lavori per l’“inutile” campagna anti-Brexit.
Al piano inferiore della Fondazione vanno in scena tre lavori video, una sorta di sorpresa. Anche qui sono diverse le dimensioni a confronto, quella della musica e quella del silenzio, il sociale attraverso immagini di persone, ma anche la schiuma dell’acqua inquinata: situazioni in cui l’uomo, direttamente o indirettamente, è comunque protagonista e non sempre in senso positivo.
– Angela Madesani
Basilea // dal 28 maggio al 1° ottobre 2017
Wolfgang Tillmans
a cura di Theodora Vischer
FONDATION BEYELER
Baselstrasse 77
www.fondationbeyeler.ch
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