Archeologia del contemporaneo. La fotografia di Georgios Katsagelos a Salonicco
Museo Statale di Arte Contemporanea – Moni Lazariston, Salonicco ‒ fino al 9 settembre 2017. Georgios Katsagelos, nella mostra Relics to eternity, espone gli oggetti ritrovati a un anno dallo sgombero della grande “giungla” di Idomeni.
Georgios Katsagelos è un fotografo navigato e molto noto nel panorama non solo ellenico. Artista “sociale”, come ama definirsi, ha seguito con il suo obiettivo ‒ per tutti i mesi in cui è stato in attività il campo improvvisato a Idomeni, ai confini con la Repubblica macedone che aveva sigillato le frontiere ‒ i volti degli ospiti, il lavoro dei volontari, gli incontri e scontri con le autorità. Dopo un anno, quando ormai il luogo sembrava tornato a una apparente normalità, ha deciso di tornare e vedere cosa restava di quei giorni, nel ricordo di chi si è trovato ostaggio del passaporto. Come un vero archeologo del contemporaneo, ha scavato, cercato e raccolto oggetti di vita quotidiana, giochi, scarpe e indumenti di chi, in fretta e furia, è dovuto salire titubante sui pullman scortati dalle forze dell’ordine greche a metà del 2016.
FOTOGRAFIA E TESTIMONIANZA
“I bambini di solito non abbandonano i loro giochi. Se l’hanno fatto, è sintomo della fretta e dell’improvviso cambiamento di destino… Così ho raccolto una serie di giochi e di oggetti personali, dopo averli fotografati sul luogo del ritrovamento”, racconta l’artista. Non è forse questo il processo dell’archeologo? Disseppellire la memoria oggettiva, documentandone però anche l’esatta collocazione attraverso lo strumento fotografico.
Questi reperti, oggetti abbandonati nel caos dei singoli destini segnati da avvenimenti molto lontani, sono esposti in teche di plexiglass, dopo essere stati sottoposti a un “restauro” conservativo. “Due sono stati gli avvenimenti che hanno determinato la prima e la seconda definitiva chiusura del campo: in primis l’attentato del Bataclan, il 13 novembre del 2015. L’apertura allora era concessa solo a chi veniva considerato rifugiato politico, ovvero siriani, afgani e iracheni, e portò al gesto estremo degli iraniani, che si cucirono le bocche”.
Un atto che ricorda da vicino l’azionismo viennese, la bocca cucita di David Wojnarowicz o, più recentemente, dell’artista russo Petr Pavlensky: solo che qui non parliamo di artisti. Così come qui non parliamo di un archeologo.
LA MOSTRA E IL MUSEO
La mostra non ha bisogno di particolare sottotesto: le scarpine spaiate taglia 26, la carrozzina da gioco, gli innumerevoli orsacchiotti e peluche sono testimoni muti di un cataclisma umanitario che ha visto come protagonisti soprattutto i bambini, numerosissimi. È arricchita inoltre da una videointervista a bambini, donne e uomini sgombrati da Idomeni.
Inaugurata a fine maggio, l’esposizione vale la visita anche per conoscere un luogo poco noto alle rotte turistiche. Frutto di un rigoroso lavoro di recupero urbano, l’edificio che ospita il museo è stato inaugurato esattamente vent’anni fa, in occasione di Salonicco Capitale della Cultura 1997 e da allora accoglie, oltre a mostre temporanee, l’importante collezione Costakis (a rotazione), un ottimo bar ristorante e vari eventi teatrali e musicali. Ospiterà a fine settembre la sesta Biennale d’arte contemporanea di Salonicco.
– Elettra Stamboulis
Salonicco // fino al 9 settembre 2017
Georgios Katsagelos. Relics to Eternity. Idomeni 2015-2016
MUSEO STATALE DI ARTE CONTEMPORANEA – MONI LAZARISTON
www.greekstatemuseum.com/kmst/index.html
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