Gli scatti ironici di Stefan Draschan. Opere e pubblico passeggiando tra i musei
Le sue fotografie girano sul web e raccolgono sorrisi, like, condivisioni. Scene divertenti, che ci svelano qualcosa del nostro rapporto con le opere d'arte esposte nei musei. Giorni e giorni di appostamento, per catturare un dettaglio, una scena…
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Ne passa del tempo tra le sale dei musei, Stefan Draschan (Austria, 1979). Una passione antica, quasi un’ossessione. E non è solo un fatto di opere d’arte, di artisti, di bellezza da scoprire e immortalare. Artista egli stesso, Draschan è interessato ai contesti, alle situazioni anche bizzarre, alla vita che scorre dentro quei luoghi austeri. E al pubblico, principalmente. Tra leggerezza ed ironia, emerge la fascinazione per certe corrispondenze formali, cromatiche, di gesti e di situazioni, che si ripetono per caso e che disegnano piccoli set: invisibili al passante distratto, materia prima gustosa per l’osservatore metodico.
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Stefan Draschan, People Touching Artworks
CHI DORME E CHI TOCCA
E sono immagini divertenti, che spesso in rete fanno incetta di click. Si procede per serie, con l’occhio che scruta e ruba scene curiose. Peoples sleeping in Museums scova – tra il Louvre e il Musée d’Orsay, passando per il Pompidou – quella strana categoria di visitatori dormienti, noncuranti dei custodi o dei vicini di seduta, sprofondati in un sonno improvviso: abbattuti dalla noia o vinti dalla fatica dei classici tour de force per turisti. Narcolessia dentro i templi del bello e del sapere, fregandosene dell’effetto “abbiocco in metropolitana”: si dorme anche davanti a un Canova o un Cèzanne.
Sempre sul filo del politically incorrect, ma con un pizzico di trasgressione in più, c’è il ciclo dei “toccatori” compulsivi. Quelli che a non allungare le mani su un’opera proprio non ce la fanno. People Touching Artworks documenta i gesti di adulti e ragazzini, sedotti dal candore levigato del marmo, dalla brillantezza del colore, da certe linee prospettiche, dalla materia densa. E c’è persino chi prende le misure con un piccolo metro e chi fa una pausa appoggiandosi a un piedistallo. Parola d’ordine: desacralizzare. Si spezza la bolla di separazione e lo sguardo si tramuta in palpeggio, carezza, contatto distratto. Nessun incidente fantozziano o rimprovero di rito: Draschan evita il racconto e indugia sul tempo sospeso di un momento privato. Dialoghi silenziosi, casuali o cercati, quando si pensa di non essere osservati.
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Stefan Draschan, The Three Graces
CORRISPONDENZE SEGRETE
E il caso è al centro di altri due cicli, ancora in tema musei e visitatori. C’è l’ironico The Three Graces, che si mette sulle tracce del mitologico terzetto muliebre, scovandolo tra una sala e l’altra in mille forme attualizzate: tre anziane signore contemplano un settecentesco olio su tela; tre ragazzine fra capitelli e colonne classiche, sostano mollemente adagiate su una panca; altre tre ipnotizzate dal blu elettrico di un cielo dipinto; e poi tre amiche impegnate con l’immancabile selfie, tre ragazze in short e canotta a mangiarsi con gli occhi un Giuditta e Oloferne di Cranach, tre donne perdute in un romantico paesaggio autunnale… Ricerca certosina e la fortuna del numero perfetto che ritorna, sempre al femminile. Nemmeno fosse scritto su un copione.
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Stefan Draschan, People matching Artworks
Infine, lo strano caso dei camaleonti, con People matching Artworks, la più affascinante delle serie: visitatori ignari mimetizzati con le opere, o perfettamente abbinati, ne riprendono colori, forme, stili, particolari. Anche in questo caso, come per le Tre Grazie, gli scatti sono quasi sempre di spalle. E il gioco sta tutto nelle assurde assonanze. Chi sembra entrare dentro al quadro, assumendo posizioni in accordo con scena e personaggi; chi indossa abiti abbinati ai timbri, i pattern, le pennellante, i decori e le trame di un dipinto, chi rivela dinanzi all’obiettivo la posa fugace o il gesto simbolico che si accordano al soggetto. Che siano solo estetiche o di contenuto, le involontarie consonanze trasformano l’atto della contemplazione in un racconto fulmineo. Ed è un po’ questo il successo degli scatti di Draschan: guardarsi mentre si guarda un’opera d’arte e scoprirsi, per qualche secondo, protagonisti. In leggerezza, il senso di un viaggio, di un innamoramento, di una relazione.
– Helga Marsala
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