La mia Tokyo. Il racconto fotografico di Francesca Pompei
Notturna e intima. È questa l’immagine di Tokyo restituita da Francesca Pompei, fotografa romana classe 1978. Voce narrante di un viaggio fra gli scorci meno convenzionali della capitale giapponese.
Sarà che ero in attesa di Blade Runner 2049 (su cui mi astengo in questa sede da ogni commento), sarà che come tutta la mia generazione sono cresciuta con quei cartoni animati giapponesi “old school” che hanno contribuito a fare di me una fan dell’estetica cyborg, sarà per il tasso estenuante di umidità che impregnava le giornate, ma questo viaggio in Giappone, desiderato da tempo, l’ho vissuto in un peregrinare urbano intenzionalmente piuttosto notturno e solitario.
Non m’interessavano, fotograficamente parlando, i colori sgargianti, la folla, il caos metropolitano, gli adolescenti cosplayer, il karaoke, le librerie di manga, insomma, tutti quei cliché che noi turisti europei abbiamo sul Sole Levante e che in parte ci diverte rispettare, ma piuttosto la metà oscura, quella di una Tokyo diversa, più intimista e insolita.
Eccomi allora alla caccia silenziosa di architetture, sia di quelle “vecchie”, anche se questo termine suona un po’ come un ossimoro nella capitale, che di quelle inaugurate da poco o in costruzione per le prossime Olimpiadi del 2020 e che a breve cambieranno, non senza polemiche, lo skyline metropolitano.
Con impegno da samurai ho provato a non farmi travolgere dalla bulimia di vita dei suoi milioni di abitanti che a prima vista affollano ogni spazio, ma ho cercato di creare la mia immagine di Tokyo, misteriosa come un noir contemporaneo, lunare, metallica, avvolgente. E inaspettata.
‒ Francesca Pompei
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati