Fotografia contro. Una mostra a Parma
CSAC, Parma ‒ fino al 30 settembre 2018. Nell’ambito del festival Fotografia Europea, dedicato quest’anno al tema “Rivoluzioni. Ribellioni, cambiamenti, utopie”, lo CSAC ‒ Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma apre la mostra fotografica “Figure contro” a cura di Paolo Barbaro, Cristina Casero e Claudia Cavatorta.
Figure contro. Contro cosa? Fotografia della differenza è una storia a più sguardi che inquadra un territorio di interessi e questioni che rischiavano di rimaner taciute (dimenticate o raccontate solo verbalmente, tra verità e stereotipi) alla coscienza collettiva.
La differenza abita la fine degli Anni Sessanta quando, in piena protesta, la fotografia in Italia acquisisce lo statuto di oggetto teorico, a Fiumalbo le parole si scrivono sui muri, Luciano Caramel invade il centro storico di Como con il suo campo urbano, insieme a Mulas, Munari, La Pietra e un sistema disequilibrante, mentre Derrida si defila per scrivere di una “différance” che “fomenta la sovversione di ogni regno”. Gli Anni Settanta, tra strategia della tensione e ispirazioni diverse, precipitano la fotografia in una frattura ancora calda.
La fotografia esposta in Abbazia è immagine del no, spesso rappresentazione del dissenso, riconosciuta in quanto tale e capace di far luce sui profondi cambiamenti culturali, sociali e politici che hanno investito l’Italia tra gli Anni Sessanta e Settanta. Una fotografia che si è già allontanata il più possibile dalla Dolce vita e ora accorcia la distanza coi fatti di cronaca, ribellione e disorientamento per cercare una sua strada. È uno strumento che si deve vedere, non nascondere.
I FOTOGRAFI
Movimenti soggetti a censura, condizioni al margine, situazioni di sofferenza o esclusione sociale, aspetti semplici della quotidianità, azioni e reazioni finalizzate al riconoscimento di uno status o di un diritto, sono catturati dall’obiettivo di Giordano Bonora, Anna Candiani, Carla Cerati, Mario Cresci, Uliano Lucas, Paola Mattioli e Giuseppe Morandi. Tutti si gettano nel mondo abbandonando la prospettiva rassicurante di chi guarda senza relazionarsi, obbligando anche gli osservatori a una sorta di imponderabilia col vero. Il loro è un osservare con uno sguardo mai passivo; è una fotografia di conoscenza o d’indagine, che non si rassegna, sorpassa il reportage e mai ricade nella defezione o nel facile contenimento estetico.
Paola Mattioli ha una formazione filosofica, sviluppata nell’ambiente che converge intorno a Enzo Paci e alla rivista aut aut. Anna Candiani e Carla Cerati, insieme alla Mattioli, a sua volta vicina a Ugo Mulas, si tuffano nelle piazze per documentare con impegno politico o sguardo critico l’innovazione femminista, ribadendone gli slogan. Luigi Ghirri chiese a Cresci: “Perché ce l’hai con la fotografia? La fotografia può dire più bugie di tutti”.
‒ Federica Bianconi
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